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Giornata Mondiale Vitiligine: una patologia oltre che un problema estetico
Era il settembre del 2019 quando la bellissima attrice Kasia Smutniak ha mostrato su Instagram di essere affetta da vitiligine, creando anche un filtro che simula le macchie per celebrare la bellezza delle diversità. Anche altri personaggi del mondo dello spettacolo, tra i quali il popolare anchorman americano Lee Thomas, che è diventato addirittura portavoce internazionale, soffrono di vitiligine, una malattia – non contagiosa – della pelle causata dal malfunzionamento del sistema immunitario, che si manifesta con delle chiazze bianche cutanee che tendono, in maniera irregolare ma spesso simmetrica, ad aumentare in dimensioni ed in numero. Il 25 giugno si celebra The World Vitiligo Day, evento promosso dalle organizzazioni no-profit VR Foundation (USA) e VITSAF (Nigeria), con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di questa patologia e per diffondere le sfide affrontate da coloro che ne soffrono.
La vitiligine non è solo un problema estetico ma una vera e propria malattia della pelle. A soffrirne sono circa 100 milioni di persone al mondo, 1 milione in Italia.
“La vitiligine – spiega a HealthOnline il dermatologo dott. Stefano Veglio – è una patologia sistemica perché coinvolge tutto l’organismo e colpisce il sistema pigmentario quindi le cellule che producono la melanina che vengono attaccate e distrutte (distruzione dei melanociti) creando delle macchie ipocromiche o acromiche. Ci sono due forme, quella volgare che coinvolge tutto il corpo ed è più difficile da trattare e quella segmentaria che è più rara”.
Non essendo nota la causa principale ad oggi, l’ipotesi è quella multifattoriale, è così?
La causa della comparsa delle macchie è la perdita della melanina, causata essenzialmente da un meccanismo auto-immune: le nostre cellule di difesa attaccano i melanociti inattivandoli. Sicuramente esiste una predisposizione genetica e, come per tutte le malattie auto-immuni, meccanismi che producono radicali liberi. Anche le condizioni di stress psico-fisico possono scatenare o aggravare la patologia.
È una malattia imprevedibile. Può colpire chiunque? Quali sono i primi sintomi a cui fare particolarmente attenzione?
Il sintomo principale è la comparsa di chiazze depigmentate che con il tempo possono crescere ed estendersi ad altre parti del corpo. Il peggioramento può essere più o meno rapido e a volte la situazione rimane stabile per anni. In alcuni casi il peggioramento è costante creando gravi problemi psicologici al paziente. I soggetti a più alto rischio sono chi soffre di diabete, ipo e ipertiroidismo, alopecia areata e anemia perniciosa. La patologia colpisce sia uomini che donne con una leggera prevalenza del sesso femminile. Può comparire da bambino e il decorso può essere molto rapido. Il picco di incidenza è dai 20 ai 50 anni.
Ha un’estensione variabile. Quali sono le parti del corpo maggiormente predisposte e nel giro di quanto tempo si sviluppa?
In genere colpisce inizialmente le estremità come mani, piedi e volto e le regioni genitali, ma la velocità di evoluzione non è mai prevedibile.
Quali sono le terapie più adatte? È possibile riottenere la pigmentazione completa oppure solo una parziale guarigione?
Purtroppo ad oggi non esiste una cura risolutiva al 100%. Tuttavia i sintomi possono essere ridotti con diversi trattamenti. Le terapie utilizzate a seconda delle forme sono: i prodotti di dermocosmesi e creme immunosoppressive come cortisonici e inibitori topici della calcineurina, la fototerapia e come ultima soluzione il trapianto di cellule. Con le creme cortisoniche o altri immunosoppressivi si riesce a bloccare la patologia e si ottengono dei buoni risultati anche se spesso molto lentamente. La cura maggiormente utilizzata è la fototerapia con raggi UVB a banda stretta (narrow band) che si esegue su tutto il corpo per le forme più diffuse, oppure mirata solo sulle chiazze. I risultati sono in genere buoni, con i primi miglioramenti visibili dopo i primi 3 mesi di trattamento (da continuare con sedute di mantenimento); mani e piedi sono le zone del corpo più resistenti in generale a tutte le terapie. Il trapianto di cellule è una tecnica utilizzata da diversi anni. Consiste in un piccolo prelievo di cute generalmente nelle zone nascoste del corpo, dal quale si isolano le cellule che producono la melanina e reimpiantate nelle zone colpite. Con questa tecnica i risultati maggiori si hanno nel trattamento della vitiligine segmentaria. Per quella volgare prima di intervenire con il trapianto la malattia deve essere stabile da almeno di un paio di anni.
Vitiligine e vitamina D. È possibile trattare la patologia con la vitamina D?
Si tratta di un argomento nuovo ma ancora controverso. Alcuni studi hanno evidenziato una carenza di Vitamina D in pazienti affetti da vitiligine e pertanto si è ipotizzato un suo uso nel trattamento di questa patologia. I dati scientifici al momento disponibili non consentono però di avvalorare che si tratti di un trattamento efficace e si è in attesa di studi al momento ancora in corso.
Quali sono gli accorgimenti da adottare durante l’esposizione solare?
Il periodo estivo è sempre molto delicato per chi soffre di vitiligine. Sicuramente è consigliabile utilizzare sempre creme con protezione solare alta per limitare il contrasto di colore con la pelle circostante che tende ad abbronzarsi, proteggendo nel contempo la zona depigmentata da eventuali scottature. Da segnalare la presenza ora sul mercato di creme solari specifiche che lasciano passare solo raggi ultravioletti utili a stimolare le chiazze di vitiligine nella ripigmentazione, bloccando le radiazioni più nocive e cancerogene.
Per concludere: quali sono suoi consigli?
Il primo suggerimento è quello di eseguire subito una visita dermatologica non appena si notano segni di depigmentazione sulla pelle: il trattamento effettuato tempestivamente offre infatti maggiori possibilità di successo. Occorre poi effettuare esami ematochimici miranti ad escludere patologie auto-immuni internistiche, come la tiroidite, delle quali la vitiligine può consentire di sospettare l’esistenza. Un dialogo sereno e costruttivo con il proprio dermatologo consente infine di vivere il problema in modo più sereno, aiutando ad accettarne la persistenza e studiando insieme le migliori strategie non solo terapeutiche ma anche adattative alla vita quotidiana: un camouflage ben studiato consente una vita serena anche ai casi più difficili e refrattari ai trattamenti.