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Lo smart working per il benessere individuale e sociale
Si è conclusa a Roma il Forum PA, il più importante evento nazionale dedicato al tema della modernizzazione per la pubblica amministrazione. Tanti sono stati affrontati tra cui quello dello smart working, definito dal Politecnico di Milano come “un percorso senza scorciatoie che sta avviando una trasformazione culturale senza precedenti”.
Nonostante lo smart working stia ottenendo una maggiore visibilità e importanza anche nella Pubblica amministrazione “solo l’8% dei dipendenti risultano essere smart workers”, evidenzia il Ministero dell’economia e delle finanze. Per tale motivo, bisogna puntare su una nuova carta strategica che sia in grado di far cambiare rotta alle aziende e soprattutto ai dirigenti ancorati ancora a un’organizzazione del lavoro fortemente rigida.
Passi in avanti sono stati fatti, come la norma n. 81 che elimina una serie di ambiguità chiarendo alcuni elementi chiave, tra cui la differenza sostanziale tra telelavoro e smart working. Per telelavoro, come dice la parola stessa, si intende un’attività che si svolge a distanza rispetto alla sede centrale. Sviluppatasi a partire dagli anni ’70 grazie allo sviluppo delle tecnologie informatiche, i teleworkers lavoravano maggiormente da casa o in un luogo specifico decentrato.
Il telelavoro deve seguire normative precise, come l’obbligo da parte del datore di lavoro di eseguire controlli per assicurarsi regolarità nello svolgimento delle mansioni assegnate, un adeguato isolamento delle pratiche lavorative da quelle quotidiane e sicurezza per il dipendente e le apparecchiature tecnologiche utilizzate. Lo smart working, a sua volta, segue alcuni punti essenziali; ad esempio, uguale trattamento economico e obbligo di informazione su rischio infortuni e malattie professionali con copertura l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail).
Ma l’aspetto più evidente che segna il distacco con il telelavoro riguarda la mancata obbligatorietà di legarsi a un luogo fisico fisso in cui lavorare. Inoltre, l’orario è autodeterminato in quanto l’importante è raggiungere l’obiettivo prefissato e il monte ore è gestito direttamente dagli smart workers.
Flessibilità, autonomia, responsabilità e conciliazione. Queste sono, pertanto, le parole chiave dello smart working definito anche Lavoro agile che sta generando una nuova filosofia manageriale in grado di restituire ai lavoratori una forte indipendenza in cambio di una responsabilità dei risultati.
Inoltre, lo smart working genera benefici per la persona garantendo una maggiore work life balance, le aziende incrementando la produttività, e le società riducendo il traffico e quindi l’inquinamento, valorizzando gli ambienti urbani e la leadership femminile.
Il solo fatto che non vi sia un costante controllo sul dipendente da parte del responsabile di azienda, riduce lo stress nel lavoratore subordinato. Il nervosismo e la tensione, allo stesso tempo, vengono ridotti anche da altri fattori fondamentali, dal viaggio casa-lavoro alla modalità di gestione di scadenze e rapporto non sempre piacevole con gli altri colleghi.
L’attività lavorativa può condizionare enormemente la salute di tutti i lavoratori. In ufficio, il principale fattore di rischio è lo stress, con tutti i suoi possibili effetti sul benessere fisico e mentale. Seguono la postura (29%) e la sedentarietà (25%), mentre solo il 7% si dice preoccupato dalle possibili conseguenze sulla vista. In un ambiente quale la fabbrica, o comunque per chi svolge un’attività più fisica, invece, i fattori che incidono maggiormente sulla salute sono il contatto, o l’esposizione, a sostanze chimiche potenzialmente nocive (45%), seguito dai pericoli connessi al sollevamento di pesi e alla movimentazione di carichi (18%) e dall’eventualità di cadute e infortuni (fonte: Osservatorio Reale Mutua).
Lo smart working o lavoro agile quindi, fa bene ai lavoratori, alle aziende e all’ambiente. L’azienda Stantec riporta il suo esempio evidenziando che nella propria azienda questa innovativa modalità di lavoro autonomo e flessibile ha consentito in un anno di evitare emissioni di 15 t di CO2, risparmiare circa 15mila € di costi di trasporti e guadagnare circa tre mila ore altrimenti perse nel traffico riducendo, così, lo stress lavoro correlato e gli incidenti in itinere.
Se facessero lo stesso anche altre aziende, quanto risparmieremmo come collettività in salute e ambiente?