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Clamidia: manifestazioni e conseguenze

16 Ottobre 2018
virus

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La clamidia è un’infezione sessualmente trasmissibile tra le più comuni.

E’ provocata da un batterio intracellulare obbligato, chiamato Chlamydia trachomatis, la cui tassonomia è tutt’ora in corso di revisione.

Anche se le manifestazioni sintomatiche sono molto leggere, tanto da non essere spesso riconosciute dagli individui che ne sono colpite, le conseguenze a carico dell’apparato riproduttivo, specie femminile, possono essere molto gravi.

Nella maggior parte dei casi infatti, l’infezione colpisce le donne, in particolare dal 10 al 40% delle donne con infezione non trattata sviluppano la malattia infiammatoria pelvica, riconosciuta anche come pelvic inflammatory disease, PID, che può condurre anche alla sterilità.

Nel sesso maschile invece, l’infezione può interessare l’epididimo causando dolore e febbre.

Il danno permanente sembra meno probabile, anche se negli ultimi anni alcuni studi americani indicano un nesso probabile tra l’infezione da clamidia negli uomini e sterilità. Le conseguenze più serie sembrerebbero essere rare, come la sindrome di Reiter, una forma di artrite sieronegativa seguita da lesioni epidermiche e infiammazione agli occhi e all’uretra.

La clamidia si trasmette, il più delle volte, attraverso i rapporti sessuali di ogni tipo, quindi vaginali, anali e orali. Una donna gravida infetta può, durante il parto, trasmettere al neonato l’infezione, che si manifesta come un’infiammazione agli occhi e all’apparato respiratorio. La clamidia è, infatti, una delle prime cause di congiuntivite e di polmonite nei neonati.

La malattia in questione è asintomatica nella grande maggioranza dei soggetti infettati, si stima oltre il 70% delle donne e il 50% degli uomini.

Le manifestazioni cliniche compaiono dopo una-tre settimane dall’infezione. Nelle donne, il batterio infetta la cervice e l’uretra, determinando perdite vaginali anomale o una sgradevole sensazione di irritazione. L’infezione si espande in forma settica, causando in alcune persone dolori addominali al basso ventre, alla schiena e anche nausea, febbre e perdite ematiche anche al di fuori del ciclo mestruale.

Negli uomini, i sintomi possono presentarsi con secrezioni e numerose sensazioni di irritazione e prurito. Raramente, si verificano infiammazioni, ingrossamenti e forti dolori ai testicoli. Se trasmessa attraverso un rapporto anale, la clamidia può infettare il retto e provocare dolori, perdite e sanguinamenti. Se trasmessa attraverso un rapporto orale, può infettare la gola.

Nella sindrome di Reiter tipica, si sviluppa un’uretrite non batterica 7-14 giorni dopo un contatto sessuale; all’uretrite seguono, dopo alcune settimane, una febbre modesta, la congiuntivite e l’artrite. Sono frequenti forme incomplete della sindrome. L’artrite può essere lieve o grave. La sindrome di Reiter si risolve, in genere, in alcuni mesi, ma in circa la metà dei pazienti sono possibili per diversi anni episodi ricorrenti, transitori o prolungati, di artrite o di altre manifestazioni della sindrome, talvolta con esiti in deformità e anchilosi.

La clamidia viene diagnosticata attraverso un esame di laboratorio che può essere effettuato su due differenti tipologie di materiale: prelievo da tessuti infetti, tipicamente il tampone vaginale, campione delle urine. Al fine di rispondere alle necessità di una diagnosi rapida e all’esigenza di iniziare rapidamente un trattamento in caso di sospetto clinico, sono stati sviluppati alcuni test rapidi. Oltre al soggetto interessato, è opportuno che anche tutti i partner sessuali vengano testati per la presenza del batterio.

Se non trattata, l’infezione può peggiorare drasticamente causando conseguenze sia a breve che a lungo termine. Nelle femmine, la manifestazione più tipica dell’infezione è l’infiammazione pelvica, ovvero il coinvolgimento di tube, utero e tessuti circostanti e il processo di riparazione cicatriziale post infettivo, può comportare un danno permanente con dolenze croniche, infertilità e possibilità di gravidanze extrauterine. Inoltre, le donne affette da clamidia hanno una probabilità di rischio di contrarre il virus dell’HIV cinque volte più alta.

Date le possibili conseguenze derivanti da un’infezione silenziosa, viene raccomandata una prassi preventiva con screening annuale per tutte le donne sessualmente attive sotto i 25 anni di età, o per le donne di tutte le età che mutino frequentemente partner sessuali, e per tutte le donne in stato di gravidanza.

Ad oggi non è stato ancora sviluppato un vaccino. Tuttavia, data la natura batterica dell’infezione, la clamidia è trattabile con antibiotici, tra cui azitromicina, tetraciclina, eritromicina e chinolone.

In gravidanza sono indicate amoxicillina, eritromicina o clindamicina.

Tags: cause, clamidia, conseguenze, diagnosi
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Beatrice Casella
Beatrice Casella
Laureata in economia internazionale e dello sviluppo, si è sempre appassionata del settore sanitario. Il tema della tesi di laurea triennale ha riguardato il tasso di mortalità infantile in Tanzania (paese dove ha vissuto alcuni anni). Per il suo master's degree si è concentrata sull'incidenza della politica e dell'economia nel garantire una salute globale. Praticante giornalista, ha lavorato a Milano con il Gruppo editoriale L'Espresso e attualmente lavora come Research Analyst per una società che si occupa di costruzioni sostenibili.

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