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Femminicidio: quando il peggior nemico è dentro casa
“Ho ancora paura di mio marito per il suo carattere violento e aggressivo”. Chi non ricorda le parole di Antonietta Gargiulo, la donna di Cisterna di Latina, alla vigilia della strage compiuta per mano dell’ex marito, l’appuntato dei carabinieri Luigi Capasso, nella quale sono morte, insieme al padre che si è suicidato dopo ore di trattative con le forze dell’ordine, le due figlie di 8 e 13 anni. Lei è miracolosamente sopravvissuta. Una storia quella di Antonietta che ha tenuto con il fiato sospeso l’opinione pubblica, l’ennesimo femminicidio, dove gli autori nella maggior parte dei casi, sono ex fidanzati o ex mariti.
I casi di femminicidio in Italia purtroppo dal 2016 sono tornati a crescere, come testimoniano i fatti di cronaca che confermano i dati dell’ultimo rapporto Eures sul femminicidio in Italia: nei primi 10 mesi del 2017 sono stati 114 i casi, più di uno ogni 3 giorni.
Dal 2000 al 2017, la quasi totalità degli autori di femminicidio risulta essere un uomo (91,9%), a fronte dell’8,1% di donne. La quota si attesta nel 2016 al 92%, salendo al 93% per quelli in ambito familiare. Anche per quanto riguarda l’età degli autori, come per le vittime, si registra un maggiore coinvolgimento di over 64 (23,4% a fronte del 15,8% mediamente rilevato negli ultimi 16 anni) e di 45-54enni (24,1%). L’età media degli autori subisce nell’ultimo anno un netto aumento, passando da 46,3 anni nel periodo 2000-2016 a 50,3 nel 2016.
Il contesto prevalente del femminicidio si conferma quello familiare e della sfera affettiva, ma sono in aumento anche gli altri “femminicidi di prossimità” (nel contesto amicale, lavorativo, di vicinato), saliti da 11 a 18 (+63,8%) tra 2015 e 2016. Nell’ultimo anno, i femminicidi “di coppia” rappresentano il 64,3% di quelli familiari: è il tarlo del possesso e della gelosia a spiegare la percentuale più elevata di omicidi di donne (30,3% di quelli familiari), seguiti da quelli scaturiti da conflitti e dissapori quotidiani (24,8%); in crescita (+58,3%) i femminicidi legati all’ampia area del disagio, soprattutto della vittima (19 casi, pari al 17,4% del totale, a fronte dei 12 del 2015), in particolare nelle coppie anziane; nel 13,8% dei casi si rileva un disturbo mentale dell’autore.
“I dati sulla violenza sulle donne sono insopportabili, così come lo è sapere che ogni due giorni e mezzo una donna viene uccisa. Uccisa per mano di chi in teoria dovrebbe amarla. È una scadenza macabra. Per rendere meno spaventose queste cifre c’è da fare molto e c’è da farlo insieme”. Questo il commento dell’ex Presidente della Camera dei Deputati. Laura Boldrini, nel corso del seminario “Fermare la violenza sulle donne. Insieme si può fare”, svoltosi a novembre dello scorso anno presso il Senato della Repubblica e organizzato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio.
Il femminicidio è un problema di ordine culturale ed in questo contesto l’informazione e la denuncia assumono un ruolo primario, perché, come ha affermato l’ex presidente del Senato, Pietro Grasso, “i media possono fare molto per cambiare le cose, soprattutto nel modo attraverso il quale raccontano queste vicende così delicate. La vita, la morte, il dolore di queste donne è enorme e drammaticamente reale”.
È quindi molto importante condividere le proprie esperienze e non chiudersi nelle mura domestiche avvolti dalla paura. Una testimonial d’eccezione è Gessica Notaro, la giovane riminese sfigurata con l’acido il 10 gennaio del 2017 dall’ex fidanzato Jorge Edson Tavares e scampata miracolosamente alla morte. Tavares è stato condannato a dieci anni di carcere con il rito abbreviato. Gessica ce l’ha fatta e oggi festeggia la sua “seconda vita”, come ama definirla, raccontando la sua esperienza e dando così forza e speranza a tutte quelle donne vittima di violenza. Ha fatto parte del cast dell’ultima edizione dello show di Rai Uno Ballando con le Stelle in coppia con Stefano Oradei, ottenendo un grande successo di pubblico non solo per la sua determinazione ma anche per la bravura nel ballo. La forza dei media è sorprendente e può cambiare le cose e questo l’hanno capito bene gli avvocati di Tavares, che hanno inviato una missiva al Ministero della Giustizia e resa pubblica, nella quale hanno scritto che “non si comprende la necessità di così continue e pressanti divulgazioni da parte della signora Notaro. No al processo mediatico, no alla spettacolarizzazione dei casi, no alla riprovazione dell’avvocato difensore, no all’anticipazione del giudizio attraverso la gogna mediatica”. Non si è fatta attendere la risposta di Gessica, appoggiata da tutto il team del talent show: “Più mi dicono di tacere, più continuerò a parlare”. L’ex miss riminese non si è fermata neanche di fronte alle minacce degli stalker delle donne che lei sta aiutando, ma non intende fermarsi: “vado avanti, mi devono ammazzare”. Jessica va avanti nonostante tutto, nonostante la paura lei è ha vinto contro la violenza. È riuscita a riprendersi in mano la sua vita, ha ritrovato l’amore, è tornata a lavorare con i suoi amati delfini grazie anche alla sua famiglia.
