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Coronavirus: la robotica come strumento per combattere la diffusione dell’epidemia

26 Marzo 2020

Da settimane stiamo assistendo ad una vera crisi sanitaria, soprattutto in Italia, causata dall’emergenza Covid19. I medici e gli operatori sono sempre di più impegnati in prima linea per fronteggiare la diffusione del virus e spesso senza sufficienti dispositivi di protezione individuale (DIP) con il rischio, purtroppo confermato dai fatti, di contagio e di ulteriore diffusione del virus.

In questo scenario uno strumento efficace in grado di combattere le epidemie come il Covid19 e garantire la funzionalità del sistema sanitario e la salute dei suoi operatori potrebbe essere la robotica. La presenza di sistemi robotici in supporto agli operatori umani può essere un gran vantaggio: i robot, non temendo il virus e le sue conseguenze, possono ridurre i rischi e il carico di lavoro del personale, svolgendo alcuni compiti semplici ma gravosi.

Alcune soluzioni arrivano dallo studio Combating COVID-19 — The role of robotics in managing public health and infectious diseases” pubblicato come Editoriale sulla rivista Science Robotics che propone una nuova prospettiva. Tredici studiosi di robotica di fama internazionale – tra i quali Paolo Dario, docente dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e delegato della rettrice Sabina Nuti alla terza missione – spiegano come la robotica può combattere non soltanto il Covid-19, ma anche altri virus (ed emergenze) che potrebbero ripresentarsi in un futuro anche non lontano. “La situazione drammatica che stiamo vivendo in queste settimane – afferma Paolo Dario –  rende evidente, e ci deve far riflettere su quanto operazioni svolte o assistite dai robot potrebbero essere utili. Si tratta di agire e di mettere in azione tutto quello che nel nostro Paese, ma anche in Europa, è stato fatto e preparato: eccellenza nella ricerca e nella formazione di giovani ricercatori; applicazioni di avanguardia; industrie attive e presenti sul mercato; una comunità vasta, interconnessa a livello nazionale e internazionale, e fortemente motivata a intervenire. Più che mai in questo momento la ricerca scientifica, la formazione di qualità e la capacità di tradurre tutto questo in applicazioni si dimostrano asset fondamentali, e la Scuola Superiore Sant’Anna è impegnata con tutte le sue risorse per garantire il proprio contributo. Come è pronto a fare l’intero sistema delle università e delle istituzioni di ricerca italiane. In particolare noi – sottolinea Paolo Dario – assieme a molti colleghi e a gruppi italiani di grandissima qualità e di elevata reputazione internazionale in robotica, portiamo avanti questa visione e questa strategia da oltre 30 anni. E ora siamo pronti ad attivarci, anche subito”.

In quali ambiti la robotica può avere una funzione strategica? In quello che riguarda l’assistenza clinica (per esempio, nella telemedicina e nella decontaminazione); in quello logistico (per esempio, nella gestione dei rifiuti, anche contaminati), e nella sicurezza (per esempio, per il controllo su chi è chiamato a rispettare le quarantene volontarie). La pandemia dovuta al Covid-19 ne ha introdotto un altro: la continuità del lavoro e il mantenimento delle funzioni sociali ed economiche anche in situazioni di grave emergenza. Per ognuno di questi ambiti, la robotica offre soluzioni innovative. Se ci si concentra per esempio, sul primo ambito, l’assistenza clinica, che appare il problema più stringente in questo periodo, la robotica può intervenire in aree specifiche quali la prevenzione, la diagnosi e lo screening, oltre che nella cura del paziente.

In Cina, nel corso della battaglia che è stata combattuta a tutto campo contro la diffusione del COVID-19, sono già state sperimentate applicazioni in cui dei robot svolgono compiti di ausilio all’uomo, come ad esempio lo screening mediante termometri o telecamere a infrarossi, la disinfezione di superfici, la consegna di pasti e medicine a persone anziane o in isolamento. In Spagna, per combattere l’emergenza, sono in corso di impiego robot per accelerare gli esami di laboratorio sui tamponi. Tutto questo non va a sostituire il lavoro umano, ma a integrarlo, consentendo al personale medico, paramedico e socio-sanitario di concentrarsi su compiti più delicati e impegnativi, oltre a ridurre molti dei rischi che altrimenti correrebbe.

Bisogna inoltre sottolineare che i robot non soltanto processano informazioni e dati, ma sono soprattutto macchine capaci di agire, muoversi, manipolare, sollevare pesi, trasportare, e molto altro. È questo che serve in possibili analoghe emergenze future o, semplicemente, per razionalizzare molti servizi sanitari, in modo da ottimizzare l’uso delle risorse umane e finanziarie, migliorando nel contempo la qualità e l’efficacia di alcuni di questi servizi. Una sfida nevralgica, quindi, per costruire – insieme, ovviamente, alla ricerca biologica e medica – una società del futuro più sicura e meno soggetta ai rischi che porranno possibili pandemie future, in cui l’Italia è pronta a svolgere un ruolo centrale grazie alle idee e al lavoro di molti scienziati che hanno permesso al nostro Paese di essere riconosciuto come uno dei leader mondiali della robotica.

 

Tags: coronavirus, ricerca, robotica
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Nicoletta Mele
Nicoletta Mele
Laureata in Scienze Politiche e dal 2001 è iscritta all’Ordine dei Giornalisti del Lazio. Ha collaborato con diverse testate giornalistiche e uffici stampa. Dopo aver conseguito il Master in Gestione e Marketing di imprese in TV digitale, ha lavorato per 12 anni in Rai, occupandosi di programmi di servizio e intrattenimento. Successivamente, ha ampliato le sue competenze specializzandosi con il Master in Marketing & Communication Management presso 24ORE Business School. Dal 2017 è Direttore Responsabile di Health Online, periodico di informazione dedicato alla Sanità Integrativa.

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