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Bambini down, in Islanda aumentano gli aborti
Non c’è posto per i bambini down in Islanda. Questo slogan, che stride con quelli che sono i valori sociali e umani dell’uguaglianza, dell’accoglienza, dell’integrazione del tutto contrari all’esclusione e all’emarginazione sociale, ha fatto in pochissimi giorni il giro del mondo, balzando sulla pagine dei principali quotidiani internazionali e facendo rabbrividire l’opinione pubblica mondiale.
Il caso. In Islanda è quasi del tutto assente la nascita di bambini affetti dalla sindrome di Down, condizione cromosomica causata dalla presenza di una terza copia (o una sua parte) del cromosoma 21. La causa è chiaramente riconducibile alla scelta dei genitori islandesi di sottoporre il feto al test prenatale nelle prime settimane di gravidanza e di interrompere la gestazione nell’eventualità di uno screening positivo alla sindrome di Down. Aborto.
Stando ai dati diffusi dallo stesso paese su una media di 330 mila abitanti sono soltanto 1 o 2 i bambini che annualmente nascono con la terza copia cromosomica, ma a breve non esisteranno più. Si tratta di una chiara e legalizzata pratica di selezione naturale che non consente ai bambini affetti da patologie di venire al mondo: diminuendo dunque i bambini down aumentano gli aborti. “In Islanda nascono ancora dei bambini con la sindrome di Down” sottolinea Hulda Hjartardottir, dell’ospedale di Reykjavik, centro sanitario nel quale viene partorita la maggior parte (circa il 70%) di tutti i bambini nati sull’isola. “Ad alcuni di loro viene diagnosticato un basso rischio di ereditare tale malattia in sede di screening, quindi i genitori portano avanti la gestazione”.
“Credo che quello islandese sia un caso da guardare con attenzione, ma anche da ridimensionare. Quando si parla di numeri piccoli incide moltissimo la coscienza individuale. Però, credo che ancora una volta se ci mettiamo a portare l’attenzione solamente al tema del poter far nascere un bambino con la sindrome down non poniamo l’attenzione sul tema più interessante che è come far vivere bene una persona con una sindrome di Down. Per esempio in Italia negli ultimi anni c’è stata sicuramente una diminuzione delle nascite, però è aumentato il numero di persone che pur sapendo di avere un bimbo con la sindrome di Down, hanno deciso di portare avanti la gravidanza. Questo probabilmente perché in Italia è un po’ cambiata l’immagine di chi sono le persone con sindrome di down, grazie all’integrazione e chiaramente alla possibilità oggi di una persona con tale sindrome di poter raggiungere un discreto livello di autonomia”. E’ questo il punto di vista di Anna Contardi, coordinatore nazionale dell’Associazione Italiana Persone Down (AIPD) e presidente della European Down Sydrome Association (EDSA), affidato ai microfoni della Radio Vaticana.
Secondo la dottoressa Contardi, che da 18 anni è mamma di una ragazza con sindrome di Down, “una società senza persone con la sindrome di Down non è una società più sana, più evoluta, ma una società che perde molto sotto tanti aspetti”. Si tratta pertanto di una società che abbandonando al ciglio della strada l’integrazione e il diritto alla vita che appartiene a tutti senza differenze e distinzioni, alimenta la dis-cultura dello scarto tipica degli autoritarismi del Novecento.
Down nel mondo. Diversa è la situazione negli Stati Uniti d’America dove il re delle salse e confetture spalmabili è proprio un ragazzo con la Sindrome di Down. Il suo nome è Nolan Stilwell ed è il fondatore di un brand, Heat Sweet, che da qualche anno sta ottenendo un successo formidabile. Non è il solo: ha sorpreso infatti l’assegnazione del più prestigioso riconoscimento cinematografico messicano a un attore Down. A vincere il Premio Ariel, pari ai nostri David di Donatello, è stato Francisco “Paco” de la Fuente, 25enne protagonista del film El Alien y Yo.