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Danza-terapia: tango e popping nella malattia di Parkinson. Intervista a Marilena Patuzzo di “Riabilitango” e a Simone Sistarelli di “Popping for Parkinson’s”
“Paralisi agitante”: la definizione risale al 1817.
È di James Parkinson, il medico inglese che per primo avviò una classificazione scientifica dei sintomi già noti da secoli e ancora oggi rende molto bene l’idea di quanto una diagnosi di Parkinson possa essere devastante non solo dal punto di vista fisico, ma anche da quello emotivo, psicologico e sociale, coinvolgendo indirettamente tutti i componenti della famiglia.
La terapia di prima scelta per il Parkinson rimane essenzialmente basata sul farmaco levodopa: non è risolutiva, presenta limitazioni di efficacia con il progredire della malattia e non influisce positivamente sugli aspetti psicologici, purtroppo sempre pesanti. Per questo vengono prese in considerazione crescente terapie complementari come l’esercizio fisico, che è essenziale nel Parkinson.
In particolare, alcuni tipi specifici di danza si sono rivelati molto utili: ad esempio, diversi studi fra cui quelli del dott. Daniele Volpe, direttore medico presso il Centro Parkinson San Giovanni di Dio a Venezia, hanno evidenziato come l’abbinamento (o addirittura la sostituzione) dei trattamenti di riabilitazione convenzionale con la danza folkloristica irlandese e il tango argentino apportino un ottimo contributo per quel che riguarda:
• instabilità posturale
• perdita di equilibrio e cadute
• freezing (blocco improvviso e involontario nel mezzo di un’azione anche continua)
• discinesie (movimenti involontari)
• generici “difetti” dell’andatura
• umore, depressione e tendenza all’isolamento.
I movimenti particolari e il ritmo profondo di questi balli agiscono sul sistema nervoso centrale come stimolo neurosensoriale che attiva il movimento: si tratta quindi di una riabilitazione fisica e cognitiva vera e propria che funziona tanto meglio quanto prima si inizia l’attività. Questi risultati sono stati formalizzati nell’oramai consolidato metodo di tango-terapia Riabilitango, registrato a livello europeo con istruttori abilitati che operano a Milano e in tutta Italia anche presso strutture ospedaliere e centri specializzati, o a domicilio per pazienti con obiettiva difficoltà di spostamento.
Di recente un altro tipo di ballo ha iniziato ad affacciarsi nella terapia del Parkinson: il popping, lo stile di danza hip-hop caratterizzato dalla sequenza di rapide contrazioni e improvvisi rilassamenti dei muscoli a ritmo di musica funky, che induce una sorta di vibrazione in tutto il corpo. Il progetto emergente, denominato appunto Popping for Parkinson’s, è nato in Inghilterra e di recente è approdato anche in Italia (Torino).
Per comprendere meglio in cosa consistano nella pratica questi corsi di danza rivolti alle persone affette da Parkinson, Health Online ha intervistato la creatrice del metodo Riabilitango Marilena Patuzzo e l’ideatore del progetto Popping for Parkinson’s, Simone Sistarelli.
Marilena e Simone, potete spiegare brevemente ai lettori di Health Online cosa vi ha portati a creare rispettivamente Riabilitango e Popping for Parkinson’s?
Patuzzo – Sono coordinatrice infermieristica in ambito riabilitativo, docente di Infermieristica Clinica nella disabilità neuropsichica presso l’Università degli Studi di Milano e insegnante professionale di tango argentino: è stato per me naturale adottare un approccio olistico alla riabilitazione utilizzando il tango come strumento per migliorare la sfera psico-fisica e di relazione, nel pieno rispetto della personalità di ciascuno.
Sistarelli – Sono coreografo, insegnante di danza, ballerino professionista musicista e grande appassionato di cultura hip hop. Basandomi sulla conoscenza diretta degli effetti della malattia di Parkinson, dalla quale era affetto mio nonno, ho avviato questo progetto internazionale partendo dalla considerazione che alcuni movimenti involontari considerati “difetti” tipici del Parkinson, come le contrazioni e il tremore, invece di essere contrastati come avviene per altri tipi di ballo, possono essere integrati come movimenti volontari nel popping.
