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Artrosi al ginocchio: cause, sintomi e cure
L’artrosi al ginocchio, causata dall’usura della cartilagine, è una malattia cronica molto dolorosa e invalidante tanto che, a lungo termine, è possibile che sia necessario sottoporsi a un’operazione e inserire una protesi al ginocchio.
Secondo l’indagine ISTAT relativa al 2013 è emerso che, l’artrosi/artrite e l’osteoporosi interessano rispettivamente il 16,4% e il 7,4% della popolazione, risultando tra le malattie o condizioni croniche più diffuse in Italia. La prevalenza di queste patologie aumenta con l’età: tra gli over 75, il 68,2% delle donne e il 48,7% degli uomini dichiarano di soffrire di artrosi/artrite e il 49% delle donne e l’11,1% degli uomini di osteoporosi. Sono due milioni e mezzo gli italiani che soffrono di artrosi che colpisce le ginocchia con un 5% di adulti che ha un’usura precoce o eccessiva delle cartilagini.
La prevenzione e le abitudini di vita adeguate sono fondamentali, ma per saperne di più abbiamo intervistato il dottor Pierdanilo Sanna, chirurgo ortopedico specialista del ginocchio e della spalla al “Exeter medical center for joint and bone health” di Dubai.
Dott. Sanna, perché si produce l’usura della cartilagine del ginocchio?
“La cartilagine è quel tessuto cellulare che riveste l’estremità delle ossa all’interno delle articolazioni. Ha uno spessore di 1-3 mm circa, variabile da articolazione ad articolazione. La sua funzione principale, soprattutto per quanto riguarda il ginocchio, è quella di ammortizzare e di ridistribuire il peso corporeo. Quando non presenta problemi, è perfettamente liscia e ben lubrificata dal liquido sinoviale prodotto nel ginocchio, che consente una perfetta scorrevolezza, senza frizione, delle superfici articolari. Per fare un esempio, il liquido sinoviale ha la stessa funzione dell’olio che utilizziamo per i giunti meccanici o per i motori delle auto. La preservazione della cartilagine, soprattutto nel ginocchio, che è un’articolazione particolarmente complessa, è vincolata all’integrità di altre strutture quali i menischi, i legamenti interni (i famosi legamenti crociati che si lesionano i calciatori) e quelli esterni. Quando per eventi traumatici o per sovraccarichi di qualsiasi genere si lesiona una o più di queste altre strutture del ginocchio, si crea una situazione di instabilità che sovraccarica proprio la cartilagine e che, non essendo predisposta per questa nuova situazione, non riesce a fare bene il suo lavoro, dando origine a quel processo chiamato Artrosi.
L’artrosi è inizialmente un fastidio subdolo e asintomatico, con la cartilagine che pian piano si disidrata, si assotiglia e aumentano così le frizioni e i carichi direttamente sull’osso sottostante e la progressiva mutazione delle sue caratteristiche.
Questo minor apporto ematico distrettuale non permette una buona nutrizione della cartilagine, la quale già sovraccaricata di lavoro, continua a degenerare fino a staccarsi progressivamente dall’osso per poi sfaldarsi in piccoli frammenti e creando una vera e propria voragine nella superficie articolare. Viene così ulteriormente compromessa la capacità di scivolamento dei due capi ossei e l’accumulo dei detriti nell’articolazione con diverse conseguenze quali: un processo infiammatorio locale, la formazione di eccessivo liquido intrarticolare, la progressiva ritrazione dei tessuti circostanti, la rigidità articolare progressiva, l’incurvamento all’interno o all’esterno del ginocchio con progressiva grave compromissione delle funzioni deambulatorie.
Altri fattori che determinano la degenerazione artrosica precoce sono le fratture con interessamento articolare del ginocchio, così come le alterazioni o le deformità dell’arto inferiore che sottopongono il ginocchio a una innaturale sollecitazione e distribuzione dei carichi. Esempio classico sono le ginocchia VARE (le gambe a forma di parentesi) con sovraccarico della parte interna del ginocchio, o le ginocchia VALGHE (le gambe a forma di X) con sovraccarico della parte esterna.
