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Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività: diagnosi e cura
Dr. Iannone, può darci una prima definizione di ADHD?
Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da un persistente stato di disattenzione, o iperattività/impulsività, o da una combinazione di queste, che interferisce con il funzionamento dello sviluppo. Nel sottotipo con disattenzione predominante, il bambino è facilmente distratto da stimoli esterni e fatica a prestare o mantenere l’attenzione. Altri sintomi sono la difficoltà nell’organizzazione dei compiti, la sbadataggine, il disordine, la perdita del materiale scolastico, gli errori di distrazione. Il bambino non sembra ascoltare quando gli si parla e non segue le istruzioni, né riesce a portare a termine i compiti di scuola o le altre attività. Nel sottotipo con impulsività/iperattività predominante, invece, il bambino è spesso incapace di giocare tranquillamente, scorrazza e salta, anche in situazioni in cui si dovrebbe rimanere seduti, come a scuola. Parla troppo e spesso spara una risposta prima che la domanda sia stata completata, tende a interrompere gli altri e ha difficoltà nell’attendere il proprio turno, per esempio quando deve mettersi in fila. Utilizza le cose degli altri senza chiedere né ricevere il permesso, risultando così invadente. Affinché possa essere fatta diagnosi di ADHD, i sintomi di entrambi i sottotipi, che possono manifestarsi separatamente o insieme, devono comparire già prima dei 12 anni, persistere da almeno 6 mesi, in almeno due contesti (per esempio a casa e a scuola), e devono interferire o ridurre la qualità del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo della persona.
L’ADHD si associa a prestazioni e risultati scolastici o lavorativi ridotti, a rifiuto sociale e a elevata conflittualità interpersonale. Il 70% dei soggetti con ADHD poi ha almeno un altro disturbo psicopatologico associato (disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo della condotta, disturbi d’ansia, disturbi specifici di apprendimento, disturbi dell’umore, tic motori e/o vocali, disturbo ossessivo-compulsivo). I bambini con ADHD che sviluppano un disturbo oppositivo-provocatorio o un disturbo della condotta nell’adolescenza e un disturbo antisociale di personalità in età adulta, hanno maggiore probabilità di sviluppare disturbi da uso di sostanze e di andare in carcere in età adulta.
Esistono test per diagnosticare l´ADHD?
Ad oggi non esistono test diagnostici specifici per l’ADHD. La diagnosi è essenzialmente clinica e comprende un esame medico generale, l’esame psichico, l’esame neurologico, la valutazione del livello cognitivo e della presenza di eventuali patologie associate (sia neuropsichiatriche che mediche generali). L’osservazione clinica e la raccolta di informazioni da fonti multiple (bambino, genitori, fratelli/sorelle, parenti, insegnanti, ecc.). possono essere accompagnate da test neuropsicologici, questionari o scale, per valutare la severità e seguire l’andamento del disturbo.
Quali sono i principali fattori di rischio per l´ADHD?
Fattori temperamentali di rischio per il disturbo sono la difficoltà di autocontrollo/auto contenimento, emotività negativa e/o un’elevata ricerca della novità, con bassa tolleranza alla frustrazione e irritabilità. Fattori ambientali di rischio sono invece un peso alla nascita molto basso (<1500 grammi), assunzione di fumo e/o alcol in gravidanza da parte della madre, abuso e/o trascuratezza durante l’infanzia.
Quanto è frequente l´ADHD nei bambini e negli adulti?
La prevalenza del disturbo è del 5% nei bambini, con una frequenza doppia nei maschi rispetto alle femmine, e del 2,5% negli adulti, con una frequenza di una volta e mezzo nei maschi rispetto alle femmine.
Esiste una cura per l´ADHD?
La Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e ha recentemente divulgato le linee guida per il trattamento dell´ADHD. Nonostante gli psicostimolanti siano considerati “la terapia più efficace per bambini, adolescenti e adulti con ADHD”, nella sostanza della pratica clinica questi farmaci non curano il disturbo, ma si limitano diminuire, ma solo nel breve termine, la frequenza e l’intensità dei sintomi cardine del disturbo (disattenzione, iperattività e impulsività). Oggi sappiamo che l´ADHD si presenta spesso in comorbilità con altre neuropsicopatologie, come i disturbi della condotta, dell’apprendimento, e con deficit funzionali quali sintomi di oppositività, aggressività, ansia, deficit nelle abilità sociali e di relazione con i genitori, i fratelli, gli insegnanti o i coetanei. Sono quindi opportune forme di sostegno psicologico per fornire quelle specifiche competenze necessarie per affrontare i problemi. Per esempio un intervento di tipo psicosociale e psicoeducativo, centrato sulla famiglia, sul parent training, sulla scuola (training per gli insegnanti) e sul bambino, può consentire di gestire efficacemente le relazioni interpersonali, diminuire i comportamenti inadeguati, migliorare l’apprendimento scolastico, aumentare il senso di autostima e l’autonomia nei vari ambiti della vita sociale, e migliorare la qualità della vita, anche attraverso la comprensione e l’accettabilità sociale del disturbo.