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COVID-19 e sindrome di Kawasaki, qual è la relazione?
Tra il COVID-19 e la Sindrome Kawasaki c’è una relazione. A confermarlo è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “The Lancet” e realizzato su un campione di 10 bambini che presentano sintomi simili alla malattia infiammatoria. I 10 piccoli pazienti sono stati ricoverati all’Ospedale pediatrico Papa Giovanni XXIII tra il 1° marzo e il 20 aprile 2020. Fin qui nulla di nuovo, se non fosse che 10 casi segnalati nell’arco di due mesi appena è una vera rarità. Si pensi infatti che negli ultimi 5 anni la malattia era stata diagnosticata a soli 19 bambini. Al momento però nessuno è in grado di confermare con certezza la relazione tra le due malattie. Di certo c’è solo che otto dei 10 bambini ricoverati sono risultati positivi al virus SARS-coronavirus-2 (SARS-CoV-2). I pediatri del nosocomio bergamasco hanno effettuato uno studio retrospettivo su i 29 bambini ricoverati con sintomi della malattia di Kawasaki dal 1 ° gennaio 2015 al 20 aprile 2020. Prima di questa data l’ospedale curava un caso di malattia di Kawasaki ogni tre mesi. Nel corso di marzo e aprile, in piena emergenza epidemiologica, i bambini segnalati sono stati 10.
La sindrome di Kawasaki è una malattia che colpisce prevalentemente i bambini d’età inferiore ai 5 anni con un picco al secondo anno. È presente in tutto il mondo con andamento endemico e riaccensioni ogni 2-3 anni e picco nelle stagioni invernali e primaverili. La patologia sembra colpire in Italia 14 bambini ogni centomila e ancora oggi non si sa se è sempre esistita o se abbia origini più recenti. Generalmente si presenta con sintomi aspecifici e molto comuni nelle malattie pediatriche e proprio per questa ragione risulta difficile da diagnosticare.
“Abbiamo notato – commenta Lucio Verdoni, uno degli autori della ricerca – un aumento del numero di bambini arrivati al nostro ospedale con una condizione infiammatoria simile alla malattia di Kawasaki nel periodo in cui l’epidemia di SARS-CoV-2 stava prendendo piede nella nostra regione. Sebbene questa complicazione rimanga molto rara, il nostro studio fornisce ulteriori prove su come il virus possa causare nei bambini diversi tipi di patologie. Nonostante la condizione rimanga rara, questo riscontro dovrebbe essere preso in considerazione quando si considera l’allentamento delle misure di allontanamento sociale, come la riapertura delle scuole”.
I piccoli pazienti che presentavano sintomi dopo il marzo 2020 erano leggermente più grandi rispetto al gruppo iniziale e precedente la pandemia. Oltre all’età (passata dai 5 ai 7,5 anni), sono stati i sintomi ad allarmare i medici: febbri alte e complicanze cardiache. La metà dei bambini presentava segni di sindrome da shock tossico, mentre nessuno dei bambini trattati prima del marzo 2020 aveva questa complicanza.