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Diagnosi radiologica per casi di tumore al pancreas. Intervista al dottor Francesco Cerutti
Ogni anno, il mese di novembre viene dedicato alla consapevolezza e prevenzione del tumore al pancreas, tra i più letali soprattutto assenza di sintomi agli esordi della malattia e la somiglianza del quadro sintomatologico con diverse altre condizioni, tra cui la pancreatite, la gastrite e i calcoli biliari.
Pertanto, il tumore al pancreas è, per le sue particolari caratteristiche, difficile da diagnosticare particolarmente nelle fasi iniziali della malattia. Oltre la metà dei pazienti con carcinoma pancreatico presenta una malattia in fase avanzata e un quarto circa ha già una diffusione regionale Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), infatti, al giorno d’oggi è tra i cinque primi cancri per numero di decessi, subito dopo il carcinoma ai polmoni, al seno, allo stomaco e al colon-retto.
Al fine di riuscire ad individuare un adenocarcinoma duttale pancreatico, tutti i medici devono intraprendere un iter diagnostico che include un accurato esame obiettivo, un’attenta anamnesi, diverse analisi di laboratorio su sangue, urine e feci ed infine una serie di test strumentali tra cui l’ecografia addominale, l’esame radiologico dell’apparato digerente con mezzo di contrasto al solfato di bario, la colangio-pancreatografia endoscopica retrograda, la TAC addominale, la risonanza magnetica addominale, l’ecografia endoscopica e la biopsia tumorale.
Health Online ha intervistato, riguardo questa tematica, Francesco Cerutti, Medico radiologo, specializzato all’Unità di Radiologia e Dipartimento di Emergenza dell’Ospedale Sant’Andrea, Università “Sapienza” di Roma.
Quali anomalie si evincono da un’ecografia in pazienti affetti di tumore al pancreas?
Il tumore al pancreas nella maggioranza dei casi radiologicamente si manifesta come una massa o nodulo nel contesto della ghiandola pancreatica. All’ecografia quindi il tumore apparirà come un’alterazione sostanzialmente di forma ovalare, più o meno grande, della normale ecostruttura ghiandolare. A seconda della gravità della malattia al momento dell’indagine ecografica, si potranno inoltre apprezzare segni indiretti del tumore, come ad esempio la dilatazione delle vie biliari o dei dotti pancreatici, la presenza di liquido libero in addome, o anche un insieme di alterazioni di altri organi o linfonodi, in caso di diffusione metastatica della neoplasia.
Quali sono le forme più moderne di tomografia computerizzata (spirale o elicoidale) in grado di rilevare prontamente un tumore del pancreas?
La TC (tomografia computerizzata) è una tecnica d’imaging che fornisce le immagini del corpo distinguendo i vari organi e tessuti sulla base della loro densità, ossia di quanto siano in grado di filtrare i raggi X. Con l’evoluzione della TC negli anni è aumentata non solo la sua capacità di evidenziare tumori pancreatici molto piccoli, ma anche la sua precisione nello staging oncologico, ossia nella valutazione dell’estensione di malattia, indispensabile per la corretta impostazione terapeutica. Le più recenti generazioni di TC, come le spirali multistrato, oltre ad aver aumentato la qualità delle immagini, hanno inoltre molto ridotto la durata dell’esame e l’esposizione ai raggi X da parte del paziente.
La Tac a volte può essere sufficiente per identificare una lesione tumorale della ghiandola?
Attualmente possiamo ritenere più che soddisfacenti le abilità delle moderne TC, con l’ausilio del mezzo di contrasto, nel rilevare tumori al pancreas anche in una fase precoce. Purtroppo la prognosi di questa patologia rimane spesso ancora infausta alla diagnosi a causa della scarsa presenza di segni clinici o di laboratorio rilevatori negli stadi più iniziali, che comportano una tardiva richiesta di TC.
Qual è il vantaggio di questo esame?
