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Cancro al colon-retto: tutto quello che c’è da sapere.
L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE PER COMBATTERE LA NEOPLASIA
Il cancro al colon è uno dei tumori più diagnosticati in tutto il mondo e nei Paesi occidentali rappresenta il terzo tumore maligno per incidenza e mortalità, dopo quello della mammella nella donna e quello del polmone nell’uomo, escludendo i carcinomi della cute.
Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 40.000 nuovi casi di neoplasie colon-rettali. Negli ultimi anni grazie all’informazione e alla diagnosi precoce si è avuta una diminuzione del tasso di mortalità.
Il cancro al colon si sviluppa nella zona dell’apparato digerente, il colon retto, in un periodo di tempo che va dai 10 a i 15 anni. È una neoplasia lenta, subdola e silenziosa perché spesso ai sintomi viene data poca importanza o confusi con altri tipo di malattie della zona digerente e questo porta alla conseguenza di una diagnosi tardiva.
È importante, soprattutto dopo i 50 anni (il rischio di ammalarsi sotto i 40 anni è abbastanza raro, mentre risulta essere più frequente dopo 50-55 anni fino ad un livello elevato oltre i 60 anni) recarsi dal medico o dallo specialista per un controllo approfondito quando si notano problemi digestivi, presenza di sangue nelle feci (questo sintomo spesso viene erroneamente correlato alla presenza di emorroidi) o calo dell’appetito e perdita di peso.
I fattori che determinano il cancro al colon sono: stili di vita non corretti, diete ad alto contenuto calorico e scarse di fibre vegetali, pochissima attività fisica, oltre ai fattori genetici.
Anche le malattie infiammatorie del colon, come il Morbo di Crohn e la retto-colite ulcerosa sono altri fattori che determinano la malattia.
La neoplasia al colon retto è considerata ereditaria per il 5-10% e si manifesta sotto forma di “poliposi adenomatosa familiare del colon”. In questo caso il rischio di sviluppare un tumore del colon aumenta di 2 o 3 volte per chi ha parenti di primo grado affetti da cancro o da polipi del grosso intestino dopo i 50 anni. Mentre quando si ha la presenza di uno o più familiari di primo grado con cancro colorettale diagnosticato prima dei 50 anni, il rischio è da 4 a 6 volte superiore di sviluppare una neoplasia.
Quando si è di fronte a situazioni di questo tipo è consigliabile effettuare prima dei 50 anni l’esame della colonscopia per verificare la presenza o meno di polipi, cioè lesioni pre-tumorali di origine benigna che, se individuati e rimossi, arrestano lo sviluppo del tumore. Nello specifico, per i figli, il controllo deve iniziare ad un’età pari a 10 anni in meno di quella che aveva il genitore quando gli è stato diagnosticato il tumore, ad esempio se il genitore ha scoperto la neoplasia al colon all’età di 43 anni, il figlio dovrà iniziare gli esami di screening a 33 anni.
E proprio per sensibilizzare e informare il più possibile sulla prevenzione del cancro al colon-retto che l’AMOC Onlus – Associazione Malati Oncologici Colon-Retto, associazione di volontariato nata nel 2006, realizza delle campagne come quella “Io non rischio contro il tumore al colon-retto scelgo la prevenzione, non aspetto!” messa in campo all’inizio dell’anno mediante l’affissione di cartelloni vicino alle maggiori stazioni metropolitane della capitale.
Il presidente dell’Associazione, la signora Isabella Francisetti si ritiene molto soddisfatta dei risultati ottenuti con questa iniziativa.
“Ho ricevuto moltissime telefonate e richieste e siamo contenti del successo perché le persone hanno capito il messaggio di familiarità che abbiamo voluto dare. Ad oggi abbiamo terminato le disponibilità, ma già stiamo pensando di riproporre un’iniziativa di questo tipo per la fine di quest’anno o per l’inizio del prossimo.”
Ci può spiegare quale sono le finalità della Onlus e quali sono le vostre attività?
