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Covid-19: problemi persistenti al gusto e olfatto per 27 milioni di persone nel mondo
Ricordare momenti felici di vita vissuta legati a odori e sapori per recuperare i due sensi
Le alterazioni dell’olfatto e del gusto sono tra i sintomi che più hanno contraddistinto la malattia da Covid-19. Soffrire di anosmia (deficit di olfatto) e ageusia (deficit di gusto) può incidere profondamente sulla qualità della vita.
Sono 27 milioni di persone nel mondo che hanno sviluppato problemi persistenti all’olfatto e al gusto a causa del Covid-19 ed è possibile che una parte di essi non recupererà a pieno i due sensi. È quanto emerge da una ricerca coordinata dalla National University of Singapore e pubblicata sul British Medical Journal.
Nello studio sono state analizzate congiuntamente 18 ricerche per un totale di circa 3.700 pazienti presi in considerazione. Utilizzando una tecnica matematica per stimare i tassi di recupero dell’olfatto e del gusto auto-riferiti e identificare i fattori chiave associati alla durata e alla probabilità di guarigione, i ricercatori hanno scoperto che la perdita dell’olfatto può persistere nel 5,6% dei pazienti, mentre il 4,4% potrebbe non recuperare il senso del gusto. A 30 giorni dall’infezione iniziale, solo il 74% dei pazienti ha riferito di aver recuperato l’olfatto e il 79% dei pazienti ha riportato di aver recuperato il gusto. I tassi di recupero aumentavano col passare dei mesi, raggiungendo un picco del 96% per l’olfatto e del 98% per il gusto dopo 6 mesi. I ricercatori calcolano che se si considera che a oggi 550 milioni di persone nel mondo hanno avuto Covid e che la metà di essi ha sofferto di questi disturbi, ciò “si traduce rispettivamente in oltre 15 e 12 milioni di pazienti con disfunzioni dell’olfatto e del gusto”. A correre maggiori rischi di non guarire completamente sono soprattutto le donne, i pazienti in cui i disturbi sono fin dall’inizio più severi e quelli che soffrono abitualmente di congestione nasale.
I ricercatori affermano che, mentre la maggior parte dei pazienti dovrebbe recuperare l’olfatto o il gusto entro i primi tre mesi, “un gruppo importante potrebbe sviluppare una disfunzione di lunga durata che richiede un’identificazione tempestiva, un trattamento personalizzato e un follow-up a lungo termine”. E questo potrebbe avere una rilevanza per i medici di famiglia e gli otorinolaringoiatri che si occupano di loro.
“I sistemi sanitari dovrebbero essere pronti a fornire supporto a questi pazienti che spesso riferiscono di sentirsi isolati quando i loro sintomi sono trascurati dai medici”, scrivono in un editoriale a corredo dello studio tre ricercatori italiani: Paolo Boscolo-Rizzo dell’Università di Trieste, Jerry Polesel del CRO di Aviano e Luigi Angelo Vaira dell’Università di Sassari.
“Il training olfattivo, iniziato il prima possibile dopo l’esordio dei sintomi, è l’unico intervento specifico con evidenza di efficacia”, hanno sottolineato. Un numero crescente di centri, sia in Italia sia all’estero, ha iniziato a usare questo approccio. Ma con questi dati è una goccia nel mare: è necessario “allocare risorse adeguate a supportare la ricerca – hanno concluso – e sostenere i medici specialisti di fronte a un numero eccezionale di pazienti con disfunzioni dell’olfatto e del gusto”.
Nuovo approccio per recuperare sapori e odori
Da uno studio coordinato dalla professoressa Arianna Di Stadio, ricercatore onorario presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del UCL Queen Square Neurology di Londra, docente di Neuroscienze all’Università di Perugia, è emerso che c’è una connessione tra la perdita di memoria e anosmia e ageusia nella sindrome del Long Covid. Ricordare momenti felici di vita vissuta, legati a odori e sapori, può aiutare a recuperare olfatto e gusto dopo la malattia da Covid-19.
