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Il fenomeno incognito della fetofobia
Nel libro La zona cieca di Chiara Gamberale, tra le scrittrici italiane più apprezzate e conosciute del momento, si parla ad un certo punto di fetofobia, ovvero la grande paura per i feti e neonati. Nei casi di questa patologia complicata, ogni genere di essere umano (fetale, umano, felino, canide e così via), causa un profondo senso di insofferenza e avversione che scaturisce, a sua volta, in un forte malessere fisico dovuto da nausea, vertigini e svenimenti.
La parola fetofobia non è ancora ampiamente riconosciuta a livello medico ne si trova in nessun sito internet se non sul portale della Conferencia Episcopal de Columbia. Tuttavia, è una terminologia appartenente alla cosiddetta psicologia della gravidanza.
La gestazione è un evento importante nella vita di una donna ma anche dell’intera coppia. Eppure, il modo di vivere questa esperienza può essere influenzato da numerosi fattori fisiologici, psicologici, sociali ed economici.
Diventare genitori, infatti, è un momento molto importante, che a volte può sfociare in una grossa provocata da cambiamenti individuali e relazionali che inevitabilmente vengono a verificarsi.
La procreazione è, spesso, il risultato di una scelta consapevole che carica i genitori di aspettative e responsabilità alle quali possono non trovarsi sempre preparati. Questo cambiamento è vissuto con estrema felicità, ma richiede anche un complesso lavoro di adattamento psicologico che, se sottovalutato, nasce il rischio di rendere la madre emotivamente vulnerabile.
Questo stato di ipersensibilità viene chiamato dal pediatra e psicoanalista Donald W. Winnicott “preoccupazione materna primaria” ed è proprio questa angoscia che può causare la fetofobia legata anche dal fatto che un feto in via di sviluppo è altamente suscettibile alle anomalie nella crescita e nel metabolismo aumentando, di conseguenza, il rischio di malattie congenite.
Il Journal of Pediatric Psychology sottolinea che un fattore cruciale per prevenire eventuali problematiche pre parto, è lo stile di vita durante la gravidanza. La dieta, in particolare, appare molto importante nelle prime fasi di sviluppo.
Gli studi pubblicati nel giornale britannico dimostrano che l’integrazione della dieta con acido folico riduce il rischio di spina bifida e altri difetti del tubo neurale. Anche saltare la colazione può portare a periodi prolungati di scarsità di nutrienti nel sangue materno generando un elevato rischio di prematurità o difetti congeniti.
Il consumo di alcol può aumentare il rischio di sviluppare la sindrome alcolica fetale, una condizione che porta alla disabilità intellettiva in alcuni neonati, come sottolineato da Epicentro, il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica.
Il fumo invece, rischia l’insorgenza di aborti e basso peso alla nascita, una fonte di forte preoccupazione per i medici a causa della tendenza di questi bambini ad avere problemi clinici secondari.
In particolare, sono state documentate difficoltà nelle funzioni vitali e gravi problemi di alimentazione e di respirazione, con conseguente aumento dei rischi di morbilità e mortalità. Oltre ad un maggior rischio di mortalità nel periodo perinatale e nel primo anno di vita, il basso peso alla nascita è associato anche a condizioni di salute più scadenti nelle età successive.
Difatti, rispetto ai nati di peso normale, i nati di basso peso sono a maggior rischio di patologie neurologiche, disturbi dell’apprendimento e alcune patologie cardiovascolari, sia in età pediatrica, che in età adulta.
Varie indagini recenti condotte dall’Istat, permettono di quantificare il numero di bambini con basso peso alla nascita, tenendo conto delle due componenti. In particolare, i dati mostrano che, escludendo i parti gemellari, circa il 3% delle nascite del campione sono pretermine e una percentuale simile (2.6%) riguarda le nascite IUGR (intrauterine growth restriction).
Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef) dichiara che si trattano di stime in linea con quelle riportate in altri paesi sviluppati.