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In Italia è nata la prima bambina dopo un trapianto di utero
Dall’utero di una persona senza vita, ne è nata una nuova. Si chiama Alessandra ed è venuta alla luce grazie ad un trapianto di utero donato da una donna deceduta due anni fa. È il primo caso in Italia e il sesto nel mondo.
Alessandra è nata all’ospedale Cannizzaro di Catania alla 34esima settimana di gravidanza con parto cesareo e pesa 1,7 kg. I genitori le hanno dato il nome della donna che ha donato l’utero. Il papà Giovanni sente ogni giorno il marito della donatrice, una donna di 37 anni, già mamma e morta improvvisamente per un arresto cardiaco e che aveva espresso in vita il ‘consenso’ al momento del rinnovo della carta d’identità. Aver dato alla piccola il nome della persona che le ha permesso di venire al mondo è “un modo per ricordare Alessandra che vivrà per sempre, per noi e per lui, nella nostra bambina”, ha raccontato Giovanni al Tg1.
La madre Albina, 31enne, era nata priva di utero a causa di una rata patologia congenita, la sindrome di Rokitansky. Grazie al trapianto è potuta diventare mamma.
La nascita è stata possibile seguendo un percorso in due tappe: il trapianto e la fecondazione assistita.
Il trapianto era stato effettuato nell’agosto 2020, in piena pandemia, al centro Trapianti dell’Azienda ospedaliero universitaria Policlinico di Catania da un’equipe multidisciplinare composta dai professori Pierfrancesco e Massimiliano Veroux, Paolo Scollo e Giuseppe Scibilia, nell’ambito di un programma sperimentale coordinato dal Centro nazionale trapianti.
“È stato un trapianto estremamente complesso – ha spiegato Pierfrancesco Veroux, professore ordinario di Chirurgia vascolare e trapianti dell’Università di Catania che ha eseguito l’intervento – che ha presentato sin dall’inizio le difficoltà tecniche che ne limitano l’uso estensivo nel mondo. In questo caso l’utero, sin dal ‘declampaggio’ dei vasi, ha mostrato una grande vitalità che ha poi permesso grazie a una perfusione ottimale di ‘vivere’ nella paziente e di portare a termine una gravidanza quanto mai attesa”. “Il Centro trapianti da me diretto – ha sottolineato Veroux – ha seguito in questi due anni con cadenza settimanale la futura mamma per monitorare le condizioni cliniche”.
Successivamente al trapianto la donna è stata seguita dall’equipe del prof. Paolo Scollo al reparto da lui diretto di Ostetricia e ginecologia dell’azienda ospedaliera Cannizzaro, Unità operativa complessa clinicizzata dell’università Kore di Enna. Al Cannizzaro la paziente e il marito hanno poi iniziato il percorso di fecondazione assistita omologa, grazie agli ovociti prelevati e conservati, prima dell’intervento, nella biobanca per la preservazione della fertilità dello stesso ospedale.
“Il tentativo di fecondazione è andato a buon fine e la signora ha condotto una gravidanza regolare fino alla 30esima settimana quando ha contratto il Covid ed è stata pertanto ricoverata nella sezione della Ginecologia del Cannizzaro dedicata alle pazienti positive”. Ha raccontato Paolo Scollo, direttore del reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Cannizzaro di Catania, Unità operativa complessa clinicizzata dell’università Kore di Enna. “L’infezione – ha spiegato Scollo – è stata per un certo tempo asintomatica ma, qualche giorno fa, un episodio di febbre alta e conseguenti contrazioni ci ha indotto a procedere con un taglio cesareo”. Il parto è così avvenuto alla 34esima settimana. “Madre e figlia – ha aggiunto Scollo – sono state quindi trasferite in terapia intensiva: la donna nel reparto adulti, la bambina nell’unità di Terapia intensiva neonatale, dove è sottoposta a terapia antibiotica, di prassi per i prematuri, e ad assistenza respiratoria non invasiva. Entrambe si trovano in condizioni stabili”. “Il successo – ha concluso – è dato dalla riuscita del trapianto, da non rigetto del trapianto e dalla nascita di una bambina che seppur prematura sta bene”.
“La nascita di questa bambina è un risultato straordinario. Questa sperimentazione è ancora agli inizi, soprattutto per quanto riguarda gli interventi a partire da donatrici decedute, che sono solo il 20% dei già pochi trapianti di utero finora realizzati nel mondo”. Le parole di Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt).