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Assistenza sanitaria integrativa, mutualità, interventi legislativi incoerenti ed errate posizioni ideologiche

Sempre più spesso si sente discernere e discutere sulla necessità di un riordino delle norme riguardanti la Sanità Integrativa, ma, a volte, le considerazioni fatte sono determinate dalla scarsa conoscenza del tema o dalla non corretta valutazione delle dinamiche e dei numeri relativi.
In oltre 30 anni di legiferazioni sul tema i legislatori che si sono avvicendati alla guida del paese hanno sempre confermato la logica fondante alla base della gestione della Sanità Integrativa e cioè il fatto, insindacabile, che la Sanità Integrativa debba rappresentare una soluzione per i cittadini, a fronte del fatto che non sia più possibile ipotizzare che i costi di una sanità moderna ricadano tutti sul bilancio dello Stato, in quanto significherebbe impegnarne buona parte solo per la spesa sanitaria.
La spesa sanitaria nazionale incide sul bilancio statale per una cifra ormai vicina ai 150 miliardi di euro ed assorbe praticamente una parte significativa degli incassi che lo Stato ottiene dalle imposte dirette ed a questo dato, già di per sé estremamente significativo, è necessario aggiungere che gli italiani spendono di tasca propria ulteriori quasi 45 miliardi di spese sanitarie.
Inoltre è indispensabile considerare che già oggi, nel nostro paese, gli over 65 sono il 24% della popolazione e gli over 80 sono il 7,6%, percentuali destinate ad aumentare nei prossimi anni e che delineano una costante tendenza di invecchiamento della popolazione, con conseguente maggiore numero di individui con necessità sanitarie sempre più accentuate e crescenti, oltre a dover considerare che saranno necessari investimenti elevati per sostenere l’evoluzione tecnologica in campo sanitario, nonché il continuo ampliamento della scienza medica grazie alla continua evoluzione della ricerca scientifica.
Peraltro, è anche opportuno considerare che si sta rapidamente modificando la composizione dei nuclei familiari che al momento sono costituiti per il 40% da coppie senza figli e per il 30% da un solo componente, con il risultato che si sta perdendo il concetto di economia famigliare che, storicamente, ha costituito un sostegno economico importante per la sussistenza delle famiglie, principalmente per quelle più giovani.
Infine, dobbiamo essere consapevoli che su 38 milioni di cittadini in età lavorativa ne risultano occupati ufficialmente solo 24 milioni, in un momento storico nel quale il PIL del paese cresce in modo limitato ed il debito accumulato dallo Stato pesa, solo in termini di interessi, circa 90 miliardi di euro all’anno, il che comporta che gli spazi economici di manovra a livello statale sono ridotti.
Da questi numeri emerge un quadro econometrico che richiede lungimiranza, visione prospettica, abbandono di ogni intervento “spot”, soprattutto di quelli pretestuosi od addirittura di parte.
In questo contesto socioeconomico appare quindi velleitario, pleonastico e poco coerente apprendere che, a volte, vengano proposti in Parlamento od al Senato modifiche, emendamenti, bozze di interventi legislativi inerenti alle attività afferenti alla Sanità Integrativa.
La proposizione di modifiche al contesto giuridico in cui si svolgono le attività di Sanità Integrativa appare velleitaria, pleonastica e poco coerente se non si considera l’apporto economico che, nel suo complesso, la Sanità Integrativa dà direttamente ed indirettamente al Servizio Sanitario Nazionale e di conseguenza al bilancio dello Stato, facendo sì che circa 16 milioni di iscritti, sia in forma individuale che tramite accordi aziendali, possano tutelare la propria salute, come previsto dalla nostra Costituzione, utilizzando forme di assistenza sanitaria garantite da logiche mutualistiche e gestite, a norma di legge, da enti no profit, quali sono appunto i Fondi Sanitari, le Casse di Assistenza Sanitaria e le Società di Mutuo Soccorso.
Ad esempio, proporre di innalzare, come accaduto in un emendamento “spot” apparso ultimamente in un testo in discussione alla X Commissione del Senato, al 30% la quota delle risorse vincolate destinate alle prestazioni parzialmente e/o totalmente escluse dai livelli essenziali di assistenza, significa non comprendere che gli Enti di Sanità Integrativa devono poter intervenire anche sulla propria sostenibilità economica, senza che questo sostegno preveda il 30% di prestazioni da erogare.
Oppure anche solo ipotizzare che tutte le Società di Mutuo Soccorso, che sono oltre 1.200, debbano iscriversi all’Anagrafe dei Fondi Sanitari, significa non conoscere la realtà della mutualità nel nostro Paese e nemmeno la sua storia ultracentenaria, oltre che cozzare contro il principio costituzionale del diritto all’associazionismo da parte dei cittadini, soprattutto se esercitato in modalità mutualistica.
Questi interventi parziali e improvvisati risultano essere sempre poco coerenti con la logica seguita del legislatore che storicamente, in maniera particolarmente illuminata, ha creato per tempo tutti gli strumenti legislativi e giuridici utili a far funzionare correttamente i tre pilastri della sanità con la Sanità Pubblica, universale e trasversale, con la Sanità Integrativa, in forma collettiva e mutualistica, e con la Sanità Privata in forma individuale.
È indispensabile, pertanto, non lasciare nessun spazio interpretativo al fatto che gli Enti di Sanità Integrativa, che ricordiamo essere rigidamente no profit, debbano inderogabilmente impegnare le risorse dei propri associati sia in forma complementare che anche in forma sostitutiva alle prestazioni fornite dal Servizio Sanitario Nazionale, nonché per qualificanti percorsi di prevenzione, con l’obbiettivo di trasformare il tradizionale paradigma della sanità, ormai vetusto e rappresentato dal binomio “soggetto malato-cura”, in un nuovo e più moderno paradigma caratterizzato dal binomio “soggetto sano-prevenzione”.
È quindi necessario, per realizzare una politica sanitaria di assoluto valore sociale e con un coerente impatto economico, avere la capacità di comprendere da parte di chi governa, le tendenze future in una logica sanitaria e assistenziale, operando di conseguenza per non farsi cogliere impreparati, evitando con estrema attenzione inutili e dannose fughe in avanti o normative pretestuose inserite, per errate posizioni ideologiche, in modo surrettizio e fuori contesto, in proposte normative redatte senza consapevolezza e , soprattutto, senza conoscere e considerare tutti gli impatti economici, sociali, etici e costituzionali che la Sanità Integrativa ha sul Sistema Sanitario del nostro Paese.