Oltre a coloro che vi contattano per passaparola o informazioni ottenute tramite i media, quali canali segue chi arriva da voi?
Patuzzo – Neurologi, fisiatri e psicologi sono a conoscenza dei documentati effetti positivi della tango-terapia Riabilitango e spesso prescrivono formalmente la tango-terapia insieme alla terapia farmacologica.
Sistarelli – A Londra, luogo di nascita del progetto Popping for Parkinson’s, gli specialisti del Social Prescribing Network prescrivono e consigliano regolarmente le nostre lezioni di danza come forma di socioterapia. In Italia, sebbene non esista una rete simile, diversi medici e fisioterapisti fanno già lo stesso su base individuale.
I passi e le figure nelle lezioni per le persone affette da Parkinson differiscono da quanto insegnato nel corso delle lezioni standard?
Patuzzo – I passi proposti durante le lezioni di Riabilitango non vengono modificati nella loro essenza rispetto al panorama di esercizi e figure in continua evoluzione del tango argentino. Talvolta vi è la necessità di adattarli alle reali capacità e potenzialità per renderli più immediati da recepire e riprodurre. Il grosso sforzo è stato proprio quello di selezionare e sperimentare passi ed esercizi garantendo fattibilità, efficacia e risultati di miglioramento sulla sfera fisica psicologica, relazionale e sociale; nel corso della lezione vengono poi eseguiti in ordine crescente di difficoltà in modo da andare a contrastare i segni tipici della malattia in sicurezza.
Sistarelli – I passi e le figure del popping eseguiti a lezione non sono differenti da quelle per non parkinsoniani. Ciò che cambia rispetto ad una classe per non parkinsoniani è l’attenzione a certe esigenze specifiche degli studenti (ad esempio, traslare il movimento da una posizione in piedi a quella seduta, a volte necessario).
Qual è la fascia di età tipica dei vostri allievi?
Patuzzo – I partecipanti a Riabilitango hanno un’età molto variabile, ma sicuramente la quota più rappresentativa è nella fascia tra i 60 e i 70 anni.
Sistarelli – Ho avuto studenti di ogni età, ma solitamente Popping for Parkinson’s attrae i parkinsoniani più giovani (45-65). Ritengo sia una questione di gusto personale, che dipende dal fatto che lo stile di danza specifico richiami un pubblico cresciuto con Michael Jackson o i Beatles, in cerca di qualcosa di meno “classico” e percepito come più divertente o comunque più vicino alla propria cultura e generazione. Forse per questo, poi, non ho notato sinora differenze di interesse e coinvolgimento fra uomini e donne.
E per la tango-terapia ci sono differenze di interesse e coinvolgimento fra uomini e donne?
Patuzzo – L’unica differenza che noto fra uomini e donne è al momento dell’approccio iniziale: le donne sono più entusiaste e gli uomini più scettici, ma dopo poche lezioni talvolta si appassionano anche più delle donne: ci è capitato persino di assistere a qualche bisticcio familiare con mogli infuriate che rinfacciavano al marito o al partner di aver sempre rifiutato di andare a ballare o di iscriversi a un corso di ballo prima: ci voleva il Parkinson… ! Da noi vengono anche persone che non avevano mai ballato prima e che si avvicinano al tango come terapia; in diversi ci hanno sorpreso, andando ben oltre il programma proposto, scoprendosi veri appassionati di tango e assolutamente in grado di andare a ballare in milonga divertendosi.
Quale frequenza nelle lezioni consigliate per ottenere i migliori risultati?
Patuzzo – La maggioranza assoluta delle persone frequenta il corso di Riabilitango una volta alla settimana con lezioni, individuali o in piccoli gruppi, della durata di un’ora, raggiungendo comunque ottimi risultati; l’ideale sarebbe 2-3 volte alla settimana per meno tempo (es. 45 minuti): in tal caso il progresso sarebbe più evidente fin dalle primissime sedute e il corpo avrebbe modo di “registrare” la corretta modalità di movimento e postura in modo più continuativo e con meno sforzo sia fisico che mentale.
