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Il boom delle diete fra tendenze, business e salute
Mai come negli ultimi anni il tema della corretta alimentazione è stato argomento di interesse nel nostro Paese ed oggetto di studi ed analisi: dalla diffusione di raccomandazioni nutrizionali sponsorizzate direttamente dal Ministero della Salute (vedasi in particolare le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana, redatte in collaborazione con l’INRAN, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), fino alla creazione e diffusione di svariate “Piramidi Alimentari” (il primo modello fu ideato nel 1992 dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America e venne poi attualizzato ed utilizzato in moltissimi Paesi dell’Occidente negli anni seguenti).
Il leitmotive in questione ha poi, più profondamente, dato vita a correnti di pensiero innovative di cui si fanno portavoce nutrizionisti, medici e guru dell’olistica e dell’alimentazione, che inneggiano a nuovi stili di vita (a volte sposando anche una sorta di “etica nutrizionale” come fa, ad esempio, il “mondo Vegano”), alla ricerca di benessere, salute e bellezza, in qualche modo accomunati dalla riscoperta di una sorta di semplicità primitiva dell’alimentazione e del gusto.
Parliamo quindi, non soltanto della semplice ricerca intorno alla più equilibrata alimentazione e della scoperta del migliore stile di vita, ma di un vero e proprio boom del “mercato economico del benessere”, un business da milioni di euro, tanto più paradossale quanto più si considera che la domanda crescente di cibi sani, leggeri e nutrienti nasce in contrapposizione all’offerta di prodotti alimentari proposti dalla più comune industrializzazione moderna, che continua ad introdurre sul mercato cibi discutibilmente sani, eccessivamente calorici e scarsamente nutrienti.
Ne “La nuova rivoluzione del benessere; come costruirsi una fortuna nel prossimo business da 1.000 miliardi di dollari”, Paul Zane Pilzer – economista di fama mondiale ed imprenditore multimiliardario – analizza questo nuovo ed emergente mercato che frutta – e frutterà – milioni e milioni di euro agli imprenditori che sapranno servirsene al meglio; racconta dei cosiddetti “rivoluzionari del benessere” che hanno avuto la possibilità di crearsi un’incredibile fortuna facendo del bene alle persone ed operando in quella che può essere considerata la più grande industria sulla faccia della terra: il benessere (si pensi, ad esempio, alla White Wave Inc. di Steve Demos – l’inventore del latte di soia Silk – che con la sua linea di prodotti di benessere di alta qualità messi sul mercato all’inizio dell’anno 2000, è un’azienda alimentare da 300 milioni di dollari).
L’affare benessere è infatti quanto mai “pro-attivo”: le persone diventano volontariamente clienti, per sentirsi più in forma, per ridurre gli effetti dell’invecchiamento e per evitare di diventare in futuro clienti dell’industria della malattia. Alla base del mercato del benessere vi sarebbero due fondamentali problemi legati all’alimentazione: la sovralimentazione, determinata dall’abbondante disponibilità di alimenti e dall’elaborazione industriale di cibi con elevato apporto calorico, e la scarsa nutrizione, determinata del ridotto apporto nutrizionale dei medesimi cibi industrializzati – in termini di nutrienti essenziali e catalizzatori – a fronte dell’elevato apporto calorico.
In questo scenario si colloca la “promozione” di diete e di nuovi regimi alimentari, pubblicizzate spesso come vere e proprie panacee: dalla dieta chetogenica alla metabolica, da quella paleolitica, alla dieta vegana o macrobiotica, alle diete propriamente dimagranti come la dieta Dukan, la dieta Zona, la Weigth Watchers (alcune con un regime decisamente punitivo), fino ad arrivare ai regimi alimentari più estremi e stravaganti, come la dieta vegetariana crudista, che prevede regole davvero dure da rispettare (nel novero delle diete note, anche la “dieta senza muco”, la dieta del cavolo, ed addirittura la dieta del sonno, alcune delle quali, peraltro, considerate anche pericolose per la salute da noti nutrizionisti e medici).
Difficile districarsi in questo mare di informazioni proveniente da ogni dove che gli Utenti/Consumatori ricevono quotidianamente; peraltro, troppo spesso all’interno di quello che è comunque un mercato economico, il confine fra promozione sociale del vero benessere e promozione commerciale di un prodotto o di un servizio, può essere difficilmente individuabile (si pensi, ad esempio, alle diete miracolose che possono essere seguite solo assumendo specifici integratori alimentari o barrette nutrienti brandizzate; o ancora, a linee di prodotti pubblicizzati come dietetici e sani, e poi contenenti l’olio di palma).
