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Educazione sessuale: a che età è opportuno iniziare a parlarne?
Che cosa si intende per educazione alla sessualità?
Per tabù, per imbarazzo, spesso non si parla di sesso, anche se confrontarsi, senza necessariamente entrare nell’intimità di ognuno, è importante. Se si ha difficoltà a parlare di sesso tra adulti, la situazione si complica ancor di più quando sono i bambini a fare delle domande. Molti sono i dubbi e le domande che i genitori si pongono sulla sessualità dei propri figli.
Per questo abbiamo intervistato la sessuologa Marinella Cozzolino e, prima di capire qual è l’età e il modo giusto per iniziare a parlare di sesso ai bambini, le abbiamo chiesto: “che cos’è il sesso?”
“Il sesso non è il rapporto sessuale. Sesso è senso di abbandono e appartenenza. È la meravigliosa sensazione di essere desiderati. Non si può vivere bene senza. Il desiderio è il motore delle nostre energie. È buon umore ed entusiasmo, adrenalina pura. Il sesso è corteggiamento e seduzione, mettersi in gioco e vincere. È appagamento per ansie e paure. È desiderio che unisce, è voglia di stare insieme, voglia di stare bene. È carica e ricarica. Chi fa l’amore ha gli occhi che brillano, lo sguardo sereno e rilassato di chi è contento e fiero di sé. Chi fa l’amore trasmette amore e benessere. È portatore sano di allegria ed entusiasmo. Il sesso è positività, è un peccato che non se ne parli”.
Che cosa si intende per educazione alla sessualità?
“L’educazione alla sessualità, soprattutto se impartita a un figlio, è una parte fondamentale dell’educazione che un genitore deve trasmettere. Comprende il riconoscimento del suo corpo e della sua identità sessuale, l’essere maschio o femmina per intenderci, e il rispetto per la diversità dell’altro. Non si può pretendere il rispetto senza conoscenza. Ai bambini dobbiamo dare gli strumenti adeguati per saper vivere.
Per tabù, per imbarazzo, spesso non si parla di sesso anche se confrontarsi, senza necessariamente entrare nell’intimità di ognuno, è importante.
Non credo si tratti di tabù nel senso canonico del termine. Non è imbarazzo, pudore o vergogna, è paura di scoprire un mondo, il nostro mondo sessuale, fatto di mancanze, tradimenti o particolari fantasie. La consapevolezza maggiore che mi hanno dato i miei ventitré anni di esperienza clinica è che la maggior parte della gente non vive una sessualità sana e solo per questo ha difficoltà a parlarne. Se si ha difficoltà tra adulti, la situazione si complica ancor di più quando sono i bambini a fare delle domande.
Partiamo dal presupposto che molti genitori non hanno gli strumenti per affrontare le domande dei bambini. Il mondo della sessualità è fluido, in costante evoluzione. I bambini possono chiedere informazioni in merito a profilattici, penetrazione, sperma ma anche omosessuali, famiglie omosessuali, travestiti e travestitismo. Potrebbe non essere facile, per chi non ha gli strumenti per farlo, rispondere a queste domande e soprattutto capire fino a che punto spingersi. Per questo sarebbe necessario, in maniera graduale, che se ne parlasse a scuola”.
Dottoressa, secondo lei, qual è l’età giusta per iniziare a parlare di sesso ai propri figli e quanto è importante confrontarsi, non solo tra noi adulti, ma anche con i più piccoli?
“Non esiste un’età giusta nello specifico, ma una piccola regola c’è: quando i bambini fanno una domanda significa che sono interessati e incuriositi da quell’argomento e, per questo, sono pronti a comprenderne la risposta. Ovviamente, in base all’età si cercherà di usare le parole più adatte. Solo a partire dalla quinta elementare si può completare l’informazione parlando di penetrazione come risposta alla domanda: come entra il semino di papà nella pancia?”.
È importante insegnare il nome scientifico delle parti intime come si fa con le altre parti del corpo?
“Sì, le cose vanno chiamate con il proprio nome. Si parlerà di pene e vulva. Si parte da competenze precise per poi spiegare loro che l’utilizzo inutile di termini volgari rende volgare il tutto e rischia di portare l’adulto a non rispondere più a nessuna domanda”.
In una società digitalizzata dove tutto è alla portata di tutti è facile che i bambini arrivino a carpire informazioni sbagliate. Lei cosa ne pensa?
“Internet fa danni enormi, soprattutto ai preadolescenti. Si stima che tra i 10 e gli 11 anni la maggior parte dei bambini abbia già visto scene di sesso molto esplicito. Il rischio è l’ansia da prestazione che li accompagnerà negli anni futuri rispetto alla sessualità”.
In conclusione, quali sono i suoi consigli?
“Nella maggior parte delle classi i bambini fin dalla prima elementare parlano molto di organi genitali e di sessualità. Ne sanno di più di quanto immaginiamo. Non sono solo bimbi di prima elementare se qualcuno o molti tra loro hanno fratelli maggiori. In classe arrivano informazioni di ogni tipo. Il primo consiglio è di parlare con la scuola e chiedere, quantomeno in quinta elementare, un incontro con un esperto che possa dare informazioni corrette, laiche e non tendenziose ai bambini.
Se proprio ciò non fosse possibile, devono necessariamente pensarci i genitori: possono farsi aiutare da un libro specifico o chiedere a un sessuologo di parlarne direttamente con i bambini o di istruire i genitori affinché possano poi parlare con i bimbi senza timori”.