“L’AMOC è una Onlus con finalità esclusivamente di utilità sociale quali la prevenzione, l’informazione e supporto morale a favore dei pazienti colpiti da tumore del colon-retto e loro familiari. Sono diversi i volontari dell’AMOC impegnati e presenti ogni giorno presso il Day Hospital Oncologico dell’ Istituto dei tumori Regina Elena di Roma, a sostegno dei pazienti e delle loro famiglie mediante azioni di supporto pratico e morale, inoltre forniscono informazioni di tipo amministrativo per coloro che intendono usufruire delle disposizioni di legge esistenti a favore dei pazienti oncologici. Organizziamo incontri a tema tra i pazienti affetti da neoplasie del colon-retto, i loro familiari e gli oncologi per il trattamento di questa patologia”.
Essendo questo tipo di tumore silenzioso e subdolo, la prevenzione assume un’importanza fondamentale per diagnosticare in tempo la neoplasia.
È stimato, infatti, che nel 25% dei casi il cancro al colon viene diagnosticato in fase avanzata, insieme alla presenza dei sintomi come maggiore debolezza, dolori addominali o nella regione del fegato, una febbricola nelle ore pomeridiane o dimagramento, che inducono il paziente a sottoporsi a degli accertamenti specifici.
Quali sono i segnali da tenere in considerazione per identificare in tempo il cancro al colon?
Lo spiega il dottor Oscar Berretto, Direttore della Rete Oncologica Regionale del Piemonte e della Valle d’Aosta.
“Le cause principali che determinano il tumore al colon-retto per il 90% sono dovute all’ambiente e in particolare all’educazione alimentare, la restante percentuale riguarda i fattori genetici. E l’individuazione tempestiva del tumore al colon-retto dipende dalla sede dell’intestino nella quale si sviluppa. Se è la parte sinistra, quella bassa dell’intestino, ad essere coinvolta i primi sintomi che fanno scattare i campanelli di allarme sono i cambiamenti delle abitudini dell’intestino e perdite di sangue rosso vivo nelle feci. Mentre se è la parte destra ad essere colpita i segnali sono la perdita di appetito e dimagrimento, anemia cronica dovuta alla mancanza di ferro a causa delle emorragie nascoste, ma frequenti, nelle feci.”
Quali sono i principali esami di screening?
“Sono la ricerca del sangue occulto nelle feci (Sof) e la rettosigmoidoscopia,un esame che si esegue mediante l’utilizzo di uno strumento che permette di esplorare le pareti degli ultimi due tratti dell’intestino, il sigma e il retto, dove si sviluppa un’alta percentuale di polipi e che se colpiti dal tumore sono più problematici da trattare. L’esame consente non solo di una diagnosi precoce, ma anche di asportare eventuali polipi in sede ambulatoriale senza dover ricorrere all’intervento chirurgico, interrompendo così la loro evoluzione verso il cancro. Per un esame ancor più approfondito c’è la colonscopia che permette di guardare dall’interno il retto, il sigma e il colon con un sottile strumento flessibile di lunghezza variabile contenente una piccola telecamera che passa attraverso il canale anale e grazie al quale è possibile con le pinze da biopsie l’esportazione di polipi e accertare che sia neoplasia”.
Qual è la terapia che viene applicata una volta diagnosticato il tumore?
“L’esportazione chirurgica”.
E proprio grazie da una parte ad una maggiore attenzione nei confronti della prevenzione e dall’altra ad avere a disposizione degli strumenti efficaci in grado di diagnosticare in tempo il tumore che oggi il tasso di mortalità è diminuito?
“Sì, rispetto a 30 anni fa su 10 persone malate di cancro al colon retto, solo 3 riuscivano sopravvivere, negli ultimi 5 anni invece la sopravvivenza è migliorata, su 10 persone ne guariscono in media 6. La sopravvivenza a 5 anni è aumentata con un’attesa di circa il 60% questo dato positivo è dovuto, appunto, ad una maggiore tempestività nella diagnosi e ad una maggiore efficacia dei trattamenti”.
Qual è, secondo lei, il grado di cognizione da parte delle persone rispetto al tumore e, di conseguenza, all’attività di prevenzione?