Ed allora, solo per farci un’idea delle diete più cool del momento, ne passiamo brevemente in rassegna alcune fra le più ricche di proseliti al seguito, lasciandoci con qualche spunto di riflessione critico e forse qualche perplessità su alcuni dettami particolarmente “estrosi”: ad ognuno la sua e ad ognuno le proprie considerazioni, ricordandoci sempre che la scelta della propria alimentazione non dovrebbe mai prescindere dal buon senso, dalla costanza, da un’assunzione equilibrata ed adeguata di elementi nutritivi e – soprattutto – da alcune necessarie personalizzazioni legate alle proprie inclinazioni e caratteristiche. In caso di diete ipocaloriche poi, è sempre imprescindibile consultare un medico specializzato che sviluppi un regime alimentare misurato, evitando i danni insiti nelle diete drastiche o faidate.
LA PALEODIETA
La paleodieta, detta anche dieta paleolitica o dieta delle caverne, è un regime alimentare basato sulla tipologia di alimentazione che caratterizzava gli uomini vissuti nelle epoche in cui ancora non esisteva la pratica dell’agricoltura (che gli storici ipotizzano essere nata circa 10.000 anni fa). Prima dell’avvento dell’agricoltura, gli esseri umani si alimentavano con i cibi ottenuti da pratiche quali la caccia, la pesca e la raccolta dei frutti della terra che nascevano spontaneamente.
Secondo i fautori della paleodieta, la giustificazione della bontà di tale regime alimentare sarebbe da ricercarsi nel fatto che negli ultimi 10.000 anni l’uomo non ha subito particolari cambiamenti dal punto di vista genetico e da quello fisiologico.
Su numerosi fonti si legge che l’ideatore della paleodieta sarebbe il prof. Loren Cordain, docente al Dipartimento di Salute e Scienze motorie presso la Colorado State University, ed autore di diversi libri sull’argomento, fra i quali, The Paleo Solution, The Paleo Diet Cookbook e The Paleo Diet for Athletes.
Secondo i suoi sostenitori, per applicare al meglio la paleodieta, è necessario assumere regolarmente carni magre, pesce, frutti di mare, frutta e vegetali non amidacei, mentre è necessario eliminare (o ridurre drasticamente) i seguenti alimenti:
- tutti i cibi prodotti industrialmente, compresi i succhi di frutta
- tutti i cibi contenenti farina bianca, farina di kamut, farina di farro, farina di frumento e zucchero
- pane fresco, pane confezionato, torte, cereali, biscotti cracker, merendine confezionate, pasta secca, pasta fresca, focacce, piadine, basi pronte per pizze, focacce o torte salate o dolci ecc.
- dolcificanti artificiali ed edulcoranti
- tutti gli alimenti contenenti sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio
- tutte le verdure amidacee ad alto carico glicemico
- tutti i cibi contenenti acidi grassi idrogenati
- tutte le carni rosse non biologiche e le frattaglie
- caffeina ed alcol
- tutti gli alimenti con additivi, coloranti e conservanti.
La paleodieta consente il consumo di frutta secca, ma con moderazione (al massimo 100 g al giorno) quando si sta cercando di ridurre il peso corporeo. Ottenuta la riduzione di peso voluta non vi sono limiti al consumo. Fra la frutta secca consigliata dalla paleodieta troviamo mandorle, noci e pinoli.
In sintesi, i principi della paleodieta possono essere riassunti schematicamente nel seguente modo:
- assumere una buona quantità di proteine di origine animale
- assumere una quantità ridotta di carboidrati
- assumere frutta e verdura evitando tuberi amidacei, cereali e zuccheri raffinati
- assumere quantità moderate di lipidi, prediligendo grassi omega 3 e omega 6
- seguire un regime alimentare ricco di vitamine e sali minerali
- non occorre effettuare il controllo delle calorie assunte.
I contrari alla Paleodieta:
Questa dieta viene accusata di essere “low-carb”, consigliando di assumere carboidrati ingerendo solo frutta e verdura, e non cereali e loro derivati. Un’altra critica che le viene mossa riguarda la mancanza di calcio, data l’esclusione dei latticini.
Una più recente obiezione degli studiosi afferma che nel corso del tempo ci siano state in realtà modificazioni riguardo al patrimonio genetico umano, per cui l’uomo si sarebbe adattato al consumo di latticini e/o di cereali. Secondo i ricercatori del Progetto Leche la rivoluzione del latte ha avuto luogo nell’Europa centro-orientale circa 8 milioni di anni fa (nel Paleolitico: dal 9.500 a.C. all’8.000 a.C.) ed ha preceduto di poco l’introduzione dell’agricoltura e dell’allevamento (5.300 a.C.). Dagli studi effettuati emergerebbe che il latte permise una maggiore crescita demografica nei villaggi degli allevatori che sopraffecero rapidamente i cacciatori (culturalmente meno sofisticati); già dopo pochi secoli i popoli resistenti al lattosio dominarono l’Europa.