Quando si perde la memoria si dimenticano anche gli odori e i sapori. Se, infatti, in primo luogo, la ricerca riconduce lo stato di nebbia cerebrale e la perdita di olfatto e gusto ad una neuroinfiammazione causata dall’impatto del virus sul sistema nervoso centrale, i sapori e gli odori possono essere ritrovati lavorando anche sull’aspetto emotivo: “Sono molti i ricordi legati a forti emozioni e molti di questi ci riportano alla mente certi odori e sapori. Recuperando i ricordi positivi collegati, si possono ritrovare quegli odori e quei sapori”, afferma l’esperta.
Lavorare dunque sull’aspetto emotivo può aiutare a recuperare sapori e odori.
Lo studio – che si è basato sui dati raccolti dall’Ospedale San Giovanni di Roma, dall’Università di Tor Vergata e dall’ Ospedale di Fano – ha coinvolto 151 pazienti (102 donne e 49 uomini) non ospedalizzati con disturbi dell’olfatto persistenti (almeno 5 mesi) correlati al Covid-19. La nebbia cerebrale o ‘brain fog’ era presente nel 60% dei pazienti con anosmia, la cefalea nel 61,8%. In entrambi i casi si tratta di popolazione Long Covid.
“Il nostro studio ha identificato una correlazione tra nebbia cerebrale, brain fog, e anosmia e a supposto che l’alterazione della memoria possa avere un impatto negativo sulla capacità olfattiva – spiega la professoressa Di Stadio – Il Covid presenta un’ampia gamma di manifestazioni cliniche e durata dei sintomi. Il virus attraverso il naso può diffondersi sia all’encefalo che al resto del corpo determinando appunto una patologia multiorgano. In particolare, l’infezione dell’encefalo è responsabile di sintomi come anosmia, problemi di memoria e nebbia cerebrale ed altri sintomi neurologici che, se persistenti, sono annoverati nella cosiddetta sindrome long Covid”. “Nello studio – aggiunge – abbiamo analizzato la prevalenza del deficit di memoria in una corte di pazienti con disturbi olfattivi e abbiamo osservato come per il 60% erano affetti da nebbia cerebrale e per il 61,8% da mal di testa. Da un lato il bulbo olfattivo, area di ingresso del virus nel cervello, potrebbe aver aumentato la suscettibilità all’infiammazione, mentre un’infiammazione più diffusa del cervello provoca la nebbia cerebrale. Dall’altro i pazienti con nebbia cerebrale hanno maggiori difficoltà a ricordare correttamente gli odori. Dunque, sia la nebbia cerebrale sia la perdita di olfatto possono derivare dalla diffusione del virus nelle aree della memoria dove risiede la funzione cognitiva ed essere manifestazioni di neuroinfiammazione diffusa”. “La neuroinfiammazione Sars-Cov-2 è potenzialmente un percorso comune, che potrebbe spiegare il mal di testa persistente e la nebbia cerebrale in associazione con l’anosmia – afferma ancora l’esperta – I trattamenti farmacologici per ridurre la neuroinfiammazione potrebbero, dunque, avere un ruolo nel ridurre la sofferenza del mal di testa e della nebbia cerebrale e nel promuovere il recupero della funzione olfattiva. In particolare, PEALut (palmitoiletanolamide co-ultramicronizzata con Luteolina), un ultramicrocomposito antineurofiammatorio e insieme antiossidante, in grado di riparare il danno neuronale, è promettente per alleviare i sintomi neurocognitivi e promuovere il recupero olfattivo come dimostrato dallo studio pubblicato su European Review of Medical and Pharmacological Science. La molecola è, infatti, in grado di intervenire sul processo neuroinfiammatorio modulando l’azione delle cellule non-neuronali e l’effetto dello stress ossidativo grazie all’azione antiossidante della luteolina”.