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12 marzo: giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari
Inail, dal 2016 al 2020 sono stati 12mila gli infortuni sul lavoro per il personale sanitario legati a violenze, aggressioni e minacce. Le iniziative di sensibilizzazione
Stop alla violenza contro gli operatori sanitari. La “Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari” è stata istituita dal Ministero della Salute in concomitanza con quella europea già indetta il 12 marzo 2020 su proposta del Consiglio degli Ordini dei Medici Europei, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sugli episodi di violenza ai quali è esposto il personale sanitario e socio-sanitario.
La Giornata è prevista dalla Legge 14 agosto 2020, n.113 “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie” e si celebra lo stesso giorno della Giornata europea promossa dal Consiglio degli ordini dei medici europei (CEOM).
Negli ultimi due anni, in concomitanza col diffondersi dell’emergenza Covid-19, l’andamento degli episodi di violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari ha visto dapprima un calo, dovuto alle minori occasioni di visite in presenza nelle strutture sanitarie, e successivamente un aumento, anche a causa del protrarsi di una situazione pandemica che ha pesato ulteriormente sulle persone.
In occasione della giornata nazionale in Italia diverse strutture sanitarie hanno messo in campo iniziative di sensibilizzazione.
A Napoli si è svolto un incontro promosso dalla Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli in collaborazione con il Dipartimento di Sanità pubblica dell’Ateneo e l’Osservatorio Salute con “l’obiettivo divulgare il fenomeno, identificare strategie di contenimento e di prevenzione per provare a far diminuire sensibilmente la problematica”, ha detto Annalisa Lama, Osservatorio Salute Lavoro.
La regione Toscana con l’Osservatorio regionale, costituito nel 2018, ha attivato un monitoraggio trimestrale degli episodi di violenza. In occasione della “Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari” c’è stato il lancio di uno spazio web informativo interamente dedicato agli operatori sanitari e socio-sanitari toscani vittime di violenze, che sarà progressivamente arricchito di contenuti e iniziative. “Come Regione Toscana – ha dichiarato l’assessore regionale al diritto alla salute, Simone Bezzini – abbiamo voluto manifestare la nostra attenzione a una problematica, che monitoriamo costantemente tramite l’attivazione di strumenti specifici come l’Osservatorio aggressioni, tra le prime Regioni ad averlo istituito. Proprio oggi si è riunito per la prima volta l’Osservatorio nazionale, di cui fanno parte otto Regioni, tra cui la Toscana. Abbiamo poi attivato corsi di formazione e approvato le linee di indirizzo”.
Le aziende sanitarie modenesi hanno promosso la campagna #rispettachicura e hanno adottato delle misure preventive.
La campagna #rispettachicura si compone di un’immagine e di un video in cui sette professionisti della sanità della nostra provincia lanciano un appello, dove “rispetto” è la parola d’ordine. Il rispetto, infatti, non riguarda solo operatori e cittadini: chi aggredisce un operatore sanitario o distrugge un ambulatorio commette un gesto esecrabile verso l’intero servizio sanitario ovvero verso tutti, poiché la Sanità è un bene comune e come tale va tutelata.
Tra le misure preventive adottate dalle strutture modenesi, anche il potenziamento dell’illuminazione nelle aree esterne e il rafforzamento dei servizi di sorveglianza, l’installazione di telecamere e dispositivi di chiamata d’emergenza, l’allestimento di vetri antisfondamento nelle strutture di nuova realizzazione dove previsto, una turnazione orientata ad evitare la presenza singola di operatori nei contesti più critici, la definizione di procedure specifiche per le segnalazioni in caso di aggressione.
Proseguono inoltre i corsi di formazione per il personale sanitario e socio-sanitario sulle strategie di prevenzione e gestione delle aggressioni e degli atti di violenza, verbale e non, sulla “cura della relazione” e su tutti i temi volti a diffondere una cultura di contrasto ad ogni atto di violenza e di potenziamento della relazione positiva.
Inoltre, le Aziende offrono supporto psicologico come ausilio per gli operatori sanitari che sono stati vittime di aggressioni fisiche o verbali nell’auspicio di aiutarli a superare lo stress del trauma vissuto.
I dati
Secondo i dati dell’INAIL, in 5 anni, dal 2016 al 2020, sono stati 12mila gli infortuni sul lavoro per il personale sanitario legati a violenze, aggressioni e minacce, con una media di circa 2.500 l’anno.
I più colpiti, il 46%, sono gli infermieri e il 6% i medici. Gli infortunati sono per quasi tre quarti donne. Tra il personale infermieristico, rileva la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI), l’89% è stato vittima di violenza sul lavoro e nel 58% dei casi si è trattato di violenza fisica: hanno subito violenza in generale sul posto di lavoro circa 180mila infermieri e per oltre 100mila si è trattato di un’aggressione fisica.
Grazie al co-finanziamento della FNOPI è stato realizzato da otto Università italiane lo studio nazionale multicentrico sugli episodi di violenza rivolti agli infermieri italiani sul posto di lavoro (ViolenCE AgainSt nursEs In The workplace CEASE-IT).
Dalla ricerca – si legge nella nota – emerge che più della metà (il 54,3%) ha segnalato l’episodio, ma chi non l’ha fatto (l’altra metà dei professionisti coinvolti) si è comportato così perché, nel 67% dei casi ha ritenuto che le condizioni dell’assistito e/o del suo accompagnatore fossero causa dell’episodio, nel 20% convinto che tanto non avrebbe ricevuto nessuna risposta da parte della struttura in cui lavora, il 19% ritiene che il rischio sia una caratteristica attesa/accettata del lavoro e il 14% non lo ha fatto perché si sente in grado di gestire efficacemente questi episodi, senza doverli riferire. Le conseguenze in un’aggressione ci sono sempre: il 24.8% degli infermieri che ha segnalato di aver subito violenza negli ultimi 12 mesi, riporta un danno fisico o psicologico, e per il 96.3% il danno è a livello psicologico, compromettendo spesso anche la qualità dell’assistenza. Il 10.8% dichiara poi che i danni fisici o psicologici hanno causato disabilità permanenti e modifiche delle responsabilità lavorative o inabilità al lavoro.
“Con lo studio – ha detto Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI – si descrivono le caratteristiche degli episodi di violenza vissuti dagli infermieri sul posto di lavoro negli ospedali italiani e sul territorio, per meglio identificare i fattori predittivi di violenza. Oggi purtroppo, nonostante le evidenze emerse durante la pandemia, si stanno affermando messaggi culturali che inducono la popolazione a coltivare una rabbia crescente verso gli operatori delle strutture. A questo concorrono le notizie spesso scandalistiche e molte volte false, sui servizi sanitari, che creano a priori un’aspettativa negativa nei confronti dei servizi, che a sua volta fomenta la frustrazione e la rabbia e mina il rapporto di fiducia tra cittadini e operatori”.
Contro la violenza, in particolare sulle donne che nella professione infermieristica sono quasi il 77% dei professionisti, FNOPI ha anche aderito alla campagna di sensibilizzazione e di promozione della salute #LOTTOcontrolaviolenza da poco avviata da Federsanità ANCI e Asl di Viterbo. “Un’iniziativa – ha aggiunto Mangiacavalli – che dà il senso di un impegno che va oltre le semplici celebrazioni di facciata”.
Barbara Mangiacavalli in una intervista a Health Online oltre a raccontare la figura e il ruolo dell’infermiere, ha spiegato le principali attività di FNOPI.