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Elisir di lunga vita
L’aspettativa di vita in Italia ha raggiunto gli 83 anni. E’ quanto emerge dagli studi effettuati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità resi noti nei giorni scorsi dal Ministero della Salute.
Secondo il “World Health Statistics 2015” pubblicato dall’OMS, infatti, nel nostro Paese si è passati da una aspettativa di vita pari a 77 anni nel 1990, a quella attuale pari a 80 anni per gli uomini ed 85 anni per le donne. L’Italia si posiziona così seconda al Mondo (dopo il Giappone).
Lo studio condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità prende in considerazione i dati provenienti da oltre 190 Paesi su una serie di indicatori, quali la mortalità, le malattie, i sistemi sanitari, gli investimenti in materia di salute, ma anche indicatori demografici, socioeconomici e comportamentali.
Dunque, in Italia si vive più a lungo. Ma qual è la qualità della nostra vita?
Dagli studi condotti – confermati anche da recenti analisi rese note dall’ISTAT – emergono ancora molteplici fattori di rischio da tenere in considerazione, ma anche e soprattutto significative disuguaglianze sociali.
Le Regioni del Sud Italia e le Isole sembrano essere ancora le più penalizzate, sia in termini di aspettativa di vita che in termini di condizioni di salute, mentre la regione Marche si conferma ancora una volta come la “terra di lunga vita”. Nel Mezzogiorno infatti, la speranza di vita senza limitazioni nelle attività quotidiane è di circa due anni inferiore a quella registrata nel Nord Italia.
Le donne, a fronte dello storico vantaggio in termini di longevità (con una aspettativa di vita superiore a quella degli uomini di 5 anni), sembrano essere più svantaggiate in termini di qualità della propria vita: oltre un terzo dell’esistenza di una donna non è vissuto in buone condizioni di salute, mentre la proporzione di anni vissuti in buona salute dagli uomini risulta pari al 25,5%. Le donne infatti, risultano essere affette più frequentemente da malattie meno letali ma con un decorso degenerativo che incide significativamente sulla qualità della loro vita, quali l’artrosi, l’osteoporosi, l’artrite.
Quali sono quindi i fattori che incidono sull’aspettativa di vita?
Obesità. Fra i principali fattori di rischio che in Italia incidono negativamente sull’aspettativa di vita, si evidenzia innanzitutto l’obesità (con una percentuale di persone obese pari al 21%), in deciso aumento in Italia, ed il quale può comportare l’insorgere di malattie cardiovascolari o a carico dell’apparato muscolo-scheletrico, ma è significativa anche l’associazione fra obesità e patologie quali il diabete, l’ipertensione, il cancro e le malattie del fegato.
Vita sedentaria. Non meno influente, lo stile di vita sedentario, il quale caratterizza ancora oltre il 40% della popolazione italiana, nonostante le numerose campagne promosse dall’OMS. Anche in questo caso, si evidenziano delle sensibili variazioni fra l’Italia del Sud, del Centro e del Nord, con una percentuale di sedentari rispettivamente pari al 54,4%, al 40,5% ed al 29,5%.
Tabagismo. Il fumo continua a rappresentare uno dei maggiori fattori di rischio per la salute, con una % di fumatori indicata nel “World Health Statistics 2015” pari a circa il 24,4%, registrandosi così un trend in aumento rispetto allo scorso decennio. La percentuale di fumatori sembra essere più alta fra le fasce d’età giovanili ed adulte (con picchi oltre il 38% fra gli uomini di età compresa fra i 25 ed i 34 anni).
Abitudini alimentari. Una sana alimentazione caratterizzata da un adeguato apporto di nutrienti, fibre, minerali, vitamine e da un moderato consumo di grassi e zuccheri, ha un influenza fondamentale sulla qualità della propria vita, contrastando il processo di invecchiamento precoce delle cellule, spesso alla base di diversi processi tumorali. Eppure ancora oggi, il consumo giornaliero di frutta, verdura e legumi freschi, pure ampiamente raccomandati, riguarda ancora una percentuale troppo bassa della popolazione, pari a circa il 18,4%, una percentuale peraltro sostanzialmente invariata nell’ultimo decennio.
