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La felicità sociale. I Paesi più felici sono quelli in via di sviluppo
“Fa parte della mia felicità l’impegnarmi perché molti altri comprendano ciò che io ho compreso e perché il loro intelletto e i loro desideri si accordino con i miei”. Gli abitanti delle Isole Fiji e della Colombia sono tra i più felici del mondo. Lo si apprende da un dato diffuso dall’annuale sondaggio mondiale di fine 2017, realizzato da WIN e Gallup International, il più grande network mondiale di istituti di ricerca indipendenti, di cui Doxa è partner per l’Italia e socio fondatore. Da queste statistiche mondiali, infatti, emerge innanzitutto che sono i Paesi più poveri, o in via di sviluppo, a essere i più felici e che la felicità vince sul pessimismo.
Anche in questo caso le ragioni hanno una matrice sociale e culturale: le popolazioni dei paesi meno sviluppati, infatti, sono spinte dal desiderio di crescita, ed è proprio la “dinamica del progresso” a garantire loro uno stato di felicità costante e continuo. Non resta che accordarsi, dunque, con la massima di apertura che illustra la tesi contenuta nel “Trattato sull’emendazione dell’intelletto” di Spinoza. Il modello capitalista, tuttavia, ha rallentato lo stato di felicità dei popoli poiché ha dato forma a un’abitudine del benessere.
Dallo stesso sondaggio, inoltre, risulta che il 59% della popolazione mondiale dichiara di essere felice della propria vita (in calo rispetto al 68% dello scorso anno); il 28% è invece nel mezzo, e l’11% dichiara di non essere felice. In questa carrellata di bandiere della felicità, l’Italia non si colloca in una cattiva posizione: il dato è pari al 50%, in lieve rialzo rispetto al 2016 (+4%).
Gli autori del sondaggio dividono i felici e gli infelici in un indice, intitolato “Net happiness”, dato dalla differenza tra le percentuali delle due categorie, o famiglie: è pari a 48% a livello mondiale e 42% in Italia. Isole Fiji, Colombia e Filippine sono i paesi più felici (net happiness 92%, 87% e 84% rispettivamente) seguiti da Messico, Vietnam, Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Indonesia, India ed Argentina, mentre l’Iran è in fondo alla classifica, insieme ad Iraq (ultimo nel 2016) e Ucraina.
Torniamo ora all’Italia. Se paragonato al 2016, il sondaggio dimostra che il 15% degli italiani ha grandi aspettative nel 2018, ma la maggior parte di essi si dichiara pessimista e con poche speranze riguardo l’andamento del mercato finanziario o della politica. Sono queste due le ragioni per cui la nostra Nazione si colloca tra i 10 paesi più pessimisti al mondo, al fianco di Grecia, Turchia, Iran, Ucraina, Inghilterra, SudAfrica, Messico e Romania.
Pertanto, la felicità di un popolo dipende dalla buona o dalla cattiva amministrazione pubblica che vige su un dato territorio in un particolare momento. Anche se per molti pensatori il tema felicità suona come qualcosa di inedito e postmoderno, se guardiamo la storia delle idee ci si rende conto che la felicità è un concetto spesso adottato anche nell’ambito economico. Dal pensiero filosofico antico fino al Rinascimento essa è sempre stata presente e non è un caso che a seguito della rivoluzione industriale sia sbarcata anche nel Nuovo Mondo, le Americhe, finendo nel testo della Costituzione americana. La storia del pensiero economico incontra l’espressione e il concetto di pubblica felicità nell’Italia e poi nella Francia illuminista. In particolare la tradizione dell’economia civile della Napoli di Antonio Genovesi e della Milano di Pietro Verri definì la nascente scienza economica come la «scienza della pubblica felicità» (Bruni, Zamagni 2004), indicando nella felicità pubblica l’obiettivo della nuova scienza economica. Oggi, infatti, sulla base dei dati pubblicati dal sondaggio in questione si ritrova proprio questo rapporto tra “felicità sociale”, dovuta all’andamento politico, economico e finanziario, e “felicità personale”, condizionata dalla sfera emotiva personale di ogni persona.