Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.
Il cancro della pelle: le cure per combattere il melanoma metastatico
Il cancro è una brutta malattia che colpisce, purtroppo, tante, troppe persone. Solo pronunciare la parola “tumore” fa salire i brividi. Le neoplasie sono ancora la seconda causa di morte, il 30% dei decessi, dopo le malattie cardiovascolari. Oggi però grazie alla ricerca, all’informazione e ad una maggiore partecipazione alle campagne di screening, che permettono di individuare la malattia in tempo, la situazione sta migliorando per sconfiggere questo male subdolo.
Secondo la recente pubblicazione dell’Associazione Italiana registro dei tumori (AIRTUM), ogni anno in Italia si scoprono 366.000 casi di nuovi tumori, esclusi quelli della pelle, circa 196.000 (54%) fra gli uomini e circa 169.000 (46%) fra le donne.
Se si analizza l’incidenza di questo male, facendo una differenziazione per sesso, si evince che i cinque tumori più frequentemente diagnosticati fra gli uomini sono il tumore della prostata (20%), il tumore del polmone (15%), il tumore del colon-retto (14%), il tumore della vescica (10%) e quello dello stomaco (5%); tra le donne, il tumore della mammella (29%), il tumore del colon-retto (14%), il tumore del polmone (6%), il tumore del corpo dell’utero (5%) e quello della tiroide (5%).
Dal punto di vista territoriale e a paragone con il resto del mondo, il nostro Paese ha una frequenza di neoplasie sia per gli uomini sia per le donne simile o anche più elevata rispetto ai Paesi Nord-europei e agli Stati Uniti.
Negli ultimi anni le percentuali di guarigione sono migliorate e fanno ben sperare, il 63% delle donne e il 55% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi, grazie appunto alle nuove frontiere scientifiche e alla maggiore efficacia delle terapie.
Discorso a parte per i tumori della pelle: i melanomi.
Il melanoma metastatico ogni anno colpisce quasi 200 mila persone in tutto il mondo e più di 7 mila italiani, con un incremento dell’incidenza del 30% negli ultimi 10 anni e con una media di sopravvivenza per la malattia metastatica di 6-9 mesi.
Dall’indagine “Gli italiani, l’ossessione abbronzatura e il melanoma” emerge che più del 20% della popolazione non conosce il melanoma o lo confonde con altre malattie della pelle e il 64% non ha mai fatto il controllo dei nei.
Le abitudini sbagliate sono tra le cause che possono far insorgere il tumore: 1 italiano su 3 si spaventa quando vede l’insorgere di un nuovo neo, ma non rinuncia all’esposizione solare prolungata e in orari sbagliati;
3 persone su 4 sottovalutano la pericolosità delle lampade abbronzanti che, secondo gli esperti, fanno gli stessi danni del fumo delle sigarette per il tumore al polmone.
Negli ultimi anni la terapia del melanoma metastatico ha fatto passi avanti con la diminuzione del rischio del decesso sceso al 63%.
Con la ricerca è stato scoperto un nuovo farmaco, ad opera di un gruppo internazionale, all’interno del quale un team di ricercatori, guidato dal professor Alberto Bardelli, Direttore del Laboratorio di Genetica Molecolare dell’Istituto di Candiolo e Federico Bussolino, Direttore scientifico della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro onlus, ha assunto un ruolo di primaria importanza. Originariamente con la sigla PLX472O per identificare il principio attivo e da un paio di anni disponibile in commercio in Italia con il nome Vemurafenib e con il nome Zelboraf, questo farmaco combatte il tumore della pelle, non solo bloccando la crescita della cellula tumorale, ma aggredendo anche il micro-ambiente che la circonda.
Noi di Mba, abbiamo contattato il professor Alberto Bardelli che ci ha spiegato come nasce e le caratteristiche del farmaco.
Come nasce la scoperta del farmaco PLX472O? Oggetto dello studio è stata la mutazione dell’oncogene BRAF?
“Sì, la scoperta nasce da un gran lavoro di squadra iniziato diversi anni fa. Il farmaco, non solo blocca la crescita della cellula tumorale, ma agisce anche sul sistema vascolare del tumore. È in grado di agire in modo specifico sulla mutazione del gene BRAF e inibisce la proteina mutata, che è responsabile della proliferazione cellulare nel 50% dei casi di melanoma metastatico. È indicato per i pazienti dove i geni delle cellule del tumore mostrano una mutazione del BRAF, la proteina che partecipa alla stimolazione della divisione cellulare.”
Professor Bardelli, il farmaco è rivolto a determinati tipi di cancro?
“Principalmente per i melanomi, ma la mutazione del gene BRAF è importante anche per i tumori del colon, della tiroide e dell’ovaio”.
Quasi il 70% dei tumori potrebbe, infatti, essere prevenuto o diagnosticato in tempo, se tutti adottassero stili di vita corretti e aderissero ai protocolli di screening e di diagnosi precoce. Per il Prof. Bardelli alcune forme tumorali, come quello all’intestino e alla mammella, potrebbero essere prevenuti con una buona prevenzione di screening.
La sigla PLX472O, è un’altra conquista del mondo della ricerca per la lotta contro il cancro.
Professor Bardelli, qual è il suo messaggio?
“Che la scienza di oggi sia la medicina di domani, in questo la ricerca è fondamentale. Bisogna sempre essere ottimisti e l’ho imparato negli anni che mi hanno visto impegnato sia nel nostro Paese che all’estero.”
