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La Cina aumenta gli aiuti medici in tutta l’Africa

8 Aprile 2018

Il supporto medico cinese in Africa sta aumentando vertiginosamente. È la conclusione a cui è arrivato il Pew Research Center, un think tank statunitense con sede a Washington che fornisce informazioni riguardo i problemi sociali e gli andamenti demografici sugli Stati Uniti ed il mondo in generale.

Questa sorta di aiuto umanitario cinese nei confronti del continente africano risale a tanti anni fa, quando nel 1963 la Cina inviò 100 operatori sanitari ad assistere l’Algeria dopo aver ottenuto l’indipendenza dalla Francia.

Il livello di coinvolgimento è aumentato negli ultimi dieci anni sempre di più. Nel 2006, al terzo Forum sulla cooperazione Cina-Africa (FOCAC) tenutosi a Pechino, i funzionari cinesi ed africani hanno introdotto misure per ampliare la cooperazione bilaterale, comprese le cure mediche e la salute pubblica. I cinesi hanno speso circa 35 milioni di dollari in progetti sanitari in Africa nel 2006 e nel 2014 ne hanno erogato altri 150 milioni.

I partiti cinesi costruiscono strutture sanitarie, donano forniture, finanziano fondi e formano del personale qualificato. Tuttavia, sebbene il governo federale cinese fornisca sostegno, i progetti concreti vengono realizzati a livello locale. La Cina usa un modello particolare definito in inglese province to country, ovvero le singole province forniscono aiuti a uno o più paesi africani gemellati. Di conseguenza, i livelli di aiuto ai paesi africani variano in base all’interesse provinciale. Ad esempio, molti progetti avvitati in Uganda e Tanzania sono coperti rispettivamente dalla provincia dello Yunnan e dello Shandong, e nessuna provincia è responsabile per la situazione in l’Egitto.

Una malattia che i cinesi stanno cercando particolarmente di ridurre è la malaria progettando e costruendo svariati centri dediti alla cura e la prevenzione di questa parassitosi. Infatti, nel corso degli anni la Cina ha donato più di 200 milioni di farmaci a 35 paesi africani e la farmacista Tu Youyou vinse il premio Nobel per la medicina nel 2015 grazie alla scoperta di un possibile trattamento contro la malaria. Inoltre, La Cina ha cercato di emarginare altre emergenze mediche come quella dell’Ebola. In risposta, la Cina ha inviato oltre 1.000 professionisti medici in Africa occidentale fornendo 750 milioni di aiuti.

Le aziende farmaceutiche cinesi sono quelle che si stanno sviluppando maggiormente, anche se le sfide sono ancora tante perché può succedere che, in alcuni periodi dell’anno, alcuni paesi africani sono soggetti ad una forte carenza di farmaci e i più bisognosi accettano il dolore usando l’acqua salata come disinfettante. Altre problematiche e considerazioni contrarie riguardano:

  • La lingua: circa 2.000 lingue sono parlate in tutta l’Africa, ma la lingua inglese non viene ancora capita e parlata del tutto. Alcuni medici cinesi dichiarano di aver avuto diverse difficoltà a parlare con i pazienti anziani, molti dei quali non parlano inglese. Per tale motivo hanno fatto affidamento sulle generazioni più giovani.
  • Le differenze culturali: ad esempio, in contrasto con la popolazione cinese molti cittadini dello Zimbabwe considerano le afflizioni e gli esiti come la volontà di Dio. A loro parere, i medici sono semplicemente degli intermediari con il compito di fornire assistenza.
  • Le strade ed il traffico che non sempre permettono di raggiungere le strutture sanitarie in tempo.
  • Gli aiuti cinesi motivati ​​politicamente o finanziariamente diversamente dagli aiuti statunitensi considerati, a volte, più trasparenti.

In realtà, la Cina adotta esplicitamente un approccio non interferenziale. Al vertice Cina-Africa 2015, il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato: “L’Africa appartiene al popolo africano e gli affari africani dovrebbero essere gestiti dal popolo africano”.

Nonostante ciò, la Repubblica Popolare Cinese vuole cercare innanzitutto di risolvere il problema della salute pubblica africana e ciò può generare un forte sviluppo economico da entrambi le parti.

Tags: Africa, aiuti umanitari, assistenza sanitaria, cina
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Beatrice Casella
Beatrice Casella
Laureata in economia internazionale e dello sviluppo, si è sempre appassionata del settore sanitario. Il tema della tesi di laurea triennale ha riguardato il tasso di mortalità infantile in Tanzania (paese dove ha vissuto alcuni anni). Per il suo master's degree si è concentrata sull'incidenza della politica e dell'economia nel garantire una salute globale. Praticante giornalista, ha lavorato a Milano con il Gruppo editoriale L'Espresso e attualmente lavora come Research Analyst per una società che si occupa di costruzioni sostenibili.

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