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Thc negli alimenti, nuove indicazioni per gli operatori del comparto
Qual è il livello massimo di Thc negli alimenti? Sul punto, che scalda da anni il dibattito nazionale italiano letteralmente diviso dalla pubblica opinione (con mille shop su tutto il territorio nazionale; 800 partite Iva agricole specializzate; 1.500 nuove aziende di trasformazione e distribuzione, diecimila addetti), è tornato il Ministero della Salute comunicando, tramite pubblicazione del decreto 4 novembre 2019 sulla Gazzetta Ufficiale, i valori delle concentrazioni massime (limiti massimi) di tetraidrocannabinolo (THC) totale ammissibili negli alimenti ai fini del controllo ufficiale. Gli alimenti ammessi e i limiti massimi previsti dal decreto sono:
– Semi di canapa, farina ottenuta dai semi di canapa: 2,0 mg/Kg
– Olio ottenuto dai semi di canapa: 5,0 mg/Kg
– Integratori contenenti alimenti derivati dalla canapa: 2,0 mg/Kg
Inoltre, ai fini dell’applicazione del decreto le autorità competenti sono il Ministero della salute, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, le regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e le aziende sanitarie locali, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze.
Non sono invece del tutto definiti i contorni di regolamentazione degli altri derivati, che in Europa rappresentano un giro di affari potenziale stimato in 36 miliardi di euro al 2021, visto il crescente interesse da parte dei settori più disparati, tra cui farmaceutica, cosmesi, alimentare, packaging, edilizia, design. Intanto, dal canto loro gli operatori insistono nel chiedere unanimemente un intervento legislativo che regolamenti con chiarezza e senza lasciare spazio a perplessità il comparto, nel rispetto dei principi costituzionali, dopo la sentenza emessa a fine maggio dalla Cassazione sull’applicabilità della legge 242/2016.
La norma che attualmente disciplina la filiera regolamenta solo la coltivazione del prodotto e fa riferimento a una soglia di tolleranza ampia, compresa in una forbice tra lo 0,2 e lo 0,6% di Thc. La sentenza delle Sezioni Unite è intervenuta in maniera restrittiva sulla norma, ma invitava il legislatore a riconsiderare la materia «cosi da delineare una diversa regolamentazione». Ora la filiera chiede regole e limiti chiari, che delineino i contorni di liceità e mettano produttori e commercianti al riparo dalle azioni della magistratura. Per Coldiretti la canapa rappresenta «il ritorno di una coltivazione che fino agli anni Quaranta era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese – con quasi 100mila ettari – era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (secondo soltanto all’Unione Sovietica). Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del boom economico, che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta».