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AIRC finanzia la ricerca per combattere il mieloma multiplo
È il secondo tumore del sangue maggiormente diffuso dopo il linfoma di non-Hodgkin, colpisce le plasmacellule localizzate nel midollo osseo, insorge maggiormente dopo i 65 anni di età (anche se non si conoscono le cause si è assistito negli ultimi anni ad un aumento dei casi correlato all’avanzare dell’età e solo l’1% delle persone al di sotto dei 40 anni) e stando ai dati, in Italia, in media, vengono diagnosticati ogni anno 9,5 nuovi casi ogni 100.000 uomini e 8,1 nuovi casi ogni 100.000 donne. È il Mieloma Multiplo.
Questa neoplasia rappresenta un’alterazione delle plasmacellule, cellule molto importanti del sistema immunitario perché il loro ruolo è quello di generare e rilasciare anticorpi per combattere le infezioni, ma in alcuni casi la loro crescita incontrollata può dare origine al tumore.
Nonostante alcuni pazienti con mieloma multiplo non presentino alcun sintomo, ci sono dei segnali che indicano la presenza della malattia quali: dolori localizzati al livello del cranio, della schiena e delle anche.
In generale però i segnali che caratterizzano il mieloma multiplo sono aspecifici e possono essere “confusi” con altre patologie non consentendo così di effettuare la diagnosi precoce.
Ad esempio, una maggiore frequenza di fratture ossee causate proprio all’interferenza delle immunoglobuline difettose con la sintesi di osteoclasti, indispensabile per mantenere integre le ossa, può essere un altro campanello di allarme per diagnosticare il tumore, come anche l’astenia e debolezza, causate da una scarsa produzione di globuli rossi nel midollo osseo, ecchimosi e sanguinamenti, dovuti alla minore produzione di piastrine nel midollo colpito dal tumore (trompocitopenia), l’insufficienza renale e neuropatie, associate ad alti livelli di calcio nel sangue per la distruzione delle cellule ossee, con conseguente manifestazione di debolezza e confusione mentale.
Una prima diagnosi che può far insorgere il dubbio che un paziente è affetto dal tumore è l’elettroforesi delle proteine sieriche, cioè un’analisi del sangue attraverso la quale è possibile individuare gli elevati livelli di immunoglobulina nel sangue, ma per una completa e sicura diagnosi sono indispensabili anche altri esami del sangue quali il dosaggio di paraproteina, emoglobina, piastrine, globuli bianchi, albumina, calcio, acido urico, ecc), l’esame delle urine ed in ultimo, ma non per ordine di importanza, degli esami radiologici (Rx, RMN, TAC, PET).
Successivamente si procede con la biopsia del midollo osseo che è considerato un esame fondamentale per diagnosticare la malattia e consiste nel prelievo di un campione di osso tramite una siringa (aspirato midollare).
Una volta stabilita la presenza della neoplasia si procede con la chemioterapia che negli ultimi anni è stata confermata come terapia efficace contribuendo così a prolungare la sopravvivenza media.
Anche l’introduzione di alcuni farmaci non chemioterapici, ma altamente efficaci, ha migliorato consistentemente le aspettative e qualità di vita dei pazienti con questa malattia, la cui sopravvivenza media è oggi compresa in un range variabile da 7 anni ad oltre 10 anni dopo la diagnosi.
Inoltre, la scoperta della presenza nel midollo osseo di cellule staminali che possono dare origine a un nuovo midollo ha contributo alla cura del tumore tant’è che per poter trattare i pazienti con alte dosi di chemioterapia, proprio per eliminare le cellule tumorali, è necessario poter ricostituire il sistema linfoide del paziente.
Questo tipo di operazione può essere effettuato tramite il trapianto di cellule staminali del sistema linfoide infuse nel paziente 24 ore dopo il trattamento chemioterapico: si procede con il prelievo delle cellule staminali o dal sangue del paziente stesso o dal midollo osseo di un donatore esterno e utilizzate per un vero e proprio trapianto nella persona malata: nel primo caso si parla di trapianto autologo (o autotrapianto), mentre nel secondo caso di trapianto allogenico (o allotrapianto).
Non esistono fattori di rischio riconosciuti come responsabili dell’insorgere della malattia motivo per il quale non è possibile attuare delle azioni di prevenzione, è comunque consigliabile avere sotto controllo il peso corporeo ed evitare l’esposizione a sostanze cancerogene che potrebbero aumentare il rischio.
Il mieloma multiplo risulta essere una malattia molto aggressiva perché è caratterizzata da numerose alterazioni genetiche che mutano nel tempo e resistente anche alle più efficaci e avanzate terapie rendendo molto difficile per il medico colpire le cellule tumorali.
La malattia presenta così un decorso caratterizzato da fasi di remissione alle quali si alternano fasi di progressione, fino ad arrivare ad una fase terminale di refrattarietà a qualunque terapia.
Questo fenomeno ha, fino adesso, ostacolato il raggiungimento della guarigione del mieloma multiplo e per cercare la soluzione al problema è partito un progetto di ricerca guidato dal professor Michele Cavo, direttore dell’Unità operativa di Ematologia del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna:
“L’obiettivo del progetto di ricerca– ha detto il professor Cavo – è di studiare l’evoluzione clonale del mieloma multiplo in un contesto clinico controllato: questo ci consentirà di capire in quale modo e con quale sequenza i nuovi farmaci possano essere utilizzati per colpire selettivamente particolari cloni di cellule neoplastiche con specifiche alterazioni genomiche – e quindi di personalizzare la terapia – ed al contempo evitare la selezione di altri cloni ad essi resistenti”.
Il progetto ha una durata triennale ed è stato reso possibile grazie ad un “investigator grant” finanziato dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) che ogni anno seleziona e supporta i progetti scientificamente più qualificati.
Che cos’è l’Investigator Grant? Abbiamo contattato l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) la quale, secondo quanto riportato anche sul proprio sito internet, da un lato informa la collettività sui corretti stili di vita e le novità diagnostiche e terapeutiche in campo oncologico e dall’altro sostiene i progressi della ricerca grazie a dei finanziamenti destinati a progetti come per questo avviato dal Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna. Uno degli obiettivi principali dell’Associazione è quello di far crescere una nuova generazione di scienziati che si dedicano alla ricerca oncologica nel nostro Paese, finanziando loro un percorso che prevede esperienze formative presso grandi istituti di ricerca, prima in Italia e poi all’estero, per confrontarsi con la migliore ricerca sul cancro nel mondo.
La vera forza degli investimenti è poi quella di creare le condizioni in Italia per incoraggiarne il rientro, con bandi studiati ad hoc (Borse di studio Marie Curie e Start Up), perché mettano a frutto il bagaglio di conoscenze acquisite. Gli scienziati di maggior valore sono poi sostenuti attraverso programmi di respiro pluriennale (Investigator Grant e Programmi speciali), che offrono loro un sostegno sicuro e costante, supportando il lungo procedere che porta ai grandi risultati scientifici. Nello specifico, l’Investigator Grant è un insieme di progetti guidati da ricercatori affermati e selezionati attraverso il peer review per rilevanzA, l’innovatività, fattibilità nei tre anni e potenziale impatto positivo sui pazienti.
L’importanza del progresso della ricerca è fondamentale per garantire e promuovere sempre di più la salute del cittadino.