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Migranti, nessun rischio Tbc per l’Italia
“In Italia non c’è alcun allarme per la tubercolosi in relazione alla presenza di migranti, altrimenti il ministero e l’Istituto superiore di sanità lo avrebbero segnalato”. Lo ha precisato il ministro della salute Giulia Grillo in riferimento all’allarme su un rischio di aumento di casi di Tbc lanciato nei giorni scorsi dal ministro Matteo Salvini, a seguito della fuga da un centro di accoglienza di un migrante malato. “Abbiamo un dipartimento prevenzione attivo h24 e va sottolineato – ha proseguito il ministro – che i casi di Tbc in Italia sono in calo, passando da 9,5 casi per 100 mila abitanti del 1995 a 6,5 nel 2017”. Inoltre, ha sottolineato Grillo presentando i lavori del Comitato regionale Oms Europa che si terranno a Roma, “abbiamo dei protocolli molto serrati e rigidi per il controllo delle malattie infettive. Finora l’Italia è riuscita sempre a controllare bene tutti i casi eventualmente verificatisi, non ultimi quelli relativi ai migranti della nave Diciotti”.
Una domanda che sorge spontanea riguarda proprio la cosiddetta “malattia dei gommoni” che ha a che vedere con l’arrivo dei migranti dal continente africano. È doveroso specificare che per ‘malattia dei gommoni’ si fa riferimento alle lesioni e alle ustioni provocate dal carburante che, trasportato sui gommoni vicino alle persone, può rovesciarsi nella barca e miscelarsi all’acqua salata. A contatto con la pelle delle persone trasportate, la corrode causando ferite dolorose e molto gravi. È utile considerare inoltre che persone malate difficilmente potrebbero sopportare lo sforzo di un viaggio terribilmente impegnativo come quello che intraprende chi approda lungo le coste maltesi o italiane. Una volta chiarito questo punto è importante capire chi e secondo quali tempi cura la salute dei nuovi arrivati.
L’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà ha elaborato, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e la Società italiana di medicina delle migrazioni un documento utile al lavoro degli operatori ma anche alla sana conoscenza dei cittadini. Nel corso delle operazioni di soccorso in mare, i migranti ricevono una prima valutazione sanitaria da parte dei team sanitari che operano a bordo, in coordinamento con la Guardia costiera. Già durante il viaggio, e quindi prima dell’arrivo in porto, possono essere trasferiti presso strutture sanitarie per mezzo di velivoli della Marina Militare o della Guardia costiera. Una volta approdata l’imbarcazione al porto, il trasferimento d’urgenza avviene attraverso un intervento tempestivo degli operatori sanitari del 118.
Il Ministero della Salute, in attuazione delle proprie funzioni di profilassi internazionale e in applicazione del Regolamento Sanitario Internazionale dell’OMS ha poi l’incarico di rilasciare alle navi che portano migranti in arrivo un attestato di libera pratica sanitaria – LPS che segnala l’assenza di rischi per la salute collettiva e consente lo sbarco dei migranti in uno dei quindici porti interessati dal fenomeno, in cinque diverse regioni italiane. La LPS viene rilasciata dopo una prima verifica delle condizioni generali di salute delle persone a bordo della nave.” Dopo lo sbarco, l’attività continua per quelli che sono i compiti di profilassi internazionale. Sulle banchine è fornita – oltre all’assistenza umanitaria – anche un’assistenza di tipo sanitario, che consiste in una prima valutazione volta a identificare eventuali quadri emergenziali o situazioni sospette cui dare risposta immediata.