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Gli sfingolipidi nel latte

29 Gennaio 2019
MEDICO

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Gli sfingolipidi sono lipidi polari in cui lo scheletro molecolare è rappresentato dalla molecola di sfingosina, un ammino-alcol a lunga catena insatura. Vennero scoperti per la prima volta dal chimico e fisico Johann Thudichum circa un centinaio di anni fa presentandosi subito molto enigmatici per la loro complessa funzione biologica. Il loro nome deriva infatti dal greco Σφιγξ come la Sfinge che proponeva enigmi di cui hanno preso il nome.

Fino ad oggi, sono stati identificati almeno sessanta tipi differenti di sfingolipidi nelle membrane cellulari di tutti gli organismi vegetali, fungini ed animali, e i prodotti della loro degradazione fungono da messaggeri biochimici. Alcuni di questi mediatori risultano essere fortemente antinfiammatori e antitumorali ma non sempre, perciò è opportuno rimanere cauti nel consumare, soprattutto ad una certa età, i cibi caratterizzati da un’elevata presenza di sfingolipidi.

Gli alimenti a maggior concentrazione di sfingolipidi sono la crema, i formaggi, i latticini ed il latte intero. Particolarmente in quest’ultimo, si concentrano nella membrana plasmatica che avvolge i globuli di grasso. Quindi, più il latte è calorico e massima sarà la presenza di sfingolipidi.

Gli Europei, americani e australiani sono, in assoluto, I maggiori consumatori di latticini si trovano in Europa, America e Australia, dove il consumo di latte per abitante supera i 150 kg all’anno secondo i dati forniti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO). Al contrario, invece, i paesi che consumano meno latte sono l’Asia del Sud Est e l’Africa centrale. Per esempio, gli abitanti del Vietnam e del Senegal consumano meno di 30 kg di latte per abitante all’anno.

Tuttavia, tutti gli sfingolipidi assunti con gli alimenti non devono considerarsi completamente dannosi o benefici, ma possono diventare antinfiammatori o proinfiammatori a seconda di come vengono scomposti dagli enzimi dell’intestino dei consumatori.

Nel caso in cui gli sfingolipidi assunti attraverso i latticini vengono trasformati in ceramide (insieme di molecole lipidiche) e sfingosina (amminoalcol insaturo) si attivano segnali antinfiammatori e antitumorali. Al contrario, se vengono digeriti e convertiti in Sfingosina-1-Fosfato, vengono trasmessi istantaneamente avvisi infiammatori e proliferativi.

Questa trasformazione cosiddetta negativa avviene quando sussistono numerosi fattori di crescita presenti, appunto, nel latte. Anche per tale motivo i medici consigliano di non abusarne ma di regolare le quantità giornaliere.

Gli sfingolipidi comprendono:

–          Le sfingomieline, caratterizzate da acido fosforico e colina;

–          i cerebrosidi, che contengono galattosio o glucosio;

–          i gangliosidi, che contengono acido neuraminico e galattosio

–          i cerebrosidi solfati, che oltre al galattosio possiedono gruppi solfato.

Sono presenti anche in altri alimenti tra cui manzo, maiale, pollo, tacchino, pesce, peperoni, pomodori, patate, cavolfiori, germogli di soia e farina di frumento.

Ad ogni modo, il latte e i suoi derivati sono alimenti dalla composizione chimica molto complessa, ma al tempo stesso molto ricca di molecole ad alto valore nutrizionale e nutraceutico che agiscono sul benessere psicofisico e nella prevenzione delle malattie cronico-degenerative dell’uomo.

I prodotti lattiero-caseari rappresentano, infatti, un’importante fonte di calcio in forma altamente assimilabile, di proteine a elevato valore biologico, di sali minerali e di vitamine idro e liposolubili. Alla frazione lipidica di tali prodotti è stata invece attribuita la responsabilità di favorire la comparsa di patologie cardiovascolari, soprattutto a causa dell’elevata presenza di acidi grassi saturi e di colesterolo.

Attraverso degli studi scientifici molto recenti, il ruolo nutrizionale rivestito dai lipidi del latte è stato parzialmente rivalutato grazie alla naturale presenza in esso di apprezzabili quantitativi di composti biofunzionali.

 

Tags: molecole, patologie cardiovascolari, ruolo nutrizionale
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Beatrice Casella
Beatrice Casella
Laureata in economia internazionale e dello sviluppo, si è sempre appassionata del settore sanitario. Il tema della tesi di laurea triennale ha riguardato il tasso di mortalità infantile in Tanzania (paese dove ha vissuto alcuni anni). Per il suo master's degree si è concentrata sull'incidenza della politica e dell'economia nel garantire una salute globale. Praticante giornalista, ha lavorato a Milano con il Gruppo editoriale L'Espresso e attualmente lavora come Research Analyst per una società che si occupa di costruzioni sostenibili.

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