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Giovani ossessionati dai like: vita reale e vita virtuale, il pericolo delle challenge sui social
Il caso dell’incidente avvenuto a Casal Palocco a Roma dove ha perso la vita un bambino di 5 anni a causa di uno scontro tra la Smart Forfour sulla quale viaggiava con la mamma e la sorella e una Lamborghini guidata da un giovane Youtuber per una “challenge” virtuale, ha riacceso i riflettori sulla dipendenza dei giovani dai social network.
L’assuefazione da cellulare ha un nome, si chiama Nomophobia, conosciuta anche come sindrome da disconnessione. È una condizione psicologica in cui le persone hanno la paura di staccarsi dalla connettività del telefono cellulare, perdere contatti con amici e conoscenti, di non essere rintracciabili. Dalla dipendenza di essere sempre connessi si arriva alle sfide sui social media a tal punto di mettere a repentaglio la propria vita. È allarme challenge.
Secondo i dati di un rapporto dell’Osservatorio Generazione Proteo, nato nel 2012 all’interno di Link LAB, il Laboratorio di Ricerca Sociale della Link Campus University, emerge che il 24,4% degli intervistati, tra i 16 e i 19 anni, ha dichiarato di non escludere la possibilità di fare o farsi del male per partecipare a una challenge sui social, il 3,6% ha risposto di sì. Un dato allarmante che indica una nuova forma di dipendenza, che può spingere anche a comportamenti estremamente pericolosi.
Gli ultimi drammatici fatti di cronaca ripropongo una situazione grave sulla quale è opportuno fare delle riflessioni. Cosa sta succedendo ai ragazzi? La dipendenza dai social che impedisce la disconnessione perché si teme di perdere il controllo dei social, è un aspetto da non sottovalutare. L’altro aspetto su cui riflettere è “una progressiva disconnessione con il senso di responsabilità di quello che accade nella realtà. È come se la consuetudine nel rimanere nella rete a lungo, rendesse chi si espone una persona invincibile. Una percezione vista allo stesso modo anche nella realtà dove si pensa di poter dominare come accade nella vita virtuale. Ma nella vita reale accadono conseguenze gravissime perché molte cose non sono affatto reversibili. Purtroppo, c’è una assenza di educazione emotiva soprattutto di una fascia di età”. Le parole di Anna Maria Giannini, Professore ordinario di psicologia giuridica e forense all’Università “La Sapienza” di Roma, intervenuta a TG2Post.
“Immergersi totalmente nei video gioco, nei social, nelle sfide – ha detto – in cui quello che conta è solo apparire, ricevere like e aumentare la quantità di followers, crea un distacco da quello che è il valore della propria vita e degli altri ma anche dagli aspetti di enorme ricchezza che ci sono al di fuori della rete. Sicuramente l’assenza di senso critico genera una disparità fra il tempo che si dedica ai social e quello della vita reale”.
Il web e gli strumenti social se usati correttamente sono straordinarie opportunità di condivisione e conoscenza. Il problema è quando questi strumenti non vengono usati nel modo corretto e ci si dedica più del tempo necessario generando una vera e propria dipendenza. La dipendenza dai social può “trasformarsi in tragedia” in un contesto in cui “la vita reale è oscurata da quella virtuale”. È necessario, quindi, “più che concentrarsi sulle colpe”, riflettere “sull’importanza della responsabilità e della consapevolezza nella vita reale e digitale”, ha affermato Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione nazionale dipendenze tecnologiche e cyberbullismo,
“Siamo tutti esposti, come in una vetrina. Senza accorgercene, ci siamo trasformati in oggetti che si auto-espongono sui social media, desiderando avidamente l’approvazione degli altri. La dittatura del ‘mi piace’ ci sottomette volentieri, mentre bramiamo un aumento dei nostri follower. Cerchiamo di sentirci qualcuno, anche solo in quel mondo etereo che è la rete. Il tema centrale rimane sempre lo stesso: la consapevolezza dei nostri pensieri, delle nostre parole e delle nostre azioni, sia nel mondo reale che in quello digitale. Solo così potremo davvero costruire una comunità autentica, impegnata a promuovere il valore della vita”, conclude Lavenia.