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Aggiornamenti e chiarimenti sulla Giornata mondiale della rabbia
Il 28 settembre 2019, per il secondo anno di seguito, viene celebrata la Giornata mondiale della rabbia. L’idea, supportata da molteplici organizzazioni di sanità animale, ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza pubblica dell’impatto della rabbia sulla salute umana e animale e diffondendo informazioni sulla facilità e l’importanza della prevenzione.
È importante, quindi, al fine di prevenire la rabbia, proteggere sé stessi, il proprio animale e la propria comunità cercando di vaccinare tutti gli animali. Trattamenti tempestivi e appropriati dopo i morsi e prima che la malattia si sviluppi possono, difatti, arrestare l’infezione ed evitare la malattia negli uomini e animali.
La parola “rabbia” deriva dal sanscrito “rabbahs”, che significa “fare violenza”. Risale al trentesimo secolo avanti Cristo, quando in India il dio della Morte era dipinto sempre accompagnato da un cane, emissario, appunto, del trapasso.
La rabbia è una malattia virale a carattere zoonosico. Provoca un’encefalite negli animali domestici e selvatici. Si trasmette attraverso il contatto diretto con la saliva di animali infetti (morsi, ferite, graffi, soluzioni di continuo della cute o contatto con mucose anche integre). Una volta che i sintomi si sviluppano, la patologia risulta essere letale per l’uomo e gli animali. Nella situazione epidemiologica attuale non determina particolari danni al settore agro-zootecnico nazionale, ponendo esclusivamente gravi rischi di sanità pubblica.
Il virus della rabbia appartiene alla famiglia dei rhabdovirus all’interno della quale è compreso il genere Lyssavirus, che include il gruppo degli agenti portatori della rabbia negli animali ed esseri umani. Virus rabici isolati da differenti specie animali e zone hanno diverse proprietà biologiche e antigieniche che possono rendere conto di differenze nella virulenza tra i diversi ceppi isolati. Il virus presenta, inoltre, un particolare tropismo per le fibre muscolari e le cellule nervose, cosa che spiega il particolare decorso della malattia. Esistono diversi genotipi di virus della rabbia con specifici reservoir.
Il morso di animali infetti rappresenta la principale modalità di esposizione alla rabbia; occasionalmente può verificarsi una contaminazione aerea, attraverso aerosol contaminati, una contaminazione digestiva o una contaminazione da trapianti di organi infetti. La trasmissione aerea del virus è limitata a situazioni molto particolari, di elevata concentrazione di virus in aerosol, come potrebbe verificarsi in laboratorio o in grotte con popolazioni di pipistrelli infetti.
La rabbia esiste principalmente in due forme epidemiologiche:
- Urbana, diffusa principalmente dal cane e dal gatto domestici non immunizzati
- silvestre, propagata da volpi, tassi, faine, martore, donnole, moffette, manguste, procioni, lupi e pipistrelli. Il ciclo silvestre è predominante in Europa e in Nord America. L’epidemiologia di questo ciclo è piuttosto complessa: vanno tenuti in considerazione il genotipo virale, il comportamento e l’ecologia delle specie ospiti e i fattori ambientali. Nello stesso ecosistema una o più specie possono essere coinvolte nell’epidemiologia.
L’infezione negli animali domestici è in genere espressione di una saturazione del serbatoio di infezione selvatico; l’infezione nell’uomo tende, quindi, a verificarsi in zone dove la rabbia è enzootica o epizootica, dove la gran parte degli animali domestici non è immunizzata e dove è comune il contato con l’uomo. Il ciclo urbano è presente prevalentemente in Africa, Asia e Sud America, dove la presenza di animali randagi è molto elevata.
In Europa, nonostante zone molto estese abbiano ottenuto lo status di libere da rabbia, la vaccinazione degli animali da compagnia rimane una fase importante della prevenzione.
La rabbia nei paesi europei è primariamente rabbia silvestre: alle specie selvatiche è attribuito l’80% di tutti i casi di rabbia. Di questi, più dell’80% è legato a volpi rosse appartenenti alla famiglia dei Canidae (fonte: CESMET).
La vaccinazione orale delle volpi, sviluppata ormai quasi 25 anni fa, ha offerto una nuova prospettiva per il controllo della rabbia tra le specie selvatiche. Questo metodo è stato provato come l’unico modo efficace per eliminare la rabbia tra le volpi e tra altre specie terrestri: se si elimina la rabbia tra le volpi scompare anche tra gli altri animali domestici.
Per quanto riguarda l’Italia, dal 1997 e fino all’ottobre 2008, è stata considerata libera da rabbia. In un secondo tempo, secondo i dati dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IZSVe), dal 2008 a febbraio 2010, sono stati diagnosticati centinaia di casi di rabbia in animali in Friuli-Venezia Giulia, in Veneto e nella Provincia Autonoma di Trento.
La prevalenza dei casi ha interessato gli animali selvatici, per lo più le volpi, che rappresentano il principale serbatoio della malattia, ed alcuni caprioli e tassi. Sono stati riscontrati positivi anche animali domestici tra cui cani, gatti, un cavallo ed un asino.
Il tema verrà poi approfondito nel prossimo numero di Health Online.