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Alimentazione: lo spreco di cibo sta assumendo dimensioni insostenibili
La pace non può essere basata sulla “minaccia di distruzione reciproca”, ma deve fondarsi sulla “giustizia” e sullo “sviluppo umano integrale”. Occorrono “strategie lungimiranti” e la “piena applicazione del Trattato di non proliferazione nella lettera e nello spirito”. Lo afferma Papa Francesco nel messaggio inviato questa mattina alla Conferenza dell’Onu riunita fino a venerdì a New York, con lo scopo di negoziare uno strumento legalmente vincolante che porti ad eliminare totalmente le armi nucleari. Francesco, che sin dall’inizio del suo pontificato si è schierato dalla parte di quegli Stati che sarebbero favorevoli all’eliminazione delle armi nucleari, oggi è tornato a ribadire il rischio che esse rappresentano per la società contemporanea e per il bene stesso dell’ambiente globale.
“Un’etica e un diritto basati sulla minaccia della distruzione reciproca – e potenzialmente di tutta l’umanità – sono contraddittori con lo spirito stesso delle Nazioni Unite”, prosegue Bergoglio esortando tutti i Paesi dell’Onu a lavorare per un mondo senza armi nucleari. Il Papa, tra l’altro, nello stesso messaggio manifesta la sua preoccupazione per lo spreco di risorse per il nucleare a scopo militare che potrebbero essere utilizzate per “priorità più significative”, tra cui anche l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Ma c’è anche da chiedersi “quanto sia sostenibile un equilibrio basato sulla paura”. Il messaggio del Papa arriva, inoltre, nelle stesse ore in cui la Corea del Nord ha condotto un test su un motore di missile balistico. Lo rivela la Cnn, che cita due fonti della difesa degli Stati Uniti, secondo cui la tecnologia testata potrebbe essere utilizzata su un missile balistico intercontinentale. Secondo l’emittente americana, si tratta del terzo test con “tecnologia simile” condotto in poche settimane.
Il fondamento della pace non è la paura né la falsa sicurezza, ma la giustizia, sottolinea il Papa che in un secondo messaggio, questa volta inviato dal Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, al X Forum per il futuro dell’agricoltura, che si svolge oggi, 28 marzo 2017, a Bruxelles, in Belgio, chiede maggiori diritti alla vita per tutti i popoli, soprattutto per coloro che vivono nelle aree del pianeta meno sviluppate. “Ogni essere umano ha diritto ad avere accesso a un cibo sano e sufficiente e ad essere nutrito in misura dei propri bisogni”, afferma sottolineando che tuttavia sempre più si evidenzia la necessità di collocare al centro di ogni azione la persona, sia essa soggetto del lavoro agricolo, operatore economico o consumatore.
Questo approccio, sottolinea il Segretario di Stato della Santa Sede, “se condiviso come spinta ideale e non come dato tecnico, permette di considerare la stretta relazione tra l’agricoltura, la cura e la custodia del creato, la crescita economica, i livelli di sviluppo e i bisogni attuali e futuri della popolazione mondiale. Le attese legate agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti per l’intera Comunità internazionale richiedono, infatti, di affrontare la situazione di certi Paesi e zone dove l’attività agricola resta carente perché non è sufficientemente diversificata e quindi inadeguata a rispondere al contesto ambientale o al mutamento climatico”. A tal proposito, il documento si sofferma sui bassi livelli di occupazione e quindi di reddito complessivo, come pure una malnutrizione, anche cronica, per milioni di esseri umani. Si tratta, secondo il cardinale Parolin, e dunque del Papa, “di un meccanismo complesso che colpisce anzitutto le categorie più vulnerabili escluse non solo dai processi produttivi, ma spesso costrette a lasciare le loro terre e mobilitate alla ricerca di rifugio e speranza di vita”.
Le parole del Papa arrivano, inoltre, a pochi giorni da una denuncia impressionante riguardo lo spreco di cibo che avviene continuamente sotto i nostri occhi, ove per “nostri” ci si riferisce a un campione esclusivamente occidentale. Lo spreco di cibo sta assumendo dimensioni insostenibili, e le valutazioni devono comprendere anche le calorie consumate in più rispetto al fabbisogno giornaliero (anche quello è cibo sprecato). Sono piuttosto considerevoli i numeri elaborati in base alle statistiche della FAO del 2011 dai ricercatori delle Università britanniche di Edimburgo e York, e pubblicati su Agricultural Systems, perché fotografano un’umanità sull’orlo della catastrofe, se non riuscirà a porre rimedio al più presto ad abitudini definite “fuori regime”.
Gli autori – riferisce lo studio pubblicato – hanno preso in considerazione dieci parametri relativi all’inefficienza dei sistemi, ai consumi di suolo, acqua e altre risorse e alla sovralimentazione tipica di moltissimi paesi, valutando che il 20% di tutto il cibo prodotto resta inutilizzato e per questa ragione buttato via. Viene sprecato, per esempio, circa la metà dei cereali raccolti – 2,1 miliardi di tonnellate – che si disperdono prima di essere usati per svariati motivi. Allora la domande sorge spontanea: come può accadere che metà pianeta abbia cibo in abbondanza e l’altra metà invece lotta per la sopravvivenza?