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L’Italia ha bisogno di infermieri. La loro richiesta: rispondere a norme europee per regolarizzare SSN
Negli ultimi anni, che corrispondono alla Legislatura appena conclusa, a fronte di un significativo aumento dei bisogni di assistenza, il Servizio sanitario nazionale ha rinunciato a oltre 12 mila infermieri. Cifre alla mano, i professionisti attualmente iscritti all’IPASVI sono circa 440 mila, molti tuttavia sono i non iscritti. Di questi 314.000 (77%) risulterebbero in attività alla Federazione degli Infermieri; 369.706 (91%) fanno formazione continua (ECM), compreso chi lavora all’estero; 22.170 (5%) fanno altre attività correlate alla professione (considerati non attivi), ma non esercitano effettivamente come Infermieri; 16.198 (4%) sono i disoccupati reali, che coincidono quasi sempre con il numero di domande presentate ai Concorsi per Infermieri più importanti come quelli di Bologna, Perugia, Firenze, Milano.
A concentrarsi sul dato più buio, ossia sui 12 mila lasciati fuori dalle aziende sanitarie, è Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale delle Professioni infermieristiche (Fnopi) nella relazione introduttiva al primo Congresso nazionale della Fnopi, che riunisce 3500 infermieri all’Auditorium Parco della Musica di Roma fino al 7 marzo. Stando a questa relazione pubblicata dall’Ansa Salute, il corpo infermieri italiano è composto per tre quarti da donne che hanno un’età media tra i 35 e i 54 anni.
Secondo la relazione di Mangiacavalli, il Sistema sanitario nazionale nel 2018 è indebolito da “carenze che possono mettere in discussione la possibilità di continuare a garantire cure e assistenza adeguate alla popolazione. “Deve finire – dichiara indirizzando il suo monito/appello ai rappresentanti politici – l’atteggiamento secondo cui l’infermiere rappresenta il ‘cuscinetto’ tra i bisogni dei pazienti e le esigenze di un economia che spesso non li vede e non li affronta per quel che sono”. La pensano così buona parte dei giovani infermieri italiani che una volta abbandonati i banchi universitari spesso diventano “migranti del lavoro” trasferendosi dal Sud al Nord o addirittura fuori Italia dove si sentono molto più apprezzati.
È questo il caso di Domenico Ciocia, classe 1987, laureato in Infermieristica all’Università degli studi di Bari nel 2011 e trasferitosi più tardi a Rimini dove lavora da 6 anni presso una clinica privata. “I dati che compongono la relazione del presidente della Federazione nazionale delle Professioni infermieristiche – afferma Ciocia – confermano e sottolineano la situazione di grande criticità che noi infermieri viviamo. Non c’è differenza tra chi lavora in strutture pubbliche e chi presta servizio presso le strutture private”.
Quali sono le problematiche con cui quotidianamente un infermiere deve fare i conti?
Una delle più comuni e che richiede l’attenzione del Ministero della Sanità riguarda il
fabbisogno reale. Noi infermieri siamo pochi e sottopagati (tra i più bassi in tutta Europa). Sovente lavoriamo in situazioni di mancata sicurezza, e per un tempo prolungata nel corso della stessa giornata. Capita, infatti, di dover cominciare un turno dopo aver staccato dal precedente per mancanza di personale.
Personale che potrebbe essere sostituito dalla figura dell’operatore socio sanitario. Non crede?
Questo è un ulteriore dato in ribasso per il Sistema sanitario italiano. Non in tutte le strutture cliniche è infatti presente la figura dell’Oss e nei casi in cui questi ci sono non sono abbastanza e noi infermieri dobbiamo svolgere ulteriori mansioni che non ci competono. La verità è che sempre di più si parla di malasanità e di negligenze. In buona parte dei casi le responsabilità sono attribuite all’infermiere perché non si indaga tutto ciò che c’è dietro quel servizio garantito al paziente in modo poco professionale. Oggi più che mai è necessario cercare una soluzione e lo si deve fare tenendo bene a mente quale è la nostra prima missione: assistere e soddisfare i bisogni del paziente.
Cosa dovrebbe essere centrale in questo tavolo di lavoro?
Se venisse applicata la direttiva europea sui riposi e i turni di lavoro già recepita dall’Italia a gennaio ma non ancora entrata in vigore, le migliaia di infermieri oggi disoccupati potrebbero avere possibilità di assunzione. Queste assunzioni garantirebbero tre ottime soluzioni: rispondere alle norme dell’Unione Europea, anche se ne servirebbero altri 1000 perché l’Europa richiede l’assunzione di ben 17 mila infermieri; migliorare lo sviluppo della medicina territoriale, perché più infermieri significa anche incentivare il lavoro dei medici; infine, garantire al paziente un servizio totale senza mancanze o negligenze.