“Secondo me la consapevolezza oggi è abbastanza importante grazie anche all’informazione, ma il passaggio dal pensiero all’atto non è purtroppo così immediato perché sottoporsi ad esami di screening come la rettosigmoidoscopia o la colonscopia spaventa e vengono vissuti come un’invasione. In più c’è da considerare tutta la fase di preparazione volta alla pulizia dell’intestino , tutti questi componenti non aiutano e molte persone denunciano infatti un certo disagio e dei dolori, soprattutto con un colon contorto e con curve molto strette.”
Qual è il suo messaggio?
“Innanzitutto adottare delle abitudini alimentari adeguate con un maggior apporto di frutta e verdura e meno consumi di carni rosse e zuccheri di rapido assorbimento, fare attività fisica perché essere sedentari non aiuta. E poi partecipare agli esami di screening che sono molto efficienti ed efficaci per combattere questo male”.
Lei è il direttore della Rete Oncologica delle Regioni Piemonte e Valle D’Aosta, quali sono le caratteristiche di questa struttura?
“È una struttura dettagliata, sorta nel 2000, la prima in Italia. Sono 4 anni che è stato creato un dipartimento funzionale interaziendale che mette in relazione tutti gli ospedali per costruire insieme le strade migliori da adottare controllando la qualità delle prestazioni”.
In generale, quindi, per combattere i tumori le due azioni principali sono: la prevenzione primaria, cioè attraverso un corretto stile di vita e quella secondaria con la diagnosi preventiva.
I test di screening consentono di diagnosticare una determinata neoplasia in fase iniziale, l’adesione è del tutto volontaria e sostenuta sia al livello nazionale che internazionale. Questo, come abbiamo detto, negli anni ha determinato un cambiamento nella storia naturale dei tumori soprattutto quelli alla mammella, alla cervice uterina e al colon retto. In Italia i programmi di screening attivati da parte delle Regioni prevedono l’esame del sangue occulto nelle feci ogni due anni per le donne e gli uomini tra i 50 e i 54 anni e una colonscopia tra i 58 e i 60 anni da ripetere dopo 10 anni. Le misure di prevenzione sono state adottate dalla Regione Piemonte, che a fine anno scorso ha festeggiato i 10 anni dell’iniziativa Prevenzione Serena che prevede l’invito a tutta la popolazione residente ad effettuare una sigmoidoscopia all’età di 58 anni.
Il programma di screening ha permesso in questi anni di diagnosticare 1460 tumori: nel 70% dei casi si trattava di lesioni in stadio iniziale (stadi I e II), con una sopravvivenza a 5 anni variabile tra il 95% e l’85% e caratterizzate da una elevata probabilità di guarigione, ed il trattamento ha potuto essere limitato alla sola escissione endoscopica nel 13% dei casi.
Soprattutto, grazie all’asportazione endoscopica delle lesioni che possono dare origine ad un tumore (gli adenomi del grosso intestino), l’attività del programma di sigmoidoscopia permetterà, su un arco di 15 anni dall’avvio del programma, di prevenire l’insorgenza di circa 1500 casi di cancro colorettale. Il trend determina un consistente risparmio sui costi del trattamento per questi tumori, stimabile, al netto dei costi di funzionamento del programma di screening, in più di 4.000.000 di euro. Le 1500 persone che non si ammaleranno di tumore del colon eviteranno inoltre i disturbi e le sofferenze legati alla terapia che sarebbe stata necessaria se il tumore si fosse manifestato.
Il programma piemontese si caratterizza anche per l’elevata qualità dell’attività di ricerca.
In particolare negli ultimi anni è stato completato uno studio multicentrico di valutazione della colonscopia virtuale come test di screening primario, che ha coinvolto i dipartimenti di Torino, Biella e Novara, e sono stati avviati a Torino due studi di valutazione di tecnologie innovative: la video capsula del colon ed una tecnologia endoscopica che garantisce una visualizzazione molto più completa e quindi, potenzialmente, una maggiore accuratezza dell’esame, rispetto agli endoscopi in uso.
Prevenire il cancro al colon è possibile e ognuno di noi è chiamato a sottoporsi a tutte le misure di prevenzione necessarie perché, purtroppo, siamo una popolazione predisposta a svilupparlo.