I risultati di queste ricerche sono stati pubblicati da riviste specialistiche come “Nature” e “BMC Evolutionary Biology”. Ciò dimostrerebbe che, al contrario di quanto riportato dalla paleodieta, il consumo del latte e dei suoi derivati non rappresenterebbe un comportamento innaturale, ed anzi, i popoli che ottennero la lattasi per la digestione del latte vaccino conquistarono un livello demografico, evolutivo e tecnologico decisamente superiore rispetto agli avversari, ottenendo la vittoria
(fonti: v. http://www.codicepaleo.com/cibi-paleodieta/; La rivoluzione l’ha fatta il latte – F. Sindici – La stampa – mercoledi 24 novembre 2010 – TUTTOSCIENZE pag. 27; da http://www.mypersonaltrainer.it/alimentazione/contraddizione-dieta-paleolitica-paleodieta.html; dott. Albanesi in www.albanesi.it/dieta/paleodieta.html)
LA DIETA CRUDISTA
La dieta crudista, o anche detta dieta raw food, è una forma – per qualcuno un po’ ortoressica – di alimentazione che promuove il solo impiego di cibi non cotti e prevalentemente provenienti da agricoltura biologica. Si tratta di un approccio salutistico con cui si evidenziano gli svantaggi della cottura dei cibi. A seconda del tipo di stile di vita e dei risultati desiderati, la dieta crudista può includere una selezione di frutta cruda, verdura, noci, semi ed altri elementi nutrizionali, inclusi quelli di origine animale. Il crudismo può includere qualsiasi dieta alimentare in cui il cibo viene riscaldato o cotto ad una temperatura compresa tra 40° C e 46° C. I crudisti possono essere divisi tra coloro che sostengono il crudismo vegano o quello vegetariano, quelli che auspicano una dieta onnivora e quelli che sostengono una dieta crudista di sola carne.
Sostanzialmente il crudismo nasce dalla convinzione che un’alimentazione non ottimale possa condurre a seri problemi di tipo organico. L’assunzione di cibi crudi come trattamento dietetico fu sviluppato per la prima volta in Svizzera dal medico Maximilian Bircher Benner, il quale condusse esperimenti sugli effetti sulla salute umana di una dieta a base di vegetali crudi. Nel novembre del 1897 aprì a Zurigo una casa di cura chiamata Lebendige Kraft (Forza Vitale), tuttora attiva. Il crudismo venne poi sostenuto dal dott. Weston Price in un lavoro del 1939 intitolato “Nutrition and Physical Degeneration” (Nutrizione e Degenerazione Fisica) e nel libro di Leslie Kenton “Raw Energy – Eat Your Way to Radiant Health”, pubblicato nel 1984, in cui si sostiene che una dieta che comprenda un 75% di cibi crudi consente di prevenire malattie degenerative, rallentare gli effetti dell’invecchiamento, aumentare l’energia e migliorare l’equilibrio emotivo del singolo.
Altri importanti sostenitori della dieta crudista sono stati Ann Wigmore, Norman Walker ed il saggista statunitense Herbert Shelton (quest’ultimo in particolare, ideatore della nota “Dieta Shelton”).
Una dieta che i crudisti ritengono bilanciata è costituita dal 75-80% di frutta, 10-20% di verdure (molto importanti sono quelle a foglia verde) e un 5% di noci e semi; c’è, in totale, un deciso sbilanciamento a favore dei carboidrati a scapito di proteine e grassi. Va comunque precisato che esistono diverse tipologie di crudismo:
Crudismo onnivoro – Prevede il consumo di verdura cruda, miele e prodotti animali e di derivazione animale, anch’essi crudi. La carne cruda dovrebbe essere di animali allevati allo stato brado o da selvaggina e non di animali che provengono da allevamenti intensivi. Fra i cibi consentiti vi sono anche il burro, carni, kefir, pesci, uova ecc.
Crudismo vegetariano – Prevede il consumo solo di frutta e verdura cruda nonché prodotti di derivazione animale, purché crudi (per esempio il burro, le uova), ma si devono evitare sia la carne che il pesce.
