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Il carcinoma renale al quarto stadio: l’alieno che ha ucciso la scrittrice Michela Murgia
Michela Murgia, il suo nuovo, splendido libro, «Tre ciotole», si apre con la diagnosi di un male incurabile. C’è qualcosa di autobiografico? «È pedissequo. È il racconto di quello che mi sta succedendo. Diagnosi compresa». Lei scrive: Carcinoma renale al quarto stadio. Non ci sono speranze? «Dal quarto stadio non si torna indietro».
Era il 6 maggio quando il Corriere della Sera pubblicava questa intervista alla scrittrice Michela Murgia che, per la prima volta in assoluto, ha confessato “ai suoi lettori” e al grande pubblico di avere un male che l’avrebbe portata alla morte. Una confessione che ha fatto rumore, è chiaro, un rumore voluto dalla stessa Murgia che nella stessa intervista rivelava come il tumore fosse ormai arrivato alle ossa, ai polmoni e al cervello. «Il cancro – raccontava – non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Me l’ha spiegato bene il medico che mi segue, un genio. Gli organismi monocellulari non hanno neoplasie; ma non scrivono romanzi, non imparano le lingue, non studiano il coreano. Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno».
Il carcinoma renale non si lascia accompagnare o presentare da sintomi specifici: il più delle volte viene diagnosticato in fase avanzata e i casi sono aumento. Annualmente in Italia uccide 3.700 persone e ad oggi non è possibile prevenirlo. Come spiega l’Airc, l’esecuzione annuale di un’ecografia dell’addome (pur non essendo raccomandata da alcuna linea guida perché non risponde ai criteri di costo-efficacia richiesti da uno screening) può favorire la diagnosi precoce non solo del tumore al rene, ma anche di altri visceri (fegato, pancreas, vescica). Questo tipo di sorveglianza va però eventualmente consigliata dal medico sulla base del rischio individuale.
I tumori a cellule renali comprendono un vasto ventaglio di varianti istologiche. Le più frequenti sono il carcinoma a cellule chiare (70-80% dei casi), il carcinoma renale papillare (10-15%) e il carcinoma cromofobo (5%). Nel 2% dei casi il carcinoma può essere multiplo o bilaterale (presente in entrambi i reni). Un altro tipo di tumore del rene, più raro, è costituito dai sarcomi nelle loro varie forme, che hanno origine in tessuti diversi, nella capsula oppure nelle strutture che circondano il rene.
Il carcinoma renale, che ha colpito la scrittrice sarda madre del romanzo Accabadora, con cui ha vinto l’edizione 2010 del premio Campiello, ha origine dalla proliferazione incontrollata di cellule che rivestono l’interno delle formazioni tubolari (contenute nei reni), il cui compito è filtrare il sangue trattenendo le sostanze di rifiuto prodotte dall’organismo. In alcuni casi può prendere orgine da altri tessuti o dalla capsula che riveste esternamente l’organo stesso. Sulla base dei report diffusi dalla Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, i tumori del rene e delle vie urinarie rappresentano una proporzione variabile tra il 2 e il 5% (a seconda della fascia anagrafica) di tutti i tumori e negli uomini hanno una frequenza quasi doppia rispetto alle donne. Le stime di Airtum (Associazione italiana registri tumori) indicano 13.500 nuove diagnosi all’anno (9.000 negli uomini e 4.500 nelle donne) e rilevano che il rischio di sviluppare un tumore del rene sia pari a 1 su 38 negli uomini e a 1 su 89 nelle donne. La probabilità di sviluppare questo tumore cresce con l’avanzare degli anni e il picco massimo di insorgenza è intorno ai 70 anni.
Come ha spiegato a Repubblica Sergio Bracarda, Direttore della struttura complessa di Oncologia medica e traslazionale e del dipartimento di Oncologia dell’Azienda Ospedaliera “Santa Maria” di Terni e Presidente della Società Italiana di Uro-Oncologia, “il dato positivo è che i tumori vengano molto spesso individuati quando si trovano ancora all’interno del rene, ovvero in fase precoce: in stadio I (inferiore ai 7 cm) o in stadio II (superiore ai 7 cm). Si parla di stadio III quando il tumore si è esteso anche alle strutture circostanti. Una peculiarità del carcinoma renale è la sua tendenza ad invadere soprattutto i vasi sanguigni e ad essere fortemente vascolarizzato. Questo, però, non pregiudica l’intervento chirurgico, tanto che la maggior parte dei pazienti viene operata con successo”. Quando il tumore raggiunge organi distanti si parla di stadio IV o metastatico. Circa il 25% dei pazienti è metastatico già alla diagnosi, mentre un altro 25% ha recidive e progredisce dopo la chirurgia radicale. Fino a pochi anni fa la malattia al IV stadio era considerata non operabile. Oggi invece non è più così soprattutto quando ci si trova di fronte a pazienti oligometastatici, cioè con poche metastasi (fino a 3 o 5): per esempio quando abbiamo noduli polmonari periferici che permettono un intervento conservativo.