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COVID-19, sprint finale per la corsa al vaccino. Tra i partecipanti alcuni ricercatori italiani
Una scommessa ma anche una certezza: senza vaccino non si riuscirà a contrastare l’avanzata dei contagi. In verità la corsa per la realizzazione di un vaccino è già iniziata e, come conferma Repubblica, sono oltre 100 i partecipanti a questa gara che si pone a tutela della salute pubblica. Tra loro compaiono diverse realtà di ricerca italiane. Si tratta della Advent-Irbm di Pomezia (https://www.irbm.com/about-us/irbm-group/advent/), piccolo centro in provincia di Latina, che insieme ad altri quattro centri lavora per l’Università di Oxford. È stato proprio uno dei vertici della società a confermare che a breve partiranno dei lotti per l’Inghilterra, dove avranno inizio i test su volontari. “Si prevede – ha detto Matteo Liguori, managing director della società – di rendere utilizzabile il vaccino già a settembre, sempre in Inghilterra, sul personale ospedaliero e sulle forze dell’ordine in modalità di uso compassionevole, dando cioè priorità alle categorie di lavoratori più esposte al contagio”. Si tratta del personale sanitario e delle Forze dell’ordine, due categorie in prima linea in questa lotta epidemiologica. Al momento, considerata la gravità della situazione a livello globale, i tempi della ricerca hanno subito un’accelerata decisiva.
Come spiegato da Giovanni Rezza, direttore Centro malattie infettive all’Istituto superiore di sanità, “il vantaggio del progetto di Pomezia è di poter sfruttare una piattaforma già utilizzata per il vaccino anti-Ebola. È un candidato promettente come altri in sperimentazione». Ma cosa si intende quando si parla di piattaforma? “Si fa riferimento a un vettore virale preso dalle scimmie, innocuo per l’uomo, in grado di esprimere la proteina Spike e di procurare una reazione immunitaria. La Spike consente dunque al virus di attaccare le cellule di rivestimento di bronchi e polmoni ed è stata scoperta allo Jenner. L’obiettivo delle inoculazioni è di indurre la risposta del sistema immunitario facendogli produrre anticorpi neutralizzanti del virus.
Sull’esigenza di un vaccino è intervenuto anche Bill Gates secondo cui i capi di governo dovrebbero stanziare le risorse necessarie alla ricerca medica per lo sviluppo di una terapia. Nella drammatica vicenda del Covid-19, gli spiragli di ottimismo sono stati rari, ma il principale riguarda indubbiamente la scienza. Tre anni fa, spiega il filantropo, la fondazione Wellcome Trust, con l’appoggio di alcuni governi, ha lanciato la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi), un consorzio per finanziare progetti di ricerca per lo sviluppo di vaccini contro le malattie infettive emergenti. L’obiettivo era quello di accorciare i tempi del processo di sperimentazione dei vaccini e finanziare le metodologie più rapide e innovative per il loro sviluppo. “Se un nuovo virus avesse cominciato a farsi strada nel mondo, ci avrebbe trovato preparati”, conclude.