Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.
La collagenopatia carenziale: una nuova entità nosografica
Il termine collagene designa una famiglia di proteine che impregna l’intero organismo, collegandone le parti e svolgendovi un preciso ruolo fisiologico. Nell’adulto arriva a rappresentare il 25-35 per cento del contenuto proteico totale e non c’è cellula e tessuto dove non sia presente.
Il collagene possiede due fondamentali proprietà biologiche: l’effetto meccanico, di sostegno e protezione, e l’effetto trofico. Per il primo è stato paragonato al cemento che compone e riveste un edificio, sostenendolo e proteggendolo dalle intemperie. È talmente marcato, da avere trovato un impiego pratico nella protezione dei monumenti marmorei dalla corrosione delle piogge acide. L’effetto trofico è ugualmente sorprendente, al punto da essere correntemente sfruttato in laboratorio come mezzo di crescita nelle colture cellulari.
Il paragone tra cemento e collagene è pertinente, sennonché si tratta di un cemento vivo, esposto da un lato a una continua perdita, dall’altro ad una altrettanto continua riproduzione.
La collagenopatia carenziale deriva dal prevalere del primo di questi due momenti sul secondo. La perdita che contraddistingue la collagenopatia carenziale è riconducibile sia al degrado implicito nello svolgimento delle funzioni meccaniche del collagene, sia ai prodotti del suo metabolismo. L’entità di questa perdita è desumibile dal fabbisogno complessivo di proteine, che è dell’ordine di 0,8 g/kg/die, ovvero di circa 55 g: sapendo che nell’organismo il collagene ne costituisce dal 25 al 35 per cento, ne deriva un fabbisogno di circa 0,2-03 g/kg/die, corrispondenti a 14-18 g/die. Questo è l’ordine di grandezza della perdita di collagene coinvolta nella collagenopatia carenziale.
I segni e i sintomi clinici della collagenopatia carenziale sono riferibili alle proprietà meccaniche e trofiche della proteina, così come sono state sopra delineate: Sono infatti espressione del loro venir meno, presentandosi con caratteristiche degenerativo-distrofiche. Essi trovano l’espressione più appariscente a carico dei sistemi osteoarticolare e tegumentario, che sono i più ricchi di collagene. In mancanza di saggi analitici precisi, tali segni e sintomi sono riferibili ai risultati della terapia anti-carenziale. È il criterio diagnostico ex juvantibus, che è alla base, d’altronde, del riconoscimento dell’origine e della natura delle avitaminosi e delle altre malattie carenziali fin qui descritte.
Per quanto riguarda il processo di rifacimento e compensazione della suddetta perdita, occorre tener presente che il collagene è una proteina: a differenza delle vitamine e di altri nutrienti essenziali, essa non può essere introdotta nell’organismo come tale. Se avvenisse scatenerebbe una reazione di rigetto, potenzialmente a carattere autoimmunitario. Il collagene è riprodotto dentro l’organismo, grazie ai fibroblasti e alle loro sottopopolazioni che lo generano in maniera aderente alle tipologie, varietà, conformazioni e funzioni che lo contraddistinguono.
Sotto questo profilo l’attenzione si sposta dal collagene in sé alle materie prime richieste per la sua produzione, che sono prevalentemente rappresentate da aminoacidi e peptidi che sono in parte sintetizzati ex novo dentro l’organismo, oppure riciclati dalle proteine preesistenti. La quota prevalente, però, è presumibilmente ricavata dalla digestione del cibo e dalla sua assimilazione. Tuttavia, ci sono alcune criticità che meritano di essere sottolineate e analizzate. La prima risiede nella particolare composizione amminoacidica del collagene, che non ha riscontri significativi in altre proteine, sia animali che vegetali. La seconda criticità è ascrivibile alla quasi totale indigeribilità del collagene alimentare.
Per questo si ricorre al collagene idrolizzato, detto anche gelatina, che si sta progressivamente affermando nel trattamento della collagenopatia carenziale. Oltre che per via sistemica, il collagene idrolizzato manifesta i suoi effetti biologici anche per via topica. Ad esempio, applicato sulle ulcere cutanee ne favorisce la granulazione e la guarigione.
Con la collagenopatia carenziale ci troviamo di fronte ad un trattamento che, per gli effetti che svolge e per le forme d’impiego, è a cavallo tra l’integratore alimentare e il farmaco, inteso quest’ultimo secondo l’accezione OMS di “composto naturale o di sintesi capace, quando introdotto in un organismo vivente, di modificarne una o più funzioni”. Il discorso, in senso più ampio, coinvolge la stessa medicina, se debba limitarsi a combattere la malattia o se non debba occuparsi anche della salute. L’integrazione alimentare va in quest’ultimo senso.