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La storia di Andrea, il Dj che suona con gli occhi sfidando la SLA
Andrea ha 29 anni, da 4 è malato di SLA. La malattia gli ha tolto la possibilità di muoversi, ma non la sua grande e innata passione per la musica. “Ho perso il movimento, ma con gli occhi riesco a fare (quasi) tutto”, dice sempre. Ed è davvero così: grazie ad un nuovo puntatore oculare riesce persino a mixare i brani con gli occhi ed ha potuto così riprendere l’attività di deejay. Il puntatore “è la mia finestra sul mondo, la mia finestra sulla musica”, ha detto. Ha creato una pagina Facebook, Con Gli Occhi, per cercare persone che, come lui, utilizzano soltanto gli occhi e che abbiano voglia di creare un progetto musicale.
“My window on the music” è il suo primo singolo: da poche settimane è scaricabile su Itunes, e tutto il ricavato sarà devoluto alla ricerca sulla SLA: “spendendo la cifra che quotidianamente pagate per un caffè potete fare qualcosa di grande, di grandissimo. Troviamo insieme la cura per la Sla e, nel frattempo, ascoltiamo bella musica!”. Ha tanti sogni, Andrea, come quello creare una associazione per aiutare tutti i malati più sfortunati. Ma anche, perché no, partecipare ai più grandi festival di mondo.
Per conoscerlo meglio, e cercare di capire quanto davvero la sua passione per la musica e l’aiuto della tecnologia gli siano stati d’aiuto nella lotta contro la malattia, lo abbiamo intervistato.
Andrea, prima di chiederti chi sei oggi, ci racconteresti di chi era Andrea 5 anni fa?
“Ero un ragazzo come tanti altri. Studiare non mi è mai piaciuto, dunque, dopo aver acquisito la licenza media inferiore, ho iniziato a lavorare nell’impresa edile di mio zio, impegnandomi al massimo affinché un giorno potessi aprire la mia di azienda. Lavoravo molte ore al giorno, ma riuscivo comunque a dedicare del tempo alla mia ragazza, che ho conosciuto quando avevo 18 anni e lei 16, ai miei moltissimi amici e all’allenamento in piscina. Le mie passioni principali erano i viaggi (me ne concedevo qualcuno all’anno), i motori ed ovviamente la musica”.
Poi un giorno è successo qualcosa di diverso, ci puoi raccontare come hai vissuto i primi sintomi?
“Ho vissuto la cosa in maniera molto ingenua e inconsapevole: ho praticamente ignorato i continui, dolorosi crampi e le fascicolazioni che facevano vibrare tutti i muscoli del mio corpo fin dall’età adolescenziale. Nell’aprile del 2012 inciampavo continuamente ed è così che mi sono accorto che il mio piede sinistro ‘penzolava’ inerte dalla gamba, privo di vita. Soprattutto questo fatto, unito alla continua, eccessiva stanchezza e generale debolezza, mi convinsero ad andare a fare dei controlli da uno specialista. In una prima fase affrontavo la cosa dunque molto serenamente e senza preoccuparmi troppo, ignaro di quello che sarebbe venuto in seguito”.
Una volta avuta la diagnosi, quali sono state le persone ed eventualmente i medici e le associazioni che ti sono state vicine e in che modo?
“La persona che mi è stata più vicino è stata Chiara, la mia ragazza, che già dall’inizio aveva intuito quanto la cosa fosse grave. Mi ha sostenuto in tutto e per tutto e mi ha accompagnato nei vari ‘pellegrinaggi’ in giro per il mondo, in cerca di una soluzione che purtroppo al momento non esiste. Per quanto riguarda medici ed associazioni devo dire sinceramente che, soprattutto all’inizio, mi hanno fatto sentire solo ed abbandonato. Per carità, ho sempre avuto a che fare con grandi professori che sanno quello che fanno e sono grandi esperti, ma a cui purtroppo manca una certa umanità, quell’empatia nei confronti del paziente. Per quanto riguarda le associazioni invece la colpa è stata mia, nel senso che sono stato io ad isolarmi, a chiudermi in me stesso, a nascondermi e a non cercare l’aiuto di nessuno. Infatti, quando sono venuti a sapere di me e del momento criticissimo che stavo affrontando, mi sono stati molto vicini e mi hanno aiutato, in particolare Aisla Sardegna, SLA: un’isola nell’isola, e il Comitato 16 novembre Onlus nella persona del grandissimo Salvatore Usala”.
