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Sids (sindrome della morte in culla): quali sono i comportamenti corretti per evitarla?

13 Febbraio 2017

La sindrome della morte in culla, o sudden infant death syndrome (Sids), colpisce i bambini tra un mese e un anno di età. Non corrisponde ad una patologia particolare: si parla di Sids quando si possono escludere, (dopo una autopsia e varie analisi accurate dello stato di salute del bambino e delle circostanze della sua morte), tutte le altre cause note per spiegare il decesso del piccolo, come malformazioni o eventi dolosi.

L’incidenza media della sindrome della morte in culla nei paesi industrializzati è di circa un caso ogni 2000 bambini nati vivi. Non esistono dati nazionali sull’incidenza del fenomeno, poiché manca un sistema di rilevazione omogeneo; fino ad alcuni anni fa era nell’ordine del 1-1,5‰ dei nati vivi, attualmente è in calo, anche per la maggior attenzione nel coricare i neonati in posizione supina. Ora è stimabile attorno allo 0,5‰, circa 250 nuovi casi all’anno.

È comunque la prima causa di morte nei neonati che hanno tra uno e tre mesi, e circa il 60% sono maschi. La morte si verifica rapidamente, durante il sonno, sia di giorno che di notte, sia in culla che nel passeggino, ma anche nel seggiolino della macchina o in braccio ai genitori, senza mostrare segni di sofferenza.

Vari studi e ricerche hanno dimostrato che ci sono comportamenti e fattori di rischio che possono provocare la Sids. Pare che tra le cause ci possa essere una anomalia nella zona cerebrale che controlla i ritmi del sonno e della veglia.

Il modello eziopatogenetico adottato dalla comunità scientifica internazionale per spiegare la sindrome della morte di culla è il modello del triplice rischio, che comprende tre fattori interdipendenti: 1) una vulnerabilità di base 2) un periodo di sviluppo critico (finestra di vulnerabilità) 3) fattori esterni scatenanti (fattori di rischio).  In primo luogo, il bambino, anche se sembra sano e normale, soffre in realtà di una piccola anomalia nel sistema di regolazione dei ritmi cardiaci, respiratori o generali del proprio organismo. Nei primi mesi di vita poi cambiano i ritmi del sonno, quelli cardiaci e/o respiratori, ci sono cambiamenti nella pressione o nella temperatura corporea. Infine, ad aggravare la situazione, si aggiungono eventi esterni, come il fatto di dormire in posiziona prona, l’esposizione a fumo passivo e piccole infezioni respiratorie, portando alla Sidis. Secondo questo modello, si può parlare di Sids solo se i tre fattori sono compresenti.

La sindrome della morte in culla può verificarsi anche in bambini accuditi con la massima cura dai genitori più affettuosi; ha però una più elevata probabilità di verificarsi quando sussistono alcune condizioni e comportamenti da parte dei genitori e in generale delle persone che si occupano dei piccoli. Tra i fattori di rischio troviamo:

  • far dormire il bambino sulla pancia, in posizione prona;
  • far dormire il bambino su materassi, cuscini, piumini soffici e avvolgenti;
  • l’esposizione del feto e del neonato al fumo. Secondo il Centro di Documentazione sulla Salute Perinatale e Riproduttiva, “il fumo di sigaretta aumenta il rischio di SIDS sia indirettamente, accrescendo il rischio che il neonato sia di basso peso per l’età gestazionale, pretermine, o abbia più frequenti infezioni respiratorie, tutte situazioni indipendentemente correlate a maggiore rischio di SIDS, sia direttamente, alterando il sistema di risveglio in caso di ipossia/ipercapnia (arousal), la regolazione nervosa e la programmazione dei riflessi cardiovascolari. Sembra che il meccanismo alla base di queste alterazioni sia la competizione, nel cervello dei neonati, tra recettori nicotinici e serotoninici, l’alterazione del nucleo arcuato e la produzione di citochine. Anche l’esposizione indiretta al fumo di sigaretta paterno sembra associarsi ad un aumentato rischio di SIDS, ancorché maggiormente contenuto”.
  • la giovanissima età della madre e l’assenza di un percorso di assistenza adeguata nel periodo pre e post natale;
  • la nascita prematura o il basso peso alla nascita;
  • la presenza di infezioni respiratorie.

