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Italiani e lavoro, tanti infelici e poco Welfare aziendale
Un italiano su tre è infelice del proprio equilibrio tra vita personale e lavoro.
È questo il dato che emerge dalla ricerca di Viking Italia che ha svolto un sondaggio in diversi paesi europei, tra cui ben 1000 lavoratori italiani, sul tema dell’equilibrio tra casa/lavoro degli italiani. Ben il 60% dei lavoratori italiani ha sofferto di disturbi mentali come stress, ansia e burnout; il 50% non ha abbastanza tempo per sé e il 38% si sente in colpa di non avere abbastanza tempo da dedicare alla propria famiglia e alla più o meno ampia cerchia di amici. Il 50% infine lavora ore di straordinario non pagate, per colpa della pressione ricevuta in azienda a restare oltre le ore concordate.
Obiettivo dell’iniziativa è di analizzare la condizione attuale dell’equilibrio vita privata/lavoro in Italia e quali gli aspetti della vita privata che soffrono di più (famiglia, amici, stress, problemi relazionali). Sempre sulla base dello stesso studio si rileva che il 67% dei millennials lavora regolarmente ore di straordinario non pagate. Le ragioni? Pare sia necessario ai fini di una sana e richiesta gavetta. Sempre loro inoltre vorrebbero poter lavorare da casa molto più dei baby boomers (54% contro 38%). La partita dei sessi poi è vinta dalle donne: ben il 47% nella vita quotidiana soffre di stress dovuto al lavoro, gli uomini invece si sentono in colpa di non dedicare più tempo a famiglia e amici (40%).
Arrivando al discorso Welfare nelle aziende sembrerebbe che in tutta Italia sono poche le aziende che offrono la possibilità di orari flessibili o di lavorare restando a casa. Soltanto un lavoratore su 3 ne può usufruire. Uno dei dati più preoccupanti sottolineati da Viking Italia è la tendenza delle aziende italiane a fare pressione sui lavoratori per farli stare oltre le ore di lavoro. Una delle richieste più gettonate dagli italiani sul posto del lavoro infatti riguarda orari flessibili e possibilità di lavorare in remoto e un terzo considera la company culture di fondamentale importanza. Purtroppo, però 1 italiano su 4 crede che alla propria azienda non importi proprio nulla della Work-Life balance dei suoi impiegati.
Si tratta di una cornice del tutto inedita nel panorama italiano dal momento che solo nel 2018 le pretese degli italiani, brava gente, erano indirizzate più verso le proprie ambizioni e meno nella direzione delle politiche di Welfare previste dalla propria azienda. Stando a dati LinkedIn risalenti a circa 12 mesi fa dunque oltre 4 professionisti italiani su 5 desideravano una nuova carriera, che permettesse loro di guadagnare di più. