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Earth Day Italia. Nel 2050 ci saranno circa 250 milioni profughi climatici
Una delle questioni che oggi pesa di più sulle coscienze dei Capi di Stato e dunque delle potenze politico-commerciali di tutto il mondo è il dramma dei migranti, e cioè di uomini, donne e bambini che abbandonano le proprie terre d’origine alla ricerca di una vita migliore in un’altra regione del pianeta. Oggi, tuttavia, ciò che sorprende è proprio l’esistenza di una “classe” particolare di migranti, i cosiddetti “profughi climatici”, vale a dire tutte quelle persone che sono in movimento e che non possono più vivere nel territorio in cui sono nate e cresciute a causa di condizioni climatiche del tutto avverse. Stando alla denuncia dell’Internal Displacement Monitoring Agency nel 2050 saranno circa 250 milioni e interesseranno maggiormente i Paesi più poveri del mondo travolti da guerre civili e conflitti sanguinari esplosi anni fa per ragioni di carattere economico o religioso. Come ha dichiarato nel 2011 Ban Ki-Moon, ex segretario generale delle Nazioni Unite, «il cambiamento climatico è una “miscela diabolica” che potrebbe creare pericolosi vuoti di sicurezza (…) una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale».
Negli ultimi anni, proprio a causa di queste alterazioni e delle susseguenti drammatiche condizioni ambientali, sono aumentate le migrazioni forzate di intere fette di popolazioni nel mondo.
Non è certo facile quantificare il fenomeno degli esseri umani costretti a spostarsi a causa del cambiamento climatico. Si calcola che dal 2008 al 2014, oltre 157 milioni di persone abbiano dovuto spostarsi per eventi meteorologici estremi.
Le emergenze umanitarie causate da disastri naturali, molto spesso di naturale non hanno nulla. Si pensi ad esempio alla situazione che sta affrontando in Sud Sudan dove centinaia di migliaia di persone sono state colpite da una grave carestia e oltre un milione di esse è dovuto fuggire tra la fine del 2016 e questi primi mesi del 2017. Stando ai dati forniti da diverse fonti governative, inoltre, alla base di questo impellente fenomeno c’è l’impossibilità di allevatori, coltivatori, contadini, di occuparsi del bestiame e delle terre in quanto non accessibili per via del conflitto in corso tra truppe governative e ribelli, non per l’aridità del terreno.
Diversa invece è la situazione riguardante il Delta del Niger dove a causa di sversamenti petroliferi dei pozzi gestiti da compagnie occidentali, intere fette di popolazione sono state costrette a lasciare le proprie case o sono morte; quelli legati al fenomeno del cosiddetto Land Grabbing (accaparramento della terra per interessi economici ad opera di Stati e multinazionali). Esistono anche situazioni di conflitto, in apparenza estranee a motivi ambientali, che nascondono in realtà origini strettamente connesse ai cambiamenti climatici in atto. Questo è il caso della Siria oggi interessata da una grave siccità che ha reso terreni fertili un tempo veri e propri deserti causando gravi problemi al sistema agricolo.
In vista della Giornata Mondiale della Terra 2017 Earth Day Italia e il Movimento dei Focolari si sono soffermati su questa problematica dei tempi odierni: cambiamenti climatici, conflitti e Migrazioni Forzate. “La battaglia per la conservazione dell’ambiente – ha spiegato Pierluigi Sassi, Presidente di Earth Day Italia – non avrebbe senso se non fosse primariamente una lotta per l’uomo, in particolare l’uomo più fragile, più a rischio, quello che subisce drammaticamente sulla propria pelle gli effetti dei cambiamenti climatici. La nostra organizzazione ha fortemente voluto porre all’attenzione di tutti il tema degli ecoprofughi e ribadire che il modo migliore per celebrare la Giornata Mondiale della Terra è avere coscienza dei rischi che stiamo correndo e intraprendere azioni concrete personali e comuni perché il mondo sia più vivibile, a partire dalle popolazioni più vulnerabili”. “Il fenomeno degli ecoprofughi – ha inoltre dichiarato Antonia Testa, co-responsabile del Movimento dei Focolari di Roma – penso richiami da vicino quanto Papa Francesco esprime quando parla di “ecologia integrale”, cioè l’importanza di riportare al centro dell’attenzione la persona. Ci si prende davvero cura del creato, dell’ambiente, se ci si prende cura degli uomini e delle donne che lo abitano, se la loro dignità viene difesa e promossa, sei i loro diritti fondamentali vengono riconosciuti. Lavorare in questa direzione vuol dire lavorare per la pace e questo, direi, è il modo più alto, più nobile di custodire la nostra Terra”.