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Bimbo di sei anni sconfigge la leucemia linfoblastica acuta
È stato accolto come un vero eroe dalla sua scuola, la St. Helen Catholic school di Newbury, John Oliver Zipay, il bimbo che all’età di 6 anni ha vinto la sua battaglia più grande contro la leucemia linfoblastica acuta (LLA). LLA è un tumore del sangue che prende origine dai linfociti, un tipo particolare di globuli bianchi, ed è caratterizzata da un accumulo di queste cellule nel sangue, nel midollo osseo e in altri organi. Il termine “acuta” indica che la malattia progredisce velocemente (fonte: AIRC).
Era il 2016 quando a John fu diagnosticata la malattia. Da quel momento il piccolo paziente è stato sottoposto ad una serie di cure e chemioterapia che lo hanno portato lontano da scuola per lunghi periodi. Il bambino non ha mai smesso di studiare, grazie anche alla collaborazione degli insegnanti che non l’hanno abbandonato. Il video del rientro a scuola, dopo la sua ultima terapia a dicembre, è diventato virale e ha fatto il giro del mondo.
Che cos’è la leucemia linfoblastica acuta (LLA), quanto è diffusa in Italia e quali sono le cure?
La LLA è un tumore del sangue ed in Italia si registrano circa 1,6 casi ogni 100.000 maschi e 1,2 casi ogni 100.000 femmine, cioè circa 450 nuovi casi ogni anno tra gli uomini e 320 tra le donne. È però il tumore più frequente in età pediatrica: rappresenta l’80 per cento delle leucemie e circa il 25 per cento di tutti i tumori diagnosticati tra 0 e 14 anni. L’incidenza raggiunge il picco tra i 2 e i 5 anni e poi cala con l’aumentare dell’età (il 50 per cento di tutti i casi viene diagnosticato entro i 29 anni). I fattori di rischio sono riconducibili all’ambiente: l’esposizione a radiazioni e a certe sostanze chimiche come il benzene, un componente naturale del petrolio, contenuto anche in alcuni pesticidi e nel fumo di sigaretta. Tra i fattori non modificabili, l’età pediatrica e il sesso maschile aumentano il rischio. Non ci sono invece prove che la malattia sia trasmissibile per via ereditaria, anche se in alcune famiglie c’è un rischio aumentato di LLA.
I sintomi della LLA si manifestano rapidamente e di solito la diagnosi segue a breve. I sintomi iniziali sono spesso poco specifici e comprendono stanchezza, perdita di appetito, sudorazione notturna e febbre. Più avanti si notano in genere spossatezza e pallore legati all’anemia, un aumento del rischio di infezioni dovute alla riduzione dei globuli bianchi normali e sanguinamenti frequenti (anche a naso e gengive) legati alla carenza di piastrine. Tra i sintomi sistemici sono frequenti dolori muscolari e osteo-articolari diffusi, senso di malessere generale e perdita di peso. Inoltre, se la malattia si è diffusa in altri organi, si notano ingrossamento di milza, fegato e linfonodi e, se è stato raggiunto anche il sistema nervoso, possono verificarsi mal di testa e altri segni neurologici.
Purtroppo per questa neoplasia non è possibile definire strategie di prevenzione, dal momento che non se ne conoscono in dettaglio le cause. L’unica raccomandazione utile è evitare, nel limite del possibile, l’esposizione a radiazioni e sostanze chimiche dannose come il benzene.
La diagnosi avviene attraverso una visita medica nel corso della quale il medico valuterà la storia familiare, i sintomi e i segni clinici (per esempio organi e linfonodi ingrossati) e deciderà eventualmente se prescrivere esami di approfondimento. Un prelievo di sangue venoso consente di valutare il numero e l’aspetto delle cellule del sangue, per avere una prima indicazione della possibile presenza di malattia. Per definire meglio la diagnosi si procede con altri esami (effettuati oltre che sul sangue periferico anche sul midollo osseo) per caratterizzare dal punto di vista genetico-molecolare le cellule tumorali. In seguito si passa alla cosiddetta diagnostica per immagini (TAC, risonanza magnetica, raggi X ed ecografia), utile a capire quanto e dove la malattia si è diffusa e a determinare la presenza di altri problemi legati alla leucemia, come per esempio alcune infezioni. L’esame del liquor prelevato mediante rachicentesi (puntura lombare) serve, poi, a verificare se la malattia ha raggiunto anche il sistema nervoso centrale.