Consumo di alcolici: più complessa invece la rilevazione dei rischi sulla salute connessi al consumo di alcolici, non esistendo ancora oggi dei parametri certi di riferimento o indicatori predeterminati (ossia il limite oltre il quale il consumo di bevande alcoliche può ritenersi dannoso). Vi è però la certezza, pure confermata da autorevoli studi (fra cui quello dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), che il consumo di alcolici rappresenta un rischio per la salute, specie se associato ad abitudini particolarmente nocive quali il binge drinkinkg, ossia il consumo concentrato ed occasionale di significative unità alcoliche. Dagli studi condotti dall’ISTAT, si rileva che il fenomeno del binge drinking, tipico dei Paesi Nord-Europei, è in deciso incremento in Italia, soprattutto fra i giovani di età compresa fra i 14 ed i 24 anni.
Significative sono anche le differenze comportamentali individuali legate al livello di istruzione. Dagli studi condotti, emerge una relazione fra il livello di istruzione posseduto ed i comportamenti assunti in tema di assunzione di alcol, obesità, alimentazione e vita sedentaria, con uno svantaggio considerevole per le persone meno istruite. Così ad esempio, indipendentemente dalla fascia di età, dal sesso, e dal territorio, la probabilità di divenire obeso per una persona meno istruita è pari al 67%. Parimenti, la sedentarietà, il fumo ed il consumo di alcolici, risultano essere meno diffuse fra le persone con un più alto livello di istruzione.
Ma i fattori che influenzano lo stato della salute non sono legati unicamente ai comportamenti individuali. Emergono, affianco a questi, numerosi altri fattori, connessi, ad esempio, al contesto sociale, politico, economico, alle condizioni di vita e di lavoro, all’accesso ai servizi sanitari, a fattori genetici.
Secondo un Modello tipicamente americano (v. Centers for disease control and prevention / USA) lo stato della salute sarebbe condizionato, per il 50% dal comportamento e dallo stile di vita individuale. Secondari sarebbero invece i fattori ambientali (20%), i fattori genetici (20%) e l’assistenza sanitaria (10%). Trattasi in questo caso di un modello che rispecchia pienamente l’enfasi posta negli USA sulla responsabilità individuale nei confronti della salute e delle malattie.
Diverso e più complesso invece il Modello dei Determinati della Salute tipicamente europeo, il quale pone al centro l’individuo con le sue caratteristiche biologiche – quali il sesso, l’età, il patrimonio genetico – ossia le cd “determinanti non modificabili della salute”. Diversamente, i determinanti modificabili, posti intorno all’individuo, sono suscettibili di essere modificati e corretti: il proprio stile di vita, ma anche la rete sociale e comunitaria, l’ambiente di vita e di lavoro, il contesto sociale, economico e culturale. Si tratta in questo secondo caso, di un modello concettuale che riflette la cultura europea di welfare state fondata sul “diritto alla salute” e fa propria una visione “multisettoriale” della tutela della salute.
Così in particolare, il contesto politico e socio-economico: seppure non sia possibile quantificare secondo parametri predeterminati l’impatto sulla salute del contesto di vita (il quale comprende aspetti strutturali, culturali e funzionali), può senz’altro sostenersi che esso esercita una potente influenza, ad es. sulla distribuzione delle risorse sulla popolazione o sulle opportunità di salute.
Non meno significativa la posizione socio-economica individuale, la quale varia da persona a persona in relazione ad alcune fondamentali variabili, quali il reddito, l’istruzione, l’occupazione, la classe sociale, etc, ma anche, le cd “condizioni socio-ambientali o psicosociali”: ci si riferisce ad esempio ai fattori di stress acuto o cronico i quali possono essere causa di diverse patologie.
Sono ormai molti gli studi medico scientifici che sostengono che, affianco ai diktat ormai ben noti sul corretto stile di vita, lo stato psicologico abbia una influenza determinante sulla propria salute. Sino ad arrivare alla teoria americana pubblicata sulla rivista scientifica “Prevention”, secondo cui essere ottimisti, avere una vita sociale soddisfacente, attitudine ai cambiamenti e passione per le sfide, prevenga dalle malattie ed allunghi la vita.
Dunque l’elisir di lunga e buona vita sembra sia un cocktail di ingredienti eterogenei, in cui lo stile di vita sano si unisce alla positività e ad un sano entusiasmo per la vita. Compresa, forse, un pizzico di fortuna.