Nella malattia sei riuscito a trovare la forza di continuare a fare, ad accettare la vita come se tutto questo fosse un nuovo capitolo. Vuoi raccontarci di chi è Andrea oggi, quali sono i suoi hobby, i suoi interessi?
“È vero, è un qualcosa a cui sono arrivato gradualmente dopo un periodo di grande tristezza, depressione e abbattimento. Non so come spiegarlo ma dopo l’intervento di tracheo è come se fossi rinato a nuova vita, con una gran voglia di dare e di fare. Andrea oggi è un ragazzo di 29 anni che non ha più dalla sua la forza del corpo ma ha, come mai l’ha avuta prima, quella della sua mente. Sarà che ho tutto il tempo del mondo a disposizione ma mi interesso di tantissime cose, studio e leggo tanto. Ciò che mi appassiona maggiormente è però la musica: grazie al mio puntatore oculare ho potuto riprendere l’attività di dj. Con l’installazione del software Virtual dj mi è infatti possibile mixare i vari brani con gli occhi!!!!”.
Nonostante la malattia, dai sempre un’immagine sorridente di te, senza trascurare il tuo aspetto: occhiali nuovi, orologi e tatuaggi. Ti piace avere sempre cura dei dettagli e del tuo aspetto?
“Si, mi piace sempre apparire bene nelle foto, e i tatuaggi mi sono sempre piaciuti moltissimo solo che il lavoro me lo impediva… mentre ora non ho di questi problemi, infatti sono in arrivo ben tre tatuaggi! E gli orologi idem, a casa possiedo una collezione”.
La musica svolge un ruolo molto importante nella tua vita, ci racconti il tuo ultimo progetto “My Window on the music”, come è nato e se ti sei ispirato a qualcuno?
“My Window on the music è per me la realizzazione di un sogno. Si tratta del mio primo brano, già scaricabile su iTunes, il cui ricavato andrà interamente a favore della ricerca contro la SLA, nello specifico ad AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica. La persona grazie alla quale questo sogno è divenuto realtà risponde al nome di Francesco Daros, un ragazzo che ai primi di dicembre mi ha scritto ‘di non poter sorvolare su questa mia passione’, che poi è appunto il suo lavoro. Francesco, giovanissimo, è infatti il responsabile nonché gestore di due etichette internazionali ed ha voluto mettere a disposizione i suoi artisti ed il suo studio per la realizzazione di questo mio progetto. È stato lui a proporre l’idea di un brano che fosse uno ‘slogan’ per tutte le persone nella mia condizione, che potesse infondere in loro positività e coraggio. E il grandissimo artista che Francesco ha messo a mia disposizione è dj Gary Caos che, con la collaborazione di Nihil Young, ha composto il mix della canzone, che ho adorato fin dal primo momento! Oltre ad essere un dj di fama internazionale, Gary è soprattutto una grande persona, molto umile! Francesco e Gary sono la dimostrazione che il mondo della vita notturna e del djing non è interessato solamente al business e a cose frivole”.
Credi che la tecnologia abbia dato un contributo importante a vivere meglio il decorso di questa patologia?
“Ciò che dico sempre e di cui sono fermamente convinto è che la tecnologia sia l’unica vera ‘cura’ al momento disponibile per questa patologia. Questa malattia ti priva gradualmente di quelle che sono le cose principali della vita, abbassandone drasticamente ed inesorabilmente la qualità. In ultimo ti priva della cosa che, da che mondo è mondo, è davvero essenziale, la comunicazione. Fortunatamente si è riusciti a brevettare un dispositivo altamente tecnologico come il puntatore oculare che riesce a sopperire in maniera egregia a questo gravissimo deficit. Il puntatore oculare è la mia finestra sul mondo, la mia finestra sulla musica”.
Per concludere, se incontrassi il famoso genio della lampada, quali desideri esprimeresti?
“Sicuramente quello di riuscire a aiutare il maggior numero di persone possibili, malati meno fortunati di me ecc. Ho anche in mente di creare una associazione proprio per questo. E poi sicuramente chiederei di aprirmi le porte verso i più grandi festival del mondo”.