Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.
Anzanello: il futuro della sanità italiana? I tre pilastri
Come sta il nostro Servizio Sanitario Nazionale? Qual è e quale sarà nel futuro il ruolo della sanità integrativa? Per rispondere a queste e ad altre domande, il presidente di Health Italia e ANSI (Associazione Italiana Sanità Integrativa), ing. Roberto Anzanello, è intervenuto a Reteconomy.
Lo spunto arriva dalle ultime vicende che hanno avuto come protagonista il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Ci ricordiamo tutti i pazienti dell’ospedale di Nola, stesi sul pavimento. Che cosa sta succedendo alla nostra sanità pubblica? Qual è la via d’uscita, per garantire a tutti una assistenza sanitaria dignitosa?
“Dobbiamo partire da un presupposto. Il modello sanitario utilizzato nel nostro Paese è un modello che è sempre stato all’avanguardia dal punto di vista sociale; sono pochi i paesi al mondo che hanno la capacità di proteggere i cittadini in una maniera così ampia”, ha detto l’ing. Anzanello. “A questo presupposto se ne somma un altro, altrettanto positivo. Da un punto di vista demografico, l’aumento della vita media, l’invecchiamento della popolazione, hanno una influenza diretta sulla disponibilità delle risorse. Se aumentano i pensionati rispetto ai lavoratori, le risorse da destinare alle coperture previdenziali e sanitarie diminuiscono. Questo è un fatto meramente matematico, un dato: la popolazione invecchia, le risorse diminuiscono”. E non solo: bisogna considerare anche lo sviluppo della tecnologia – grazie al quale possiamo contare su macchinari e test sempre più raffinati ed evoluti. E sulla ricerca medica, che ha sempre più campi in cui indagare e intervenire, ha sottolineato ancora il presidente di Health Italia.
“Questi quattro elementi, che da un punto di vista sociale sono positivi, da un punto di vista delle risorse sono un fatto che agisce esattamente al contrario. Non ci sono più risorse tal da consentire allo Stato di proteggere tutti quanti. Dobbiamo tutti prendere consapevolezza che lo Stato deve destinare le risorse che ha per la spesa sanitaria a proteggere i più deboli”.
La sanità pubblica quindi non basta più per tutti. Tutti questi casi di malasanità, e di inefficienza ce lo dimostrano ogni giorno. Come ce lo dimostrano tutti i dati dei vari rapporti Crea, Istat, Cittadinanzattiva.
“La spesa sanitaria in Italia ammonta (dati 2016) a 150 miliardi di euro; di questi, 111-112 sono i soldi che lo Stato italiano spende per la protezione sanitaria dei propri cittadini. Gli altri 36-37 miliardi sono i soldi che i cittadini tirano fuori di tasca propria, definiti in un gergo comune “out of pocket”. Sono i soldi che ciascuno di noi spende per i ticket, per le visite private, eccetera”, ha sottolineato Anzanello.
“I 111-112 miliardi che lo Stato utilizza sono e dovrebbero sempre di più essere utilizzati per garantire protezione alle fasce più deboli. Invece, coloro che hanno possibilità di reddito, dovranno sempre di più, al di là di alcune coperture che saranno previste per tutti, cercare di contribuire maggiormente alla spesa sanitaria. Questi 36 miliardi – che sono già tanti – che adesso gli italiani tirano fuori di tasca loro possono essere utilizzati per trovare delle coperture alternative alla copertura sanitaria pubblica. Di questi 36 oggi ne sono utilizzati solo 4 miliardi e mezzo per la spesa intermediata. Allora, il tema è che bisogna aumentare la quota di spesa sanitaria che gli italiani pagano di tasca propria trasferendola agli enti che la intermediano”. Più spazio alla sanità integrativa, quindi. Ma quali sono gli enti che si occupano di intermediare la spesa sanitaria?
“Gli enti che la intermediano sono di due tipi. Da un lato la sanità privata, le compagnie assicurative con le polizze malattie, che di questi 4 miliardi e mezzo intermediano circa 2 miliardi di euro; dall’altro lato, gli enti senza fini di lucro, che sono i fondi sanitari, le società generali di Mutuo Soccorso e le casse di assistenza sanitaria, che intermediano ad oggi circa 2 miliardi e 600. Questi enti senza scopo di lucro si basano rigidamente sul principio mutualistico e della porta aperta: si possono coprire tutti quanti, possono usufruirne tutti quanti. Sono stati creati dal legislatore in tempi non sospetti; le mutue sanitarie addirittura sono della fine dell’800, i fondi sanitari sono dei primi anni ’90, le casse di assistenza sono degli anni ’80. Questi enti, che già oggi operano a pieno titolo, prestando coperture sanitarie a un numero importante di cittadini, possono essere lo strumento che consente da un lato ai cittadini di spendere di meno, dall’altro allo Stato di potere concentrare maggiormente le risorse su chi ha bisogno, perché quelli che hanno meno bisogno hanno la copertura tramite questi enti di sanità integrativa”.
Per il futuro, è questa la direzione da seguire: i tre pilastri.
“Il mercato è stato indirizzato verso tre pilastri. Un pilastro pubblico, che offre una assistenza di base, soprattutto per chi ne ha veramente bisogno; un pilastro collettivo, che è il secondo pilastro della sanità integrativa, svolto per la previdenza dai fondi pensione, nel campo dell’assistenza sanitaria svolto dai fondi sanitari e dalle società di mutuo soccorso che, sul principio della mutualità consentono di usufruire di prestazioni di un certo tipo; per chi vuole poi c’è anche un sistema privato, che consente di avere ancora prestazioni maggiori pagando. Questo è l’indirizzo che già negli anni ’90 è stato dato al modello sanitario. Ma pochi conoscono oggi questa realtà, che non è stata ancora ampiamente divulgata”, ha concluso Anzanello.