“Da qualche parte ho letto che una donna stalkerizzata è una donna sola. Qualche volta è vero, non sempre ovviamente. E non si tratta di essere fisicamente sole, ma chiuse in se stesse, pronte a difendere più il segreto di un amore malato che la propria vita. È questo che insegna il comportamento di Jessica Notaro.” Il commento della psicologa-psicoterapeuta Marinella Cozzolino, autore del libro “Il peggior nemico, storie di amore difficili” uscito nel 2001, che propone un’analisi del fenomeno dei delitti familiari e passionali.
“Nel lontano 2000 – ha spiegato la Cozzolino – ho fatto una ricerca sui delitti familiari. Quella ricerca è diventata un libro. Sono anche uno psicologo giuridico e le relazioni affettive deviate e perverse sono il mio campo di studio. Ho analizzato i 266 casi di delitti familiari di cui hanno trattato i giornali da agosto 1999 a dicembre 2000. Un anno e mezzo. I numeri non sono quelli di oggi ma non si possono definire bassi. All’epoca le vittime di delitti familiari finivano sui giornali solo se ci scappava il morto. Questi casi quindi si riferiscono solo agli omicidi. Il reato di stalking già presente in America da più di vent’anni all’epoca, in Italia ancora non esisteva. Oggi abbiamo una legge sullo stalking ed anche circa 25 centri in Italia che si offrono per aiutare uomini in difficoltà ed incapaci di gestire gelosia ossessiva ed abbandono”.
La fotografia da lei scattata nel 2000 può essere uguale o no a quella di oggi?
“I dati che riporto si riferiscono a quel periodo, ma sono perfettamente sovrapponibili a quelli di oggi. Il legame tra vittima e carnefice, l’arma usata per il delitto e il movente, sono gli stessi. In diciotto anni non è cambiato assolutamente nulla, anzi la situazione è peggiorata e il numero di vittime raddoppiato”.
Come da lei spiegato, a differenza di oggi, in passato si finiva sui giornali solo se ci scappava il morto. Cosa è cambiato negli anni?
“Anche in questo caso poco e nulla. Si parla di donne abusate dai propri compagni solo quando muoiono o rischiano la vita. Per il resto, segregazione, violenza psicologica e fisica, percosse di qualsiasi natura ancora troppo spesso non vengono denunciate. I fatti che accadono, purtroppo, danno adito a questo. A distanza di poco, pochissimo tempo, la donna che ha denunciato ed il suo carnefice si ritrovano a vivere sullo stesso viale o sullo stesso pianerottolo, non è ammissibile. Avere paura è legittimo, non sentirsi tutelati è cronaca”.
Secondo l’ultimo rapporto Eures sul femminicidio in Italia i numeri continuano a salire. Perché avvengono i delitti familiari?
“Il delitto familiare è frutto della cultura maschilista del possesso. Finché non ci saranno modi e forme di educazione all’affettività diversi dal nulla che ci avvolge, la situazione sarà sempre peggiore. Vanno educati gli uomini, ma anche le donne, a non cadere in alcune trappole a difendersi prima che sia troppo tardi. Non dimentichiamo che molte di queste persone, i carnefici, sono affette da vere e proprie patologie psichiatriche di cui nessuno si è mai occupato prima dell’episodio omicida. Vogliamo definire mentalmente equilibrato chi uccide i figli per punire la moglie?”
Vittima e carnefice. Chi sono? Sulla base della sua esperienza può spiegare qual è il meccanismo messo in atto?
“Vittima e carnefice sono due persone che a loro modo si amano. O almeno così credono. È spesso, fin dall’inizio della storia che si notano comportamenti anomali del partner carnefice, che però vengono sottovalutati. Non c’è sempre un comune denominatore. Ci sono uomini che sono stati traditori seriali per tutta la durata della relazione con la donna che poi hanno ucciso nel momento in cui lei ha detto basta. In casi così non si può parlare di gelosia e neanche di paura dell’abbandono. In altri casi abbiamo soggetti assolutamente dipendenti dalla donna con cui hanno una relazione. È come se lei fosse una parte del loro valore. Valore che poi perdono quando lei decide di andar via”.
È possibile, e come evitare di entrare nel tunnel pericoloso?
“L’omicidio o il tentato omicidio sono solo l’apice di un’escalation di violenze e soprusi che appartengono al quotidiano di tutte le donne ferite a morte dai mariti. Si va da cose apparentemente leggere, come il divieto di vestire in un certo modo, di frequentare le amiche, il divieto ad uscire senza il marito, a guidare, a studiare, e potrei continuare. Nulla di tutto questo appartiene all’amore, che è innanzitutto riconoscimento dell’individualità dell’altro. Bisogna andare via alla prima esperienza violenta, non aspettare che la situazione degeneri, sperando invece che migliori”.
L’appello delle Istituzioni (le parole dell’ex Presidente della Camera Boldrini) e dei media è rivolto anche agli uomini ai quali si chiede di uscire dal silenzio perché la battaglia contro il femminicidio si vince solo se si è tutti uniti. Cosa ne pensa? Secondo lei è possibile riuscire ad aiutare gli uomini a cambiare?
“Certo che è possibile. Paradossalmente bisognerebbe dare voce a chi è in galera per questi reati. Cosa ci hanno guadagnato?
Se proprio non riusciamo ad aiutare gli uomini a cambiare, dobbiamo rendere le donne competenti rispetto ai rischi che corrono in determinate situazioni e spingere lo Stato a cambiare una legge inconsistente e quindi inutile”.