Crudismo vegano – è la forma di crudismo maggiormente diffusa; si possono consumare solamente cibi crudi di derivazione vegetale; sono quindi banditi tutti i derivati animali, come per esempio il burro, le uova, il miele, il latte di capra, di mucca, di pecora ecc.
Crudismo Fruttariano – Coloro che adottano questa forma di crudismo si cibano esclusivamente di frutta, possibilmente matura e proveniente da lavorazioni bio.
Nel nostro Paese la dieta crudista non è un regime alimentare particolarmente seguito; negli ultimi anni ha però conosciuto una certa popolarità negli Stati Uniti d’America grazie soprattutto alla sua diffusione fra molte celebrità cinematografiche hollywoodiane (fra cui Demi Moore e Woody Harrelson); il successo di questa dieta sembra essere dovuto soprattutto al fatto che i suoi sostenitori gli attribuiscono un salutare effetto anti-aging.
Secondo i sostenitori del crudismo, i vantaggi di questa dieta e gli svantaggi della cottura dei cibi sarebbero:
- I cibi crudi hanno valori nutritivi più alti di quelli cotti;
- Gli enzimi digestivi contenuti negli alimenti crudi, ad esempio l’amilasi, la proteasi e la lipasi, aiutano la digestione. Riscaldando il cibo al di sopra dei 40-49 °C, gli enzimi in esso contenuti si degradano fino a distruggersi;
- La cottura dei cibi produce una glicazione avanzata del prodotto finale.
- I Cibi crudi, come frutta e verdura, sono ricchi di antiossidanti che contribuiscono a ritardare i segni dell’invecchiamento.
Il dottor Joel Fuhrman autore di Eat to Live (Mangiare per vivere), sostiene che le verdure della famiglia delle brassicacee (come il cavolo), posseggono da crude i più potenti effetti anti-cancro fra tutti gli alimenti. Sostiene inoltre che la maggior parte dei fitonutrienti assolvono la funzione di antiossidanti, neutralizzando i radicali liberi, rendendoli innocui e riducendo il rischio di cancro. La neutralizzazione dei radicali liberi è presente nei cibi crudi ed in quelli di origine alcalina, e li rende potenti antiossidanti.
I contrari al Crudismo:
I contrari alla dieta crudista sostengono che questa comporti un regime alimentare sbilanciato, in quanto dieta iperglicidica, soprattutto a causa del limitato consumo di carni e pesci (determinata anche dalla impossibilità di sottoporre a cottura gli alimenti). Inoltre l’approccio crudista non considera i benefici che derivano dalla cottura dei cibi, ovvero una maggiore appetibilità, una maggiore digeribilità, una maggiore salubrità e una maggiore igienicità. La cottura infatti è a talvolta necessaria perché elimina batteri, virus e tossine contenute in alcuni cibi. Allo stesso modo, le melanzane contengono alcaloidi tossici, potenzialmente pericolosi, che ne rendono sconsigliato il consumo da crude. Il crudismo può comportare problemi alla salute anche perché la cottura consente di eliminare alcuni microrganismi patogeni, evitando di sviluppare patologie come la toxoplasmosi o gravi gastroenteriti. Le infezioni da patogeni alle quali si può andare incontro evitando di cuocere i cibi sono innumerevoli, solo per citarne alcune quelle da Entamoeba histolytica, Giardia lamblia Clostridium botulinum, Bacillus Cereus, Salmonella typhi e paratiphi, Staffilococcus Aureus e tanti altri, specie nel caso di donne in stato interessante e soggetti immunodepressi.
Inoltre, se in molti casi è vero che la cottura può ridurre il contenuto vitaminico o quello minerale dei cibi, in altri casi la questione è rovesciata; la cottura dell’uovo, per esempio, elimina l’avidina che, legandosi alla biotina (nota anche come vitamina B8) ne impedisce la biodisponibilità, mentre la cottura dei cereali integrali e dei legumi elimina l’acido fitico che si oppone all’assorbimento di diversi minerali. Infine, non sempre la cottura impedisce l’assimilazione di principi nutritivi, ma invece può facilitarla, come nel caso del betacarotene.
(fonti: v. Mangiare Sano e Naturale, Macro Edizioni 2011; in Dieta crudista: cos’è, benefici e pericoli, in www.yeslife.it; http://alimentazione-naturale.blogspot.it/2015/02/fruttarismo-piu-dieta-temporanea-o.html)
La Dieta “Clean”
La dieta “Clean” (letteralmente “dieta pulita”) o “Eating Diet” si basa sul consumo di cibi semplici e non trattati artificialmente. La regola di base di questa dieta è quella di non mangiare quindi cibi artefatti ed industriali, perché meno gli alimenti vengono trasformati e più questi resteranno sani. L’obiettivo della dieta Clean è quello di rimuovere le tossine che affliggono il nostro corpo, di contribuire ad un sano sistema digestivo, favorendo così anche un naturale controllo del peso corporeo.
Il regime alimentare messo a punto dal dott. Alejandro Junger (cardiologo di origini uruguaiane) molto diffuso negli Stati Uniti d’America, è fra i più seguiti dalle star di Hollywood come Gwyneth Paltrow, Mariska Hargitay, e la stilista Donna Karan. Il programma in realtà è più vicino ad un vero e proprio stile di vita che ad una semplice dieta alimentare e si basa su tre cardini: rimuovere, recuperare, ringiovanire.
Di seguito i principi base della dieta Clean:
- Abbandonare gli alimenti ricchi di grassi e di zuccheri (salumi, fritture, dolci e merendine) e rivolgersi alla natura: frutta e verdura fresche, cereali integrali, legumi, noci e semi, in quanto ricchi di sostanze antiossidanti, tra cui vitamine C, E e betacarotene, precursore della vitamina A, capaci di proteggere le cellule dagli attacchi dei radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento della pelle.
- Eliminare completamente il latte ed i suoi derivati, il consumo di alcolici e la caffeina
- Sostituire il sale con le spezie
- Introdurre ogni giorno una buona quantità di alimenti “depurativi”, come i cereali integrali ed il riso
- è preferibile scegliere verdure come broccoli, asparagi o zucca. La frutta colorata (frutti di bosco, mango, anguria) offre un grande apporto nutrizionale.
- Preferire il consumo di proteine magre come quelle contenute nel tacchino, nel pollo e nel pesce
- Evitare tutti gli alimenti conservati, preferendo cibi semplici e naturali, meglio se biologici;
- Esporsi al sole per 15 minuti al giorno, per fissare la Vitamina D nelle ossa;
- Praticare attività disintossicanti e rilassanti, come la sauna, i massaggi, e la pratica della meditazione dello yoga.
I contrari alla Dieta Clean:
Secondo alcuni nutrizionisti, il regime della Dieta Clean (nel programma originario ideato dal dott. Junger per l’attrice Gwyneth Paltrow, si prevede il consumo di un solo pasto regolare, completato poi da due cocktail di sciroppo d’acero, pepe di cayenna e succo di limone) non ha controindicazioni se seguita solo per un periodo che non superi le tre settimane, per via del ridotto apporto di calorie giornaliere.
Per sopperire al regime un po’ troppo “punitivo” della dieta Clean, interviene infatti il nuovo programma alimentare denominato “Clean Food”, lanciato sempre negli Stati Uniti d’America dalla dott.ssa Terry Walters, il quale prevede un approccio decisamente più soft alla dieta “pulita”.
(fonti: www.salute-e-benessere.org/nutrizione/diete/mangia-sano-con-ladietaclean; www.lettera43.it/benessere/406/dieta-le-manie-dei-vip.htm; http://www.piusanipiubelli.it/alimentazione/ curarsi-a-tavola/dimagrire-disintossicare-organismo-con-clean-diet.htm)
La Dieta Vegana
La dieta vegana o Vegan è un regime alimentare che esclude completamente i prodotti di origine animale. Mentre nel vegetarianismo alcuni cibi – quali latte, formaggi, uova e miele – sono concessi, nella dieta vegana non sono ammessi. La dieta vegana trae le sue origini da un movimento filosofico ben più ampio, il veganismo, uno stile di vita fondato sul rifiuto – nei limiti del possibile e del praticabile – di ogni forma di sfruttamento e di crudeltà verso gli animali (per alimentazione, per abbigliamento, e per ogni altro scopo).
La dieta vegana ed il veganismo pertanto incidono profondamente su numerose abitudini quotidiane: nella pratica quotidiana, si traduce nel rifiuto di acquistare, usare e consumare prodotti derivanti da sfruttamento e uccisione degli animali, nonché il rifiuto di dedicarsi, partecipare e sostenere attività che implicano l’utilizzo degli animali e la loro uccisione, come ad esempio, l’allevamento degli animali, la sperimentazione sugli animali, la caccia (la FAO nel 2007 ha stimato che gli animali sfruttati ed uccisi per i soli fini alimentari siano pari a circa 56 miliardi).