Infine, la cartilagine può anche essere danneggiata da altre cause non solo prettamente meccaniche. E’ l’esempio delle artriti di origine infettiva o infiammatoria. Un’infezione al ginocchio va trattata al meglio e al più presto proprio per contenere i danni locali alle strutture del ginocchio. Di difficile trattamento sono, invece, le artriti su base autoimmune, la più nota è sicuramente l’Artrite Reumatoide, dove l’organismo reagisce contro i tessuti non riconoscendoli come propri, con un processo infiammatorio cronico e rapide manifestazioni degenerative che sono estremamente aggressive”.
Chi sono i soggetti a rischio?
“Il motivo principale che porta alla sua progressiva e inesorabile degenerazione artrosica è sicuramente l’eccessivo carico. Quindi i soggetti maggiormente a rischio sono i pazienti obesi o in grande sovrappeso, i soggetti che svolgono lavori pesanti con mobilizzazione di carichi, i lavoratori agricoli, ma anche chi pratica alcuni tipi di sport (soprattutto a livello agonistico o semi agonistico) quali calcio, pallavolo, basket, rugby e tutti gli sport da contatto. Ovviamente, come detto prima, i pazienti con deformità gravi e quelli con le artriti sono purtroppo candidati alla protesi in giovane età”.
Quali sono i principali fattori che aumentano sensibilmente il rischio di ammalarsi di gonartrosi?
“Ancora oggi, le cause precise che portano all’artrosi non sono ben note. Ci sono comunque dei fattori predisponenti che sono: intrinseci, quelli cioè costituzionali che si presentano principalmente con l’avanzare dell’età e la predisposizione genetica. Se l’invecchiamento di tutti i tessuti, quindi anche della cartilagine, rappresenta un processo naturale e avviene in tutti gli individui per l’aspetto genetico, gli studi sembrano sempre più confermare una maggiore predisposizione genetica all’artrosi nei soggetti di sesso femminile. Un secondo gruppo di fattori sono invece correlati direttamente alle abitudini del paziente o agli eventi traumatici in cui può incorrere nella propria vita. Questi sono fondamentalmente legati all’abuso articolare, come nelle attività lavorative pesanti, nelle eccessive sollecitazioni nello sport o anche dovute alle deformità costituzionali o a quelle conseguenti a eventi traumatici, ma la causa principale è il forte sovrappeso e l’obesità. Nei fattori del secondo gruppo, a differenza del primo, il medico e il paziente possono agire in senso preventivo proprio perché modificabili”.
Quanto è rilevante l’elemento genetico ed ereditario?
“Sicuramente per quanto riguarda le artrosi primarie la genetica ha un ruolo molto importante. Se un soggetto è predisposto geneticamente, soffrirà quasi certamente nel tempo di artrosi e il fattore meccanico del sovraccarico rappresenta solo un co-fattore, ma non l’elemento scatenante. Detto questo però, ogni articolazione può andare incontro ad artrosi anche senza essere sottoposta necessariamente a sovraccarico. Il punto debole della cartilagine è la sua scarsa capacità rigenerativa. Essendo un tessuto ad alta specializzazione cellulo-tissutale con altissima differenziazione cellulare viene considerato un tessuto “nobile”, alla stessa stregua del tessuto nervoso. In pratica, la natura ci fornisce questo tessuto eccezionale, preziosissimo e allo stesso tempo molto delicato, che noi dobbiamo preservare al meglio, ma se si rovina, essendo così complesso, la natura non riesce a fornircene dell’altro e a riparare le sue eventuali lesioni. Gli studi recenti sono indirizzati nel cercare di fornire un “aiutino” alla natura e consentire così di superare questa “debolezza” e di permettere di mantenere sempre “giovane” o di rigenerare, se lesionato, questo prezioso tessuto. Si stanno così sviluppando nuove cure per l’artrosi orientate verso una direzione preventiva attraverso le cellule staminali che, come è ormai noto a tutti, sono le sole cellule in grado di differenziarsi in ogni tipo di cellula e tessuto, e in questo caso, se ben indirizzate, faranno ricrescere nuova cartilagine”.