Numerosi studi, sia americani che europei, hanno permesso invece di escludere la correlazione tra la somministrazione di vaccinazioni e la Sids. Il sospetto che potesse esserci correlazione tra questi due elementi nasceva dal fatto che i neonati, nei primi mesi di vita, sono esposti ad un intenso programma di vaccinazioni, e la Sids si manifesta principalmente in bimbi di età compresa tra 1 e 6 mesi. Al contrario, una ricerca effettuata in Germania recentemente ha dimostrato un maggior rischio di Sids nei bambini non vaccinati o sottoposti a vaccinazione tardivamente.

Purtroppo in generale non è possibile capire quali bambini sono a maggior rischio Sids. Le campagne di prevenzione sono quindi rivolte a tutti. Come ricorda Epicentro, il portale a cura del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità, ci sono particolari raccomandazioni che tutti i genitori dovrebbero seguire: far dormire i propri bambini sulla schiena su un materasso rigido, non fumare durante la gravidanza e dopo la nascita del bambino, non coprirlo troppo, e soprattutto fare attenzione a non coprire viso e testa; è consigliabile poi non usare cuscini soffici e far dormire il bimbo nel suo lettino. Ancora, è importante che il piccolo dorma in un ambiente a temperatura adeguata, né eccessivamente caldo né troppo freddo – la temperatura ideale è tra i 18 e i 20 gradi -, e con sufficiente ricambio di ossigeno. È stato dimostrato che una immunizzazione corretta riduce il rischio di Sids, quindi anche l’allattamento al seno è importante. Recenti ricerche dimostrano che il rischio si riduce ulteriormente quando si offre il succhiotto al neonato per farlo addormentare. Il ciuccio dovrebbe essere adottato quando l’allattamento materno al seno è stabilmente avviato, in genere entro il primo mese, per evitare ogni forma di interferenza. Non bisogna forzare però il bambino se lo rifiuta e se durante il sonno lo rilascia non bisogna reintrodurlo. Basta poco a mettere in atto questi consigli, e in questo è fondamentale il ruolo degli operatori sanitari, che devono trasmetterli ai genitori anche prima della nascita di un bimbo in modo che diventino patrimonio comune.

Quando purtroppo si ha un caso di sids, è fondamentale che tutti gli operatori (medici, psicologi, associazione di genitori, anatomo-patologi, medici legali) lavorino insieme per non lasciare da sola la famiglia e per riuscire a dare supporto, chiarimenti e risposte. Perdere un figlio improvvisamente nel primo anno di vita lascia infatti un vuoto incolmabile oltre a tanti ingiustificati sensi di colpa o di inadeguatezza. Poiché le cause della sids non sono note, i genitori spesso cercheranno le proprie spiegazioni, rimproverando se stessi. È importante rassicurarli che la sids non è provocata da nessuno.

Tra le varie associazioni nate a supporto delle famiglie c’è l’Associazione Semi per la SIDS, che tra le altre cose si occupa della diffusione delle norme per la riduzione del rischio della sindrome ed è di stimolo alla ricerca. È affiliata con “SIDS Family International”, rete di associazioni SIDS provenienti da circa 30 paesi, formata nel 1987 per promuovere la ricerca sulla SIDS e favorire lo scambio di idee e notizie.

Con il patrocinio del ministero della Salute, è stato realizzato anche l’opuscolo informativo “Per loro è meglio”, in occasione della campagna di riduzione del rischio SIDS.

La ricerca è attualmente indirizzata su tre obiettivi principali: determinare le cause della SIDS; identificare i bambini a maggior rischio e capire il modo migliore in cui una famiglia possa elaborare il lutto e superarlo.

 

Tags: bambini, famiglia, sids, sindrome della morte in culla
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Bolognese di nascita e quasi romana d’adozione, mi sono laureata in Scienze della comunicazione pubblica, sociale e politica, e specializzata prima con un Master in diritto parlamentare e valutazione delle politiche pubbliche e poi con un Master in Digital PR e Media Relations. Ho avuto diverse esperienze nel settore della comunicazione; dopo più di tre anni passati nell'ufficio stampa di un gruppo parlamentare alla Camera dei deputati, ora lavoro nell'ufficio Comunicazione e Marketing di Health Italia.

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