Inoltre un vegano etico indossa solo capi in fibre vegetali e sintetiche ed evita l’acquisto di ogni capo con parti di origine animale (pelliccia, pelle, lana, seta e imbottiture in piuma), usa cosmetici (make-up e prodotti per l’igiene personale) e prodotti per la pulizia della casa non testati su animali e possibilmente privi di ingredienti di origine animale, e in generale evita l’acquisto di altre merci con parti animali (come divani in pelle, tappeti in pelliccia, ornamenti in avorio, oggetti in osso, pennelli in pelo animale, ecc.).
Le motivazioni per le quali la dieta vegana sta riscuotendo un discreto successo sono diverse: innanzitutto, alcune religioni e filosofie orientali escludono completamente il consumo di prodotti animali, e già in passato il “vegetalismo” era dettato da principi religiosi, come nel Giainismo, e praticato nelle aree interessate da tali dottrine (come ad esempio in India). Ma nel corso degli anni più recenti, si è osservata una diffusione molto significativa della dieta vegana (ad esempio negli USA, dove circa il 2-3% della popolazione segue in modo regolare una dieta vegana; in Italia si stima che la presenza dei vegani sia pari all’1,1,%).
Alla diffusione delle ragioni salutistiche hanno contribuito una serie di fattori, fra cui, innanzitutto, la correlazione fra il consumo di carni rosse e carni conservate al rischio di patologie croniche, ma anche la frequente diffusione di malattie virali negli animali allevati e le preoccupazioni per il crescente uso di antibiotici e altri farmaci negli allevamenti. Più recentemente, i rischi derivanti da un’eccessiva assunzione di grassi saturi e colesterolo, di cui sono ricchi latte, latticini e uova, la correlazione del consumo di uova e prodotti lattiero-caseari con alcuni tipi di cancro e la vasta diffusione dell’intolleranza al lattosio, hanno ulteriormente spostato l’attenzione verso la dieta vegana. Infine, sempre negli anni recenti, il vegetalismo ha iniziato a diffondersi anche come una scelta ecologica consapevole a fronte dell’elevato impatto ambientale connesso al settore dell’allevamento.
Il medico statunitense Mc Dougall, propone un regime alimentare ispirato alla dieta vegana per combattere molte delle patologie contemporanee riconducibili ad una nutrizione scorretta o poco equilibrata: trattasi di uno schema dietetico ipocalorico ad elevatissimo contenuto di fibre, così suddiviso:
- 75-87% di carboidrati
- 6-15% di proteine (di derivazione biologica: cereali e legumi)
- 5-10% di lipidi (tutti derivati da alimenti vegetali)
Ma la dieta vegana “pura” non comporta solo l’esclusione dei cibi di derivazione animale, ma si fonda anche su alcuni precisi imperativi alimentari, tra cui l’attenzione costante alla qualità e alla varietà degli alimenti e il consumo di ingredienti non raffinati, non idrogenati, non pastorizzati e privi di glutammato. Dunque, il vegano è un salutista scrupoloso, mangia frutta, verdura e cereali, non beve alcolici, non fuma, evita thè e caffè (sostituiti con l’orzo), non utilizza dolcificanti di sintesi (al loro posto opta per lo zucchero di canna integrale o i dolcificanti naturali come lo sciroppo d’acero e i succhi di frutta). E usa il sale raffinato con estrema parsimonia: al suo posto per insaporire i cibi si serve dell’agro di umeboshi, ottenuto dalla fermentazione di una particolare varietà di albicocche, oppure del gomasio, un prodotto a base di sale integrale e semi di sesamo tostati o, ancora, della salsa di soia.
I contrari alla Dieta Vegana:
Secondo alcuni studiosi e correnti di pensiero contrarie, un regime alimentare come quello vegano, che bandisce totalmente i prodotti animali, sebbene sano per alcuni aspetti, rischierebbe di esporre l’organismo a importanti carenze di macronutrienti essenziali, tra cui proteine, Vitamine B12 e D, calcio e zinco. Per evitare pericolosi deficit sarebbe, dunque, indispensabile includere nella dieta alimenti che sostituiscano quelli mancanti (il calcio, per esempio, generalmente introdotto con il consumo di latte e latticini, può essere assunto mangiando semi e burro di sesamo, oppure alghe essiccate; quanto all’apporto proteico, è necessario puntare sui legumi, da consumare in abbinamento ai cereali – pane, pasta, riso – che sono ricchi di aminoacidi, ma anche soia, tofu e seitan). La carenza di vitamina B12, invece, richiede generalmente l’assunzione di integratori alimentari o cibi fortificati, così come per gli acidi grassi, in particolare gli Omega 3, normalmente assunti mangiando pesce.
