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Epatite B: uno studio della medicina metabolica apre nuove strade terapeutiche
L’Italia ancora una volta si conferma una eccellenza internazionale nel campo della ricerca.
I risultati di un nuovo studio della Medicina Metabolica, pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine che ha visto la partecipazione di due centri italiani quello di Modena e l’Ospedale Sacco di Milano, apre nuove strade terapeutiche per i pazienti affetti da epatite B.
Lo studio ha riguardato l’utilizzo di BEPIROVIRSEN, un nuovo farmaco appartenente alla classe degli oligonucleotidi antisenso, in soggetti affetti da epatite cronica B in terapia o meno con antivirali. I farmaci antivirali hanno già ottenuto ottimi risultati sull’epatite C e ora vengono testati sull’epatite B e virus Delta, che è difettivo, nel senso che necessita del virus B per riprodursi e infettare.
Lo studio ha analizzato 457 pazienti, reclutati in 123 centri in 22 stati. La Medicina Metabolica dell’Ospedale Civile ha contribuito per 7 pazienti, 4 dei quali sono risultati idonei per lo studio.
“Gli oligonucleotidi antisenso sono una nuova classe di molecole in grado di “frammentare” gli RNA virali evitando la produzione di nuove proteine e quindi l’assemblaggio di nuovi virus – spiega il prof. Pietro Andreone – I risultati di questo studio sono davvero incoraggianti. Il 10% degli ammalati è riuscito ad ottenere la eliminazione della proteina HBsAg, che è la principale responsabile dello squilibrio immunologico che causa la cronicizzazione dell’infezione. Un risultato impensabile sino a qualche anno fa, che dovrà essere confermato su un numero più ampio di pazienti”.
Epatite B
L’epatite cronica B è una malattia infettiva che interessa il fegato e ne provoca l’infiammazione. L’agente responsabile è un virus, chiamato virus dell’epatite B (HBV), che presenta un pronunciato tropismo per il fegato: una volta penetrato nell’organismo, il virus raggiunge gli epatociti dove avviene l’attività replicativa; tuttavia, HBV è in grado di infettare in misura minore anche organi come rene, milza e leucociti.
Il virus dell’epatite è più comunemente trasmesso attraverso il contatto con sangue o altri fluidi corporei (liquido seminale, fluido vaginale), nonché da madre a figlio durante il parto.
Per quanto riguarda l’epatite B in Italia abbiamo una bassa prevalenza di infezioni grazie alla introduzione della vaccinazione agli inizi degli anni ’90. Tale infezione cronica, comunque, affligge circa lo 0,5% della popolazione italiana ma è molto più frequente negli immigrati che giungono dall’Africa, dall’Asia e dalle regioni dell’Europa orientale.
I farmaci che oggi abbiamo disponibili sono degli antivirali molto efficaci e ben tollerati, l’entecavir e il tenofovir, ma hanno l’inconveniente che nella maggior parte dei pazienti il trattamento è per un periodo indefinito.
“Se i risultati del nostro studio saranno confermati in una platea più ampia di pazienti, allora saremo davvero vicini a una terapia che consenta la sospensione dell’antivirale e la guarigione dall’epatite”. Ha concluso il prof. Andreone.