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Il potere della Danceability per la salute psico-fisica delle persone diversamente abili
La danza è un’attività sportiva e fisica che, come tutti gli altri sport, richiede un grande impegno psico-fisico e tante rinunce che però, quasi sempre, si traducono in soddisfazioni importanti.
Ancora oggi si pensa che non sia per tutti ma in realtà, ormai da dieci anni, si è sviluppata anche in Italia la Danceability, una pratica che consente a persone abili e non di danzare armoniosamente insieme attraverso un percorso di ricerca che sfrutta le abilità fisiche ed emotive di ogni individuo.
Di origine statunitense, nacque a partire dagli anni novanta alla Joint Forces Dance Company, nell’Oregon. Insieme all’Italia anche l’Austria, la Cina, la Germania, la Spagna e il Sud America stanno dimostrando un sincero interesesse verso la Danceability.
Viene praticata in svariati contesti educativi e culturali, tra cui laboratori per bambini, disabili, adolescenti e anziani. Risulta essere anche, inoltre, un percorso di formazione per gli operatori sociali, educatori, psicologi e psichiatri, ma non solo.
È stata avviato il Danceability Teacher Certification Course per tutti coloro che sentono di avere la passione di favorire processi d’inclusione sociale attraverso le arti del movimento.
Il corso sottolinea come sia possibile lavorare con gruppi misti, adattare il proprio stile d’insegnamento ad ogni partecipante, lavorare con gruppi di dimensione e tipologia differente, e presentare le performance.
Gli obiettivi principali della Danceability sono:
- Dare opportunità di espressione artistica senza limiti di accessibilità;
- favorire relazioni autentiche tra tutte le persone;
- promuovere la partecipazione sociale e culturale delle persone con disabilità.
Questo tipo di danza costruisce modelli capaci di coinvolgere tutte le persone all’interno di un contesto sociale complesso.
Infatti, le persone diversamente abili sono supportati da pochi servizi, mentre il peso dell’assistenza ricade quasi interamente sulle famiglie sempre più in difficoltà, con un livello di istruzione non molto elevato e grandi ostacoli nel riuscire ad avere un lavoro rispetto alla popolazione generale.
Queste sono le condizioni di vita per la gran parte delle persone disabili in Italia dove, secondo l’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane con sede all’Università Cattolica di Roma,circa 4,5 milioni di cui oltre un terzo vive da solo.
Ciò che veramente preoccupa, sono soprattutto le condizioni di vulnerabilità di molti disabili, la maggior parte dei quali ha una età superiore a 65 anni e vive nelle regioni del Mezzogiorno.
Secondo i dati ISTAT, tra gli over-65 il 42,4% vive da solo e non può contare sull’aiuto di un familiare, mentre tra gli over-75 solo un anziano su 10 è autonomo nella cura personale.
Il livello di istruzione per questo gruppo di popolazione è inoltre mediamente basso, e nella classe di età 45-64 anni la percentuale di persone che ha al più la licenza media si attesta a circa il 70%, senza significative differenze di genere. Un altro diritto in parte disatteso è quello al lavoro: la percentuale di disabili tra 45 e 64 anni occupata è il 18% (contro il 58,7% della popolazione generale per la stessa fascia d’età) con rilevanti differenze di genere. Infatti, risulta occupato il 23% degli uomini con disabilità e solo il 14% delle donne.
Pertanto, si può affermare che l’inclusione sociale delle persone disabili risulta essere ancora molto lontana e i diritti sanciti nell’articolato della Convenzione Onu del 2009 riguardanti la salute, lo studio e l’inserimento lavorativo non vengono rispettati se non, presi in considerazione.
La Danceability è una realtà concreta che cerca di ricordare, invece, l’importanza dei diritti sopra citati e che con la costanza e perseveranza si può andare oltre il limite.