Sistarelli – Popping for Parkinson’s propone una lezione a settimana, che consideriamo sufficiente per ottenere i risultati desiderati: al momento non esistono ancora studi scientifici mirati per il popping anche se nella pratica riscontriamo un miglioramento dei sintomi come il freezing, in maniera maggiore o minore a seconda dei casi individuali. Le nostre lezioni non si pongono come scopo principale la terapia fisica. Il nostro obiettivo è il ritrovamento di umanità: chi viene a ballare il popping da noi si spoglia dei panni di “paziente” per vestire quelli di “studente”. Questa trasformazione, questo cambiamento di punto di vista e di percezione di sé sembra ovvio e semplice, ma ha un potere immenso. Non somministriamo pillole di danza ad un paziente: offriamo un metodo e uno spazio aperto anche a partner, mogli, mariti, figli, amici, caregiver, ecc. per riportare una persona da “paziente” a “essere umano danzante” in grado di divertirsi fra gli altri e insieme agli altri.
Marilena, le vostre lezioni invece sono chiuse?
Patuzzo – No. Parenti, caregiver e amici delle persone affette da Parkinson sono i benvenuti anche nella tango-terapia. La loro eventuale partecipazione non ha solo lo scopo di fungere da “sostegno”: il coinvolgimento porta a un miglioramento di armonia, clima familiare, compliance, che spesso si logorano per la difficoltà di una gestione quotidiana cronica pesante. La lezione di tango diventa insomma anche un momento di svago e socializzazione per malati e accompagnatori, riducendo il rischio di isolamento e depressione.
L’aspetto psicologico ed emotivo del ballo è quindi essenziale. Quali sono allora le soddisfazioni maggiori per voi come insegnanti?
Patuzzo – Il tango è in grado di stimolare la persona malata nel profondo: rassicurato dall’abbraccio e guidato dalla musica il paziente si trasforma in vero ballerino. Al di là dei riscontri positivi a livello fisico registrati ai controlli medici di routine, quando la persona ci dice “mi sento meglio”, ci dice tutto: non parla solo del miglioramento in termini di equilibrio e sicurezza nei movimenti, ma anche della maggiore capacità di gestire il quotidiano con aumentata autostima e fiducia. Ciò che per noi più conta e che ci dà la spinta per continuare in questa direzione, sono proprio i racconti di come il tango ha cambiato la vita delle persone con il Parkinson, migliorandola nella sua globalità. Sapere che è possibile varcare una soglia stretta, entrare in una porta girevole, ripartire quando scatta il semaforo verde e tante altre testimonianze che raccogliamo di continuo, indicano che ostacoli di ogni tipo diventano sempre più superabili, riempiendoci di gioia sincera e perché no, di orgoglio per il lavoro svolto con impegno da tutti.
Sistarelli – La maggior soddisfazione nel popping consiste nel vedere un entusiasmo ritrovato, un sorriso che si illumina dopo magari anni di depressione, una qualità di vita migliore, un nuovo modo di affrontare la malattia grazie alla gioia e alla condivisione riscoperti nel ballo. Sono componenti fondamentali non ancora misurabili scientificamente ma non per questo meno rilevanti: insegnare ai miei studenti a incanalare il tremore trasformandolo in qualcosa di positivo, artistico ed espressivo mi permette di rendermi utile alla comunità, che poi è proprio ciò che l’hip hop mi ha insegnato.
Ringraziando Simone Sistarelli e Marilena Patuzzo per il loro impegno e la preziosa collaborazione, concludiamo con le parole di Marilena Patuzzo: “I nostri allievi speciali sanno regalarci soddisfazioni e insegnamenti di vita, dove lo spirito, la forza di volontà e la voglia di autonomia possono vincere sui limiti del corpo, dimostrando sempre grande dignità, calore umano e determinazione che, anche nelle persone con livelli molto avanzati della malattia, non scompaiono mai”.
Per maggiori informazioni su corsi e sedi Riabilitango:
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Per maggiori informazioni su corsi e sedi Popping for Parkinson’s Italia:
https://www.poppingforparkinsons.com/pfp-italia.html
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