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Fibromialgia, la malattia invisibile
In Italia colpisce circa 3 milioni di persone tra i 25 e i 55 anni, in prevalenza donne. La Dichiarazione di Copenaghen l’ha inserita nell’ambito delle “malattie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo”, ma per alcune sue caratteristiche che non rendono facile la diagnosi e’ stata definita una malattia “invisibile”. Stiamo parlando della fibromialgia,una sindrome dolorosa cronica caratterizzata dalla disfunzione dei circuiti neurologici preposti all’elaborazione degli impulsi provenienti dalle afferenze del dolore dalla periferia al cervello. Si manifesta con diversi sintomi dal dolore muscolo scheletrico diffuso all’affaticamento costante, da una rigidità di varie parti del corpo all’insonnia, da continui mal di testa a disfunzioni urinarie ma anche per la scarsa resistenza all’esercizio fisico, l’astenia o l’alterazione della concentrazione. La Fibromialgia è una malattia che progressivamente condiziona e limita le abitudini quotidiane delle persone, nei luoghi di lavoro e in casa, provocando un drastico peggioramento della qualità della vita di chi ne soffre. A soffrirne anche la pop star internazionale Lady Gaga che lo scorso annuncio’ l’interruzione delle sue ultime tappe del tour europeo proprio a causa della sua condizione di salute.
Ieri, domenica 12 maggio si e’ celebrata la Giornata Mondiale della Fibromialgia con il fine di sensibilizzare l’opinone pubblica nei confronti di questa patologia difficile da diagnosticare.
“La fibromialgia è la seconda più frequente condizione reumatica dopo l’osteoartrite, la prevalenza è tra l’ 2-8% della popolazione – ha spiegato a Health Online il Prof. Carlo Salvarani Direttore della Reumatologia dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena e dell’Azienda USL di Reggio Emilia – Utilizzando i criteri 1990 per la diagnosi di tale condizione, quasi tutti i pazienti sono donne (> numero di tender points rispetto ai maschi) con i nuovi criteri 2010, nei quali non sono inclusi i tender points, il rapporto donne-uomini è 2:1. Si può sviluppare ad ogni età, inclusa l’infanzia e la prevalenza è simile nei diversi paesi, culture e gruppi etnici. E’ una patologia difficile da diagnosticare poichè il sintomo principale è un dolore muscoloscheletrico diffuso e cronico in assenza di esami di laboratorio e indagini strumentali specifici per tale condizione. La diagnosi è anche di esclusione e si basa sulla esclusione di altre condizioni che determinano dolore muscoloscheletrico”.
La difficolta’ nella diagnosi spesso comporta un percorso lungo. A cosa prestare attenzione e quali sono i protocolli diagnostici?
“La diagnosi si basa su sintomi caratteristici e specifici criteri e sull’esclusione di altre condizioni. I sintomi essenziali e caratteristici sono dolore, affaticamento, disturbo del sonno e disturbi cognitivi. I criteri sviluppati dall’Associazione dei Reumatologi Americani (American College of Rheumatology o ACR) nel 1990 e nel 2010 richiedono la valutazione del paziente da parte del medico, mentre quelli del 2011 sono autosomministrati al paziente. I primi sono più validi per la diagnosi di fibromialgia nella pratica clinica, mentre i secondi sono più utili nella classificazione dei pazienti per la ricerca. In particolare per la diagnosi di fibromialgia devono essere soddisfatti contemporaneamente i seguenti 3 criteri: dolore diffuso in speifiche aree e regioni del corpo, presenza di sintomi caratteristici (astenia, sonno non ristoratore, problemi cognitivi, emicrania, dolore/crampi addominali, depressione) che compromettono la vita quotidiana., durata della sintomatologia di almeno 3 mesi. Ribadisco che comunque la diagnosi di fibromialgia si basa essenzialmente sulla valutazione clinica del paziente, sul soddisfacimento di specifici criteri e sull’esclusione di altre ipotesi diagnostiche come artrite reumatoide, lupus sistemico eritematoso, polimialgia reumatica, polimiosite, spondiloartrite, neuropatie, etc”.
Una volta diagnosticata la patologia, quali sono le terapie?
“L’approccio iniziale del paziente dovrebbe includere dapprima l’educazione del paziente, se insufficiente nella gestione della sintomatologia, l’integrazione con trattamenti non farmacologici (soprattutto l’attività fisica) e se insufficiente l’integrazione con il trattamento farmacologico (in particolare duloxetina, pregabalin, tramadolo, amitriptilina e ciclobenzaprina)”.
Nella Regione Emilia-Romagna ci sono le linee di indirizzo sulla Diagnosi e Trattamento della Fibromialgia. Di cosa si tratta? Qual è l’obiettivo?
“E’ quello di proporre sintetiche indicazioni rispetto alla diagnosi e trattamento appropriato della fibromialgia e nel definire un percorso per la presa in carico integrata multidisciplinare delle persone affette da fibromialgia in Emilia Romagna. Il documento si rivolge anche a tutti quei cittadini che desiderano acquisire maggiori informazioni, migliorando il livello di conoscenza e consapevolezza della propria condizione”.
E’ possibile guarire dalla malattia o c’è sempre una percentuale di rischio ricadute?
“E’ molto difficile guarire da tale patologia, vi sono spesso periodi di maggior benessere e di peggioramento del quadro clinico spesso correlati a situazioni di minor o maggior stress”.
Quali sono i suoi consigli?
“Sottolineo l’importanza della formazione dei professionisti per la diagnosi e la terapia della fibromialgia e dell’educazione del paziente. Inoltre sottolineo l’importanza di un approccio multidisciplinare basato su un programma individualizzato di cura che includa gli interventi farmacologici e non”.