Quali sono i sintomi principali?
“Purtroppo nelle fasi precoci non abbiamo sintomi particolarmente importanti. Talvolta il paziente di età compresa tra i 50 e i 60 anni avverte dolore perché il ginocchio si gonfia soprattutto dopo lunghi periodi in piedi o dopo aver camminato per parecchio tempo senza far riposare l’arto. Con il tempo il dolore diventa più importante, così il paziente inizia a deambulare scorrettamente fino a zoppicare. I percorsi abituali si riducono e subentra la necessità di fermarsi per riposare. Se è solo uno il ginocchio interessato, il paziente inconsciamente tende a spostare il peso sull’altro. Nelle fasi più avanzate, il ginocchio si curva o verso l’interno o verso l’esterno diventando sempre più rigido con una progressiva tensione rendendo così difficoltosa la deambulazione”.
Una volta diagnosticata l’artrosi al ginocchio, quali sono le cure? Come cambia la vita del paziente?
“Per costi elevati e scarsa diffusione, le cure genetiche al momento non sono facilmente fruibili per il paziente. Nelle fasi precoci, durante gli episodi acuti, si tende a utilizzare cure antinfiammatorie orali associate al riposo. Per quanto possibile, il consiglio è quello di cambiare le abitudini alimentari per i pazienti obesi o in sovrappeso, diminuire i carichi di lavoro per gli sportivi ed evitare eccessivi sforzi nei lavori pesanti, concedendosi le giuste pause per far riposare l’articolazione. Nello sportivo over-user spesso suggerisco l’utilizzo di integratori alimentari che contengono sostanze protettive per il ginocchio a base di Glucosamina fosfato e talvolta propongo di sottoporsi a delle infiltrazioni con composti a base di Acido Jaluronico, con azione di visco-supplementazione, che in pratica agiscono come implemento alla naturale lubrificazione del liquido sinoviale. Alcuni tipi, per la loro particolare densità e composizione, possono addirittura agire come veri e propri “cuscinetti” a protezione della cartilagine, sovrasollecitata con un vero e proprio effetto ammortizzante. Questi presidi inniettivi spesso rappresentano il primo approccio curativo del paziente con artrosi di grado medio e riescono a frenare leggermente il processo degenerativo dando comunque sollievo al dolore. Non utilizzo quasi mai i farmaci cortisonici per i loro potenziali effetti dannosi locali, riservandoli quasi esclusivamente ai pazienti che non possono affrontare un intervento chirurgico perché affetti da polipatologie associate.
In alcuni casi, utilizzo le infiltrazioni di concentrati piastrinici autologhi (PRP) che vengono preparati a partire dal sangue prelevato dalla vena dello stesso paziente, che viene processato e dopo 20 minuti reinniettato all’interno dell’articolazione. A mio avviso, questa metodica, ha sicuramente un potentissimo effetto antinfiammatorio e il paziente raggiunge un notevole beneficio.”
Quando viene presa la decisione di un intervento chirurgico per impiantare una protesi?
“La decisione va presa e concordata molto attentamente con il paziente. Bisogna valutare età, le sue esigenze funzionali e le eventuali patologie concomitanti (obesità, diabete, gravi patologie cardiovascolari, precedenti infettivi, presenza di varici etc) che aumentano considerevolmente il rischio operatorio. Occorre stabilire e informare il più dettagliatamente possibile il paziente sul rapporto rischio/beneficio.
In linea di massima, con un paziente in condizioni generali buone, quando si raggiungono situazioni di degenerazione medio/gravi, cioè quando la deambulazione e l’autonomia è fortemente compromessa e il paziente non riesce più a fare neanche le semplici attività di cura personale o anche lavorativa, è necessaria la protesi. Di solito, il candidato alla protesi ha circa 68-75 anni, anche se sono in aumento pazienti giovani (55-65 aa) così come molti anziani (80-85 aa) visto il progressivo innalzamento dell’età media di sopravvivenza della nostra popolazione.
