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AIDS: scarsa informazione tra i giovani e tra le donne. Il Ministero della Salute lavora un vademecum conoscitivo
Il Telefono verde AIDS e IST (Infezioni sessualmente trasmesse) dell’Istituto superiore di sanità (Iss) festeggiano i primi 30 anni di impegno nella sanità pubblica e, nel corso di una conferenza stampa tenutasi martedì 20 giugno presso la sede del Ministero della Salute alla presenza del ministro Beatrice Lorenzin, è stato illustrato il bilancio dei circa 800 mila interventi di counselling telefonico, in risposta a più di 2 milioni di domande, svolti in questo periodo. Dall’analisi dei contenuti di questi interventi emerge come siano diminuiti i giovani utenti – gli under 25 – e come sia invece accresciuta in generale la disinformazione sui temi della prevenzione: 12 persone su 100 di tutte le età pensano infatti ancora che il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare e bagni pubblici.
Circa la metà degli utenti che compongono il numero, inoltre, afferma di non aver mai eseguito il test Hiv, pur dichiarando di aver avuto un comportamento a rischio. Rimangono invece costanti le richieste di consulenza legale con riferimento a stigma, discriminazione sul posto di lavoro, violazione della privacy, accesso alle cure. Per questo l’Iss, in occasione del trentennale del Telefono Verde AIDS e IST, ha realizzato un opuscolo informativo, “La bussola sui diritti esigibili dalle persone sieropositive” che potrà essere scaricato gratuitamente dal sito dell’Iss.
Approfondendo la questione dell’analisi delle telefonate, queste vengono effettuate in maggioranza da uomini (75,4 per cento); da persone che dichiarano di aver avuto rapporti eterosessuali (56,8 per cento); da giovani appartenenti alla fascia di età compresa tra i 25 e i 39 anni (57 per cento). In diminuzione, tuttavia, risultano essere le donne, scese dal 33 per cento nel decennio 1987-1997 al 13,9 per cento nel decennio 2007-2017, e i giovani che sono passati dal 23,3 per cento nel decennio 1987-1997 all’11,9 per cento nel decennio 2007-2017. Le prime perché con ogni probabilità hanno un accesso facilitato ai servizi di prevenzione territoriali per la salute della donna, i secondi perché sembrano prediligere altri canali informativi, quali Internet, ad esempio.
In generale i quesiti hanno riguardato soprattutto le modalità di trasmissione dell’Hiv (25,8 per cento) e le informazioni relative ai test (22,1 per cento). “Proprio i dati del Telefono verde dimostrano come sia sempre più importante elevare il livello di consapevolezza sui comportamenti corretti in materia di salute”, ha affermato Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità sottolineando che la disinformazione nel corso di questi trent’anni è passata dall’11,4% rilevato nel primo decennio al 13,6% rilevato negli ultimi anni. “Relativamente all’Hiv, per esempio, in 12 telefonate su cento effettuate da persone di tutte le età – ha proseguito Ricciardi – emerge ancora che il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare e bagni pubblici. La richiesta costante di informazioni su tematiche legali, inoltre, ci ha convinti a produrre, proprio in quest’occasione, uno strumento informativo di orientamento per la tutela dei diritti delle persone con Hiv nell’ottica anche della tutela del diritto all’accesso alle cure”.
“Abbiamo lavorato a una campagna di comunicazione sui social rivolta proprio ai giovanissimi, che manderemo alla Presidenza del Consiglio dei ministri per una valutazione”. Lo ha annunciato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, spiegando che la campagna è stata studiata insieme a uno staff di blogger e si rivolge ai ragazzi per evidenziare i rischi di una malattia su cui recentemente si sono generate “false sicurezze”. Ma se con i farmaci l’Aids diventa una malattia cronica, ancora non si cura, hanno ricordato gli esperti. “Oggi purtroppo spesso la diagnosi arriva ai giovani con una malattia conclamata”, ha osservato il ministro sottolineando “l’abbandono dell’uso del preservativo come strumento di protezione, e il fatto che non c’è un ricorso periodico ai test. Insomma, rispetto agli anni ’80 e ’90 c’è una sottovalutazione della malattie sessualmente trasmesse e delle complicanze. Occorre educare in particolare i giovani a una protezione della propria Salute e a una maggiore consapevolezza”. Anche con progetti nelle scuole: “Con il Miur si collabora molto, ma questo è un lavoro che ci impegnerà moltissimo nei prossimi anni”, ha concluso.