Le cure: la scelta del trattamento della LLA dipende dalle caratteristiche del paziente e della malattia, ma in linea generale la cura va iniziata subito dopo la diagnosi, dato il carattere acuto di questa leucemia.
La chemioterapia rappresenta uno dei principali trattamenti per la LLA: il tipo di farmaco e le dosi sono definiti caso per caso dopo aver attentamente valutato molti fattori. Nei bambini, per esempio, si utilizzano spesso regimi più intensivi, ma in generale il percorso chemioterapico può essere suddiviso in quattro fasi della durata totale di circa due anni:
- Induzione: per eliminare le cellule tumorali da sangue e midollo osseo con lo scopo di raggiungere la remissione completa. Questa fase dura 1 mese o poco più.
- Consolidamento: per rafforzare i risultati ottenuti nella fase di induzione. In questa fase, che dura pochi mesi, si utilizza una chemioterapia ad alte dosi.
- Re-induzione: si basa sugli stessi farmaci dell’induzione, usati secondo schemi diversi.
- Mantenimento: questa fase dura poco più di un anno e sfrutta farmaci come 6-mercaptopurina e metotressato.
Nel corso di tutte le fasi di chemioterapia, è necessario effettuare il trattamento di profilassi dell’invasione leucemica del sistema nervoso centrale, somministrando la chemioterapia direttamente nel fluido cerebrospinale mediante punture lombari.
Nei casi più difficili (bambini, pazienti ad alto rischio, pazienti che non rispondono alla chemioterapia di induzione o pazienti che vanno incontro a recidiva poco dopo il trattamento) è possibile effettuare anche un trapianto di cellule staminali emopoietiche. Il trapianto permette di sostituire le cellule malate del midollo (che vengono distrutte con radiazioni o chemioterapia a dosi molto elevate) con cellule sane che daranno poi origine a cellule del sangue del tutto normali. In genere nella LLA si predilige il trapianto allogenico (da donatore diverso dal paziente) di cellule staminali che devono provenire da un familiare compatibile o da un donatore non consanguineo ad alta affinità.
Negli ultimi anni anche i cosiddetti farmaci “intelligenti” (mirati a un bersaglio molecolare) hanno dato risultati promettenti nel trattamento della LLA. In particolare, i farmaci della classe degli inibitori delle tirosin-chinasi (imatinib, nilotinib, dasatinib, ponatinib) si sono dimostrati efficaci contro la malattia caratterizzata dal cromosoma Philadelphia, nato dalla fusione anomala di parti dei cromosomi 9 e 22 e tipica dell’età più avanzata. Questa anomalia cromosomica dà origine a un gene chiamato BCR-ABL, che rappresenta il bersaglio specifico contro il quale agiscono imatinib e i farmaci della sua stessa famiglia.
Più recentemente, altri farmaci mirati sono stati sperimentati con successo nella LLA, in particolare l’anticorpo monoclonale blinatumomab, che è in grado di favorire l’aggressione delle cellule leucemiche da parte dei linfociti sani del paziente stesso. Infine, altri anticorpi monoclonali come l’inotuzumab ozogamicina, oppure terapie con linfociti sani del paziente modificati geneticamente (CAR-T cells) per attaccare le cellule del paziente stesso, sono ancora in fase sperimentale, ma verosimilmente saranno approvati anche in Italia in un futuro prossimo.
La radioterapia può essere utilizzata per colpire le cellule tumorali presenti nel sistema nervoso centrale, per ridurre il dolore in casi che non rispondono alla chemioterapia e come trattamento che precede il trapianto di cellule staminali.