Nel paziente giovane tendo ad “aspettare” e suggerisco infiltrazioni, fisioterapia e cambiamento delle abitudini personali sportive lasciando la sostituzione protesica fondamentalmente ai casi gravi. Si può prendere anche in considerazione, dopo un’attenta analisi, una correzione chirurgica della deformità asportando o inserendo un cuneo correttivo sopra o sotto il ginocchio per riallineare meccanicamente il ginocchio deviato o in altri casi si può proporre una protesi parziale sostituendo solo la parte degenerata del ginocchio. Entrambe sono metodiche di difficile esecuzione, con alto tasso di complicazioni e con risultati spesso non brillanti. Nel grande anziano over 80 invece, propongo la protesi solo in caso di condizioni particolarmente “brillanti” del paziente, senza troppe problematiche di base, ma deve avere un buon tessuto osseo non particolarmente osteoporotico”.
In cosa consiste?
“Vengono fatte preventivamente delle opportune misurazioni sulle radiografie del paziente, si valuta la deviazione e si fa la stima della correzione da eseguire. In sala operatoria si raggiunge l’articolazione con una incisione di circa 10 cm, si espongono i due capi articolari, si rimuovono completamente i tessuti degenerati e si eseguono particolari tagli dell’osso basandosi sulle precedenti misurazioni e risparmiando quanto più osso possibile. Una volta fatti i tagli all’osso, si alloggiano con perfetto incastro le componenti di prova, si esegue l’allentamento delle strutture retratte raddrizzando così il ginocchio fino al raggiungimento del suo asse naturale. A quel punto si impiantano le componenti metalliche definitive che possono essere cementate oppure no, si inserisce tra loro un distanziatore di una plastica particolarmente resistente all’usura e si richiude la ferita. Nei primi due giorni dopo l’intervento, il paziente viene monitorato dal punto di vista ematico (spesso sono necessarie trasfusioni di sangue), viene controllato farmacologicamente il dolore e già dopo un paio di giorni il paziente viene messo in piedi e inizia la prima deambulazione, gli esercizi di flesso estensione e il rinforzo del ginocchio. Dopo circa 20 giorni il paziente è quasi completamente autonomo e a 40 giorni abbandona le stampelle ed è in grado di salire le scale senza problemi”.
E’ possibile una prevenzione?
Quanto è importante mantenere un equilibrato peso corporeo e prendersi cura del sistema immunitario?
“La prevenzione è sicuramente importante, si può fare, ma purtroppo spesso i pazienti sono poco collaborativi. In generale, suggerisco sempre una corretta alimentazione e una giusta attività sportiva che agisce positivamente mantenendo le cartilagini in stato ottimale”.
Qual è lo sport maggiormente indicato per la salute articolare?
“Sicuramente il nuoto perché permette un ottimo esercizio che rafforza i muscoli che servono per stabilizzare il ginocchio: più il ginocchio è stabile e meno la cartilagine ha sollecitazioni laterali di taglio estremamente dannose. Anche una corsa tranquilla, ma su un terreno morbido non su cemento o asfalto (non consentono di ammortizzare il peso durante la corsa e sottopongono la cartilagine a uno stress notevole dovendo assorbire da sola tutte le sollecitazioni del carico) può aiutare”.
Quali sono i suoi consigli?
“Per i pazienti che hanno una certa familiarità con l’artrosi, prima che arrivino i farmaci preventivi, suggerisco particolare attenzione alla dieta, al mantenimento del peso e di evitare attività particolarmente pesanti o sport ad alto impegno agonistico. Nel soggetto di media età, anche se non ha familiarità nota con l’artrosi, è importante una giusta attività sportiva in generale. Per i pazienti che invece hanno delle patologie metaboliche o disfunzioni ormonali è importante una corretta cura farmacologica della patologia di base”.