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Parto cesareo: un intervento chirurgico in crescita
In Italia un bambino su tre nasce a seguito di un taglio cesareo (tc). A riferirlo sono i dati raccolti all’interno del Rapporto annuale sull’evento nascita in Italia, CeDap 2015, che sulla base di un campione di 500 punti nascita ha tracciato una articolata fotografia italiana. Inoltre, per le donne del Belpaese generalmente la prima gravidanza arriva attorno ai 31 anni, età giustificata nella quasi totalità dei casi dalla carriera professionale della gestante. La donna al momento del parto (esclusi i cesarei) nel 92,27% dei casi è sostenuta dal padre del bambino, nel 6,36% da un familiare e nell’1,37% da un’altra persona di fiducia.
Ancora, 9 future mamme su 10 si sottopongono a più di 4 visite ginecologiche e una donna su 4 dopo i 40 anni si sottopone all’amniocentesi. L’ 89,1% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, il 10,9% nelle case di cura private e solo lo 0,1% altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, etc). Naturalmente nelle Regioni in cui è più alta la presenza di strutture private accreditate rispetto alle pubbliche, le percentuali sono sostanzialmente diverse: il 62,2% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Queste strutture, in numero di 172 rappresentano il 34,4% dei punti nascita totali. Il 6,7% dei parti ha luogo invece in strutture che accolgono meno di 500 parti annui.
Tutti dati molto interessanti che si inseriscono nella complicata cornice demografica dell’Italia, paese che segue la media occidentale del calo della nascite che trascina un incremento notevole del tasso di mortalità. Tuttavia, il numero dei parti cesarei sale vertiginosamente nei paesi più ricchi ed eccessivamente basso in quelli più poveri. È la conclusione di uno studio realizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicato sul British Medical Journal. Il tasso di cesarei passa dallo 0,6 per cento nel Sudan del Sud al 58,9 per cento della Repubblica Dominicana, più di un terzo dei Paesi ha un tasso di cesarei superiore al 15 per cento, i Paesi che ricorrono al bisturi con più disinvoltura sono Argentina, Colombia, Repubblica Dominicana ed Egitto dove un terzo delle nascite avviene con il taglio chirurgico. All’estremo opposto si trovano Chad, Etiopia, Nigeria e Sudan del Sud con percentuali di cesarei inferiori al 2 per cento. In Europa, il fenomeno dei tagli cesarei oggi conta almeno 160 mila interventi non necessari per un costo annuo extra di 156 milioni di euro e l’Italia detiene il primato europeo.
Come si legge all’interno della Relazione CeDap, anche in Italia, come in molti Paesi del mondo, la maggior parte delle partorienti opta per il parto cesareo, vero e proprio intervento chirurgico non scevro da complicazioni. E’ questa una delle ragioni per cui andrebbe scelto solo su indicazione, ovvero solo se necessario dal punto di vista medico. Il parto cesareo può essere effettuato a partire dalla ventiquattresima settimana di gravidanza. Per quanto riguarda il cesareo programmato a termine di gravidanza, inoltre, sarebbe bene non fissare la data dell’intervento prima della trentanovesima settimana, cioè una settimana prima della data presunta del parto. Programmarlo anticipatamente, come accadeva anni fa, accresce le probabilità di ricovero per difficoltà respiratorie del bambino per quello che può essere definito polmone bagnato (la differenza per il neonato tra parto naturale e parto cesareo sta, dunque, soprattutto nel suo adattamento respiratorio).
Recenti studi stanno analizzando il possibile impatto del parto cesareo sulla salute del bambino a distanza di tempo, ragionando sul lungo periodo e partendo dalla modificazione del microbiota intestinale (la flora batterica intestinale del bambino). I dati oggi disponibili, inoltre, evidenziano una maggiore probabilità di allattamento al seno prolungato se il piccolo è nato con parto naturale. Questo dato può essere legato alla maggiore stanchezza della mamma dopo il cesareo, dovuta sia alla ferita chirurgica sia all’anemia. Come ritengono molti esperti, se il cesareo è stato programmato, la ripresa dello stato di salute della partoriente generalmente è più rapida. Se invece il taglio cesareo si è reso necessario durante il travaglio la ripresa può essere più lenta, graduale e non meno faticosa. In caso di parto cesareo la convalescenza deve tener conto della presenza di una ferita chirurgica. Quest’ultima può essere più o meno dolente a seconda del tipo di analgesia post-parto praticata nelle diverse strutture ospedaliere. Nelle prime 24-48 ore dopo il cesareo, la mamma può fare più fatica ad alzarsi o a trovare una posizione comoda e non dolorosa per allattare il neonato, rispetto a chi ha partorito naturalmente.