L’esecuzione di questa tecnica radiologica è oggi imprescindibile nello studio delle neoplasie del pancreas, oltre che per la facilità e rapidità di esecuzione rispetto ad esempio alla risonanza magnetica, anche per la sua maggiore panoramicità corporea e quindi capacità di stadiare la malattia. L’ecografia può essere utile come prima indagine, con i limiti tecnici di non permettere molto spesso la visualizzazione di tutta la ghiandola pancreatica per la sua difficile posizione anatomica, di essere un esame operatore dipendente e di avere una buona capacità di visualizzare tumori superiori ai 3 cm, che però scende drasticamente se al di sotto dei 2 cm. La risonanza magnetica viene utilizzata in pazienti che non possono eseguire la TC, ad esempio per nota allergia al mezzo di contrasto iodato, oppure come integrazione alla TC in alcuni casi dubbi, ad esempio per caratterizzare meglio la lesione o la sua estensione a livello locale e aiutare la determinazione della resecabilità o meno del tumore.
Tra la colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP), la colangiografia transepatica percutanea e la colangiorisonanza magnetica, quale risulta essere il controllo meno invasivo e più efficace per la diagnosi?
La colangiopancreatografia retrograda per via endoscopica (ERCP) e la colangiografia transepatica percutanea (PTC) sono entrambe tecniche di imaging mini-invasive di secondo livello, utili e più o meno affidabili per la valutazione delle vie biliari e la dimostrazione di alterazioni a loro carico. Nell’ambito della neoplasia pancreatica lo studio dell’albero biliare è spesso indicato a causa del suo frequente coinvolgimento, e queste due tecniche rispetto alla Risonanza Magnetica Colangio-Pancreatica (MRCP o colangio-RM) sono utilizzate anche per fini palliativi o curativi; ad esempio nell’attesa di una prima fase farmacologica, chiamata neoadiuvante, che possa ridurre la massa tumorale e renderla resecabile chirurgicamente. L’ERCP è tra le due la tecnica mini-invasiva diagnostica più utilizzata, avendo anche la capacità di prelevare frammenti di tessuto bilio-pancreatico per una diagnosi cito-istologica, con meno complicanze post-procedurali quali infezioni, sanguinamenti o perdite biliari. La PTC d’altro canto è più spesso indicata nell’ambito della patologia biliare primitiva, in caso di insuccesso della ERCP o in casi più selezionati, più a scopo curativo-palliativo, essendo un esame complementare al drenaggio biliare percutaneo transepatico. L’alternativa all’esecuzione dell’ERCP per lo studio dell’albero biliare è la MRCP o colangio-RM, che è sicuramente più semplice e meno invasiva (non richiede sedazione e spesso neanche l’uso del mezzo di contrasto), tuttavia richiede un paziente estremamente collaborante, ha una sensibilità diagnostica leggermente inferiore e non permette manovre chirurgiche.
Quali sono le cause di pancreatite post ERCP?
La colangiopancreatografia retrograda per via endoscopica (ERCP) è riservata solo a casi selezionati di pazienti e il suo utilizzo resta dibattuto in letteratura soprattutto nella fase preoperatoria in casi di tumore considerato resecabile, proprio per i suoi potenziali effetti collaterali (colangite, pancreatite, emorragia), dovuti a cause irritative-meccaniche procedurali, che potrebbero precludere l’esecuzione di un intervento chirurgico curativo.
Può confermare che l’ERCP non è più considerato un esame diagnostico bensì una procedura operativa di diagnostica e palliazione?
Nello studio di un tumore pancreatico che coinvolge l’albero biliare attualmente la MRCP viene utilizzata più di routine a scopo diagnostico, mentre la ERCP viene utilizzata solo in casi particolari per la diagnosi, quando ad esempio può rendersi necessario prelevare campioni di tessuto bilio-pancreatico o eseguire manovre disostruttive biliari, curative o palliative. Le indagini radiologiche oggi consentono dunque un’elevata affidabilità nel riconoscimento di tumori pancreatici e nella caratterizzazione della loro malignità ed estensione, molto importante nel determinare la resecabilità chirurgica della neoplasia alla diagnosi, che comporterebbe un notevole miglioramento della prognosi. Nelle neoplasie pancreatiche valutate come non resecabili chirurgicamente, in uno scenario prognostico decisamente più infausto, non è sufficiente riconoscere la malignità del tumore radiologicamente ma, per impostare il corretto trattamento farmacologico (neoadiuvante o palliativo), si rende necessario il prelievo di tessuto per la diagnosi istologica, sulla cui tempistica e tecnica c’è ancora un ampio dibattito chirurgico.