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Africa: sempre più diffuse pillole sbiancanti pericolose

17 Aprile 2018

In Ghana un numero molto elevato di neomamme assume delle pasticche particolari prima della gravidanza perché crede che, in questa maniera, suo figlio nascerà con la pelle più chiara grazie all’idrochinone, una sostanza presente in queste pillole e che ha un effetto schiarente riducendo la quantità di melanina nelle cellule dell’epidermide. È una tendenza che, purtroppo, si riscontra in tanti altri paesi africani.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), agenzia dell’ONU istituita nel 1948 con l’obiettivo di operare per far raggiungere a tutte le popolazioni il livello di salute ottimale, in Nigeria si registra il più alto numero di individui che utilizzano prodotti medici sbiancanti. Il 77% delle donne nigeriane li usa sistematicamente. Il Togo si trova al secondo posto con una percentuale pari a 59 ed è seguita dal Sudafrica con il 35% e il Mali con il 25%. Tra questi, il paese sudafricano sembra essere l’unico ad aver davvero vietato la commercializzazione di tutti i farmaci contenenti più del 2% di idrochinone. Nel 2017 la Ghana Standards Authority (GSA) ha solo approfondito, senza metterla in pratica, la direttiva sull’idrochinone a percentuale zero nei prodotti cosmetici entrata in vigore nel 2016.

Le autorità sanitarie dei paesi africani sopra citati, hanno lanciato l’allarme sottolineando che tale pratica non è assolutamente esente da gravi rischi, quali il danneggiamento degli arti e degli organi interni. In particolare, l’idrochinone è vietato in tutta la comunità europea dall’Istituto Superiore della Sanità perché, se assunto per via orale e in grandi quantità, risulta essere fortemente tossico e può causare danni al fegato, ronzio delle orecchie, nausea, convulsioni e colorazione bluastra della pelle a causa di carenza di ossigeno nel sangue (cianosi).

L’origine di questa tradizione non è ancora chiara, ma vari ricercatori che stanno studiando il fenomeno l’hanno connessa alla ormai diffusa cultura “bianco centrica” e alla storia coloniale dei diversi stati nel continente africano dove la pelle bianca era ed è ancora sinonimo di bellezza e potenza. In molte parti dell’Africa infatti, le donne dalla pelle chiara vengono considerate più belle e felici con maggiori possibilità di avere successo, trovare lavoro e marito.

La Food and Drug Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha manifestato una sincera e grande preoccupazione per il crescente uso di pillole sbiancanti in Africa, affermando di non aver mai approvato alcuna pillola, compressa o prodotto per lo schiarimento della pelle dimostrando, al contrario, di aver posto denuncia più volte, nel mese di agosto scorso e alla fine di febbraio di quest’anno. La loro distribuzione, vendita e utilizzo rappresenta, quindi, un grave reato a tutti gli effetti.

La questione però è ancora aperta e le capsule continuerebbero infatti ad essere introdotte clandestinamente dall’estero. Le autorità africane però hanno deciso di non rallentare o mollare la presa cercando di rintracciare le società e gli individui in possesso di queste pillole illecite.  Il rischio è che, in tal modo, si possono diffondere altri sistemi ancora più rischiosi. Ad esempio, in Ghana si sta diffondendo la pratica di massaggiare la pancia della donna, dopo il parto, con alcuni prodotti depigmentanti. L’obiettivo è sempre quello di avere un bimbo o una bimba con una pelle più chiara.

Il problema pertanto, continua ad essere non solo sanitario ma anche, se non soprattutto, sociale e culturale.

 

 

Tags: Africa, gravidanza, idrochinone, pillole sbiancanti
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Beatrice Casella
Beatrice Casella
Laureata in economia internazionale e dello sviluppo, si è sempre appassionata del settore sanitario. Il tema della tesi di laurea triennale ha riguardato il tasso di mortalità infantile in Tanzania (paese dove ha vissuto alcuni anni). Per il suo master's degree si è concentrata sull'incidenza della politica e dell'economia nel garantire una salute globale. Praticante giornalista, ha lavorato a Milano con il Gruppo editoriale L'Espresso e attualmente lavora come Research Analyst per una società che si occupa di costruzioni sostenibili.

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