Mba, dopo aver ascoltato la voce della ricerca, grazie all’AIRC è riuscita a intervistare il Prof. Michele Maio, Direttore del reparto di Immunoterapia Oncologica del Policlinico Santa Maria alla Scotte di Siena, considerato tra i migliori al mondo nello studio dei tumori, il quale ha spiegato quali sono stati gli effetti del farmaco Zelboraf/Vemurafenib a distanza di due anni dalla presentazione e commercializzazione del prodotto.
Secondo quanto riportato da ARTOI, Associazione Ricerca Terapie Oncologiche Integrate, è stato constatato che il rischio di decesso è diminuito del 63% per le persone a cui è stato somministrato Zelboraf -vemurafenib. Inoltre, Zelboraf ha ridotto in modo significativo, fino al 9%, il rischio di peggioramento della malattia. I risultati sono estremamente incoraggianti, in quanto hanno dimostrato un miglioramento significativo sia della sopravvivenza complessiva sia della sopravvivenza libera da progressione rispetto ai pazienti che hanno ricevuto la terapia con dacarbazina.
Professor Maio, che ne pensa di questi dati? Può raccontare la sua esperienza da quanto cura pazienti con questo farmaco?
“Siamo soddisfatti dei risultati ottenuti negli ultimi anni, ma vogliamo di più. Zelboraf, per il trattamento del melanoma avanzato positivo alla mutazione di BRAF, che è presente in poco meno del 50% dei malati, ha la caratteristica di bloccare, già in poche settimane, il diffondersi ed il progredire della malattia in una percentuale molto alta di ammalati.
Per il trattamento della malattia avanzata, Zelboraf -Vemurafenib si sostituisce completamente alla chemioterapia tradizionale perché, rispetto ad essa, ha dimostrato di incrementare significativamente non solo la percentuale di pazienti in cui la malattia si arresta o regredisce, ma anche la sopravvivenza complessiva dei pazienti affetti da melanoma. Abbiamo quindi speranza, come già dimostrato per l’immunoterapia che rende sopravviventi oltre i 5 anni almeno il 20% dei pazienti trattati con questa strategia innovativa, che si possa rendere lungo-sopravviventi anche i soggetti affetti da melanoma trattati con Zelboraf-Vemurafenib. Circa il 40% dei pazienti affetti da melanoma metastatico che vediamo presso il nostro Centro di Siena viene trattato con questo farmaco.”
Zelboraf -Vemurafenib, è in grado di agire rapidamente anche in presenza di un volume tumorale importante?
“Sì, proprio per la sua capacità di agire molto velocemente nel controllare la malattia, anche in poche settimane in alcuni casi, rappresenta il trattamento ideale da utilizzare quando il melanoma avanza molto rapidamente ed il paziente è sintomatico”.
La somministrazione ha una tempistica? E quali sono gli effetti collaterali?
“Al contrario della chemioterapia, può essere utilizzato per periodi lunghi e senza interruzione. Dal punto di vista sia psicologico che pratico, ha il vantaggio di essere un farmaco in compresse che non necessita, quindi, di frequenti terapie endovenose come accade per molti farmaci chemioterapici convenzionali. Il farmaco è in genere abbastanza ben tollerato, ci sono alcuni effetti collaterali, quali ad esempio la fotosensibilizzazione, per cui i pazienti devono evitare esposizioni anche brevi alla luce solare diretta, eruzioni cutanee e, molto più raramente, l’insorgenza di nuovi melanomi primitivi o di altri tumori cutanei. Proprio per questo, è buona norma che i pazienti che assumono il farmaco siano seguiti in modo sistematico anche da un dermatologo”.
Qual è la reazione del paziente?
“Grazie all’informazione, in molti casi i pazienti arrivano al nostro Centro consapevoli di essere in una struttura all’avanguardia in cui sono disponibili sperimentazioni cliniche con nuovi farmaci, potenzialmente più efficaci di quelli già in commercio, non solo nel melanoma ma anche in molti altri tipi di tumori solidi”.
Grazie alla ricerca e alla prevenzione, con maggiori campagne di screening si sta riuscendo a sconfiggere questo brutto male?
“La prevenzione è importante e deve essere fatta anche attraverso un corretto stile di vita, ma l’altro aspetto fondamentale è avere a disposizione farmaci che ci consentano un trattamento sempre più efficace quando la malattia non è più aggredibile con la sola chirurgia. Questo può avvenire esclusivamente attraverso la ricerca, che ci fornisce sempre una maggiore frequenza tali strumenti. Siamo peraltro orgogliosi che l’Italia abbia partecipato molto attivamente alle sperimentazioni cliniche internazionali su questo farmaco, ma anche su molti altri che abbiamo oggi disponibili per i nostri pazienti oncologici. Nel nostro Centro di Siena abbiamo ogni anno circa 300 nuovi pazienti con diagnosi da melanoma e ci sono in atto sperimentazioni, tutte italiane, che ci permetteranno di raggiungere nuovi traguardi, con particolare riguardo all’aumento dei pazienti che diventano lungo-sopravviventi e con una qualità di vita molto buona”.
Vemurafenib sta dando grandi risultati grazie appunto ad un’altra conquista del mondo della ricerca per la lotta contro il cancro, che ha visto l’Italia parte attiva della scoperta. Lo scorso anno in nostro Paese ha anche aderito al Piano di Azione Globale contro le malattie croniche dell’OMS che ha, tra gli altri obiettivi, quello di ridurre del 25% il tasso di mortalità precoce dovuta a tumori, diabete, malattie cardiovascolari e respiratorie croniche.
Mutua MBA, ricorda inoltre che ogni anno, il 4 febbraio si celebra la giornata alla lotta contro il cancro organizzata dalla UNION INTERNATIONAL CANCER CONTROL, con l’obiettivo di focalizzare gli interventi necessari per prevenire, curare e gestire le neoplasie.