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40 anni di buona salute, tanti auguri palloncino salva-vita
Buon compleanno palloncino! Non c’è festa che si rispetti senza i palloncini, ma in questo caso si tratta di uno davvero speciale e fondamentale per il mondo della medicina, utilizzato nelle angioplastiche coronariche. L’intervento di angioplastica coronarica viene effettuato ormai da 40 anni per dilatare un’arteria ostruita attraverso l’introduzione di un sottilissimo catetere dotato di “palloncino”. La procedura di angioplastica, non invasiva, avviene sotto anestesia locale: il paziente, dunque, per tutto il corso dell’“operazione” resta sveglio e cosciente. L’intervento dura mediamente da 45 minuti a un massimo di un’ora, a seconda della complessità della lesione da trattare. In buona parte dei casi la procedura si completa con l’applicazione di una reticella metallica, rivestita il più delle volte da farmaco, detto stent.
Dopo la rimozione del catetere a palloncino, viene effettuata per mezz’ora circa una compressione del sito d’accesso arterioso (in genere l’arteria femorale della gamba): il personale medico o infermieristico schiaccia con decisione il sito d’accesso per consentire l’emostasi ed evitare in tal modo che il paziente abbia un’emorragia attraverso il foro di ingresso dei cateteri, a causa della crescente pressione arteriosa. Di recente è pratica comune utilizzare per effettuare l’angioplastica l’arteria radiale che migliora notevolmente la qualità di vita del paziente nel post-procedura utilizzando come sistema di emostasi dei presidi molto simili a dei braccialetti che vengono gestiti dal personale infermieristico fino alla completa rimozione degli stessi. Ultimamente sono stati introdotti sistemi di emostasi a collagene riassorbibile che consentono di evitare la compressione e permettono al paziente di deambulare in meno di un’ora in completa sicurezza.
I risultati dell’angioplastica sono dettati da molteplici fattori: sede ed entità della stenosi sono quelli più rilevanti; deve inoltre essere considerata la composizione della placca che determina la stenosi (placche con maggiore componente di calcio sono più “resistenti” alla dilatazione). In alcuni casi tuttavia il risultato è poco durevole nel tempo e deve essere ripetuto o integrato da altra metodica.
Il palloncino ‘quarantenne’, dunque, oggi viene adoperato negli Ospedali di tutto il mondo e i dati ufficiali del nostro Paese (GISE e MdS) stimano che per ogni “bypass coronarico” vengano eseguite 11 procedure di angioplastica e che nel 2016, in Italia, siano stati effettuati ben 154.307 interventi di questo tipo. Il padre del palloncino salva-vita è il medico tedesco Andreas Gruentzig gonfia che il 16 settembre 1977 ne gonfiò uno in un’arteria coronarica con stenosi, realizzando la prima angioplastica coronarica al mondo e inaugurando, chiaramente, la nuova era della cardiologia interventistica. Non tutti però accolsero con favore questa pratica avanguardista, tanto che per molti era pericolosa e rischiosa per la salute del paziente. Di questo parere, ad esempio, era Gruentzig. La produzione dei dispositivi da parte della società svizzera Hugo Schneider proseguì lentamente, con una produzione iniziale di 5 palloncini ogni 7 giorni. Ma l’efficacia della procedura divenne subito chiara a tutti. Nel 1980 le angioplastiche coronariche nel mondo sono circa 1000; nel 1999 la statunitense Boston Scientific acquisisce l’azienda svizzera, favorendo lo sviluppo della procedura su larga scala e a livello internazionale. “Prima di allora l’unica possibilità per ottenere un’adeguata rivascolarizzazione del tessuto cardiaco era l’intervento chirurgico di bypass aorto-coronarico”, ha spiegato a La Stampa Giuseppe Musumeci, direttore dell’unità di cardiologia dell’ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo e presidente della Società italiana di cardiologia interventistica sottolineando che l’avvento dell’angioplastica coronarica ha contribuito a ridurre la mortalità dei pazienti e la spesa pubblica, limitando gli interventi chirurgici.