Il rischio, dunque, che questa dieta possa sottrarre nutrienti essenziali all’organismo è tutt’altro che remoto. Ciò spiega perché le opinioni degli esperti in materia siano discordanti: alcuni studi statunitensi hanno evidenziato che il salutismo indotto dalla cucina vegana, unito alla drastica riduzione di alimenti industriali e grassi animali, riduca notevolmente il rischio cardiovascolare e quello di neoplasie del colon-retto.
Ma sono molti i nutrizionisti che pongono l’accento sui possibili pericoli dell’alimentazione vegana, e suggerendo la necessità dell’integrazione farmacologica quando si escludano dalla dieta tutti i derivati animali. Per questa ragione, la cucina vegana viene da diverse parti sconsigliata in alcuni periodi delicati della vita, tra cui l’infanzia, l’adolescenza, la gravidanza, l’allattamento e la terza età. Insomma, se è vero che il rischio cardiovascolare si riduce, può aumentare significativamente la probabilità di incorrere in altre complicanze, tra cui osteoporosi, anemia, ipotiroidismo, neuropatie e spina bifida nel feto.
(fonti: Rüdiger D, Peace food. I benefici fisici e spirituali dell’alimentazione vegana, Edizioni Mediterranee; http://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/dieta-vegana.html; ^ Eurispes, Il Rapporto Italia 2013, “Il 6% degli italiani ha fatto la scelta di diventare vegetariano (4,9%) o vegano (1,1%)”; Melanie Joy, Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche, Edizioni Sonda, 2012; http://www.benessere.com/dietetica/arg00/dieta_vegana.htm)
La Dieta del Gruppo Sanguigno
La dieta del gruppo sanguigno (detta anche Emodieta) è un regime alimentare ideato nel 1997 da un naturopata statunitense, il dottor Peter J. D’Adamo che descrive il suo studio nel libro “Eat Right 4 Your Type”, tradotto in più di 40 lingue e venduto per milioni di copie in tutto il mondo (nel nostro Paese il libro di D’Adamo è uscito con il titolo L’alimentazione su misura; in Italia la Emodieta è diventata molto popolare grazie a un medico piacentino, il dottor Piero Mozzi). Il naturopata statunitense sostiene che i vari gruppi sanguigni (0, A, B e AB) si sono formati durante il periodo evolutivo ed in base al proprio gruppo sanguigno, un soggetto dovrebbe evitare di assumere quei cibi che causano fenomeni di agglutinazione; sostiene anche l’esistenza di una predisposizione all’attività fisica determinata dal gruppo sanguigno (per esempio gli individui del gruppo A avrebbero molte fibre rosse). Il gruppo sanguigno di una persona, quindi, sarebbe un fattore di vitale importanza del quale è necessario tenere conto se si desidera impostare un regime alimentare sano ed efficace.
Il primo passo per iniziare a praticare la dieta è, naturalmente, conoscere il proprio gruppo sanguigno.
I quattro gruppi sanguigni vengono definiti come: cacciatore (gruppo 0), agricoltore (gruppo A), nomade (gruppo B) ed enigma (gruppo AB).
Una volta appurato, è necessario capire quali cibi siano più o meno compatibili con il nostro sistema immunitario. Vediamo dunque, brevemente, le caratteristiche di ogni gruppo sanguigno secondo la teoria di D’Adamo.
Gruppo Sanguigno 0 – Sarebbe il gruppo sanguigno più antico, risalente al tempo in cui l’alimentazione dell’uomo era basata soltanto sulla cacciagione, sulla frutta e sulle piante. Il regime alimentare per i soggetti che hanno questo gruppo sanguigno prevede un notevole introito di proteine di origine animale. Devono essere esclusi dalla dieta tutti quei cibi basati invece sulla farina di frumento, escludendo anche i latticini e le leguminose, in quanto le lectine interferiscono con il metabolismo indebolendo l’attività dell’insulina (questa reazione non soltanto causerebbe l’aumento del peso, ma anche, a lungo termine, patologie più gravi, come ad esempio il diabete). Le diete pertanto da seguire per i “cacciatori” sarebbero le cosiddette diete chetogeniche, come la dieta Scarsdale e la Dukan. Chi appartiene a questo gruppo tende a reagire allo stress in modo rapido e istintivo, proprio come i suoi antenati cacciatori che in situazioni di pericolo dovevano agire in fretta. Gli effetti dello stress si concentrano perciò nei muscoli. Il modo migliore per scaricarlo è sottoporsi a un esercizio fisico pesante: aerobica, sollevamento pesi, arti marziali, ecc.
Gruppo Sanguigno A – Il gruppo A si sarebbe formato come risposta al progressivo mutamento del regime alimentare, con l’avvento dell’agricoltura, con cui l’uomo ha modificato parzialmente il proprio modo di alimentarsi introducendo nella sua dieta, per esempio, anche i cereali. Per molti versi, si trovano all’opposto del gruppo 0, in quanto il loro sistema digerente presenta un ambiente interno scarsamente acido che non tollera la chetosi. Non riesce pertanto ad assimilare bene la carne rossa, che viene immagazzinata sotto forma di grasso. Anche i latticini sono poco tollerati e possono rallentare il metabolismo. Le persone di tipo A sono molto sensibili alle situazioni stressanti, soprattutto a livello mentale: l’adrenalina da stress li colpisce principalmente al sistema nervoso. Questo fenomeno è per loro causa di ansia e irritabilità. Il modo migliore per contrastarlo è intraprendere un’attività fisica che favorisca il rilassamento mentale, come Yoga, Tai Chi Chuan, camminata veloce. I soggetti che hanno questo gruppo sanguigno dovrebbero seguire quindi una dieta essenzialmente vegetariana, associando lo svolgimento di attività fisiche meno pesanti rispetto agli appartenenti al gruppo O.
Gruppo Sanguigno B – Il gruppo B, si sarebbe formato in seguito ai notevoli mutamenti climatici e sarebbe comparso circa 10.000 anni fa tra le popolazioni mongoliche e caucasiche dell’Asia centrale; si trattava di popolazioni nomadi che, in quanto tali, si dedicavano soprattutto alla pastorizia. Il loro regime dietetico era basato prevalentemente sul consumo di carni, cereali, latte e prodotti caseari in genere. I soggetti appartenenti a questo gruppo sarebbero caratterizzati, in generale, da un sistema immunitario e da un sistema digestivo molto efficaci; è per questo motivo che il gruppo del nomade è quello, fra i quattro, che permette di seguire la dieta più variata; sono consentiti, infatti, oltre al latte e ai prodotti caseari, anche le carni e la stragrande maggioranza dei prodotti di origine vegetale. Fra i pochi alimenti sconsigliati vi sono i prodotti contenenti importanti quantità di conservanti e i cibi ricchi di zuccheri semplici. Ai soggetti di questo gruppo viene suggerita un’attività fisica leggera con un’importante componente mentale.
Gruppo Sanguigno AB – Il gruppo AB sarebbe il più recente e complesso. Sarebbe comparso pressappoco un migliaio di anni fa, nato dalla mescolanza dei gruppi A e B; i soggetti con questo gruppo sanguigno rappresentano soltanto dal 2 al 5% della popolazione mondiale. I soggetti con questo gruppo sanguigno necessitano di una dieta mista e improntata alla moderazione; l’introduzione dei latticini dovrebbe essere piuttosto limitata. In linea generale, i cibi che risultano dannosi per il gruppo A o per il gruppo B sono considerati dannosi anche per il gruppo AB.
I contrari alla Emodieta:
Nelle teorie legate alla Emodieta, giocano un ruolo fondamentale le lectine, per cui, introducendo nel nostro copro lectine incompatibili con il proprio gruppo sanguigno, queste si agglutinerebbero con le cellule sanguigne rischiando di generare reazioni e sintomi simili a quelle delle intolleranze alimentari. Tuttavia, secondo alcuni pareri contrari, l’esistenza delle agglutinine (che si comportano selettivamente nei contri del gruppo sanguigno) farebbero venir meno i presupposti su cui si fonda la Emodieta. Diversi infatti i medici e gli istituti di ricerca che sostengono che non vi sono evidenze scientifiche a sostegno dell’associazione fra il gruppo sanguigno e le esigenze nutrizionali o gli stili di vita. Inoltre alcuni studi sull’incidenza demografica delle malattie farebbero venir meno la correlazione fra i gruppi sanguigni e specifici rischi patologici. Secondo il dott. Spisni, fisiopatologo del tratto digerente e docente al Master di alimentazione ed educazione alla salute dell’Università di Bologna, “per smentire il collegamento tra lectine e gruppi sanguigni basterebbe dire che la sensibilità al glutine e la celiachia si distribuiscono equamente tra A, B, 0 e AB”. Molto contestata anche la tesi per cui la predisposizione all’attività fisica sarebbe determinata dal gruppo sanguigno, in quanto non vi sarebbe correlazione fra stili di vita sedentari e gruppo sanguigno di appartenenza
(fonti: http://www.albanesi.it/alimentazione/gruppi.htm; http://www.my-personaltrainer.it/dieta/dieta-gruppo-sanguigno.html; http://www.wired.it/scienza/medicina/2013/06/04/; American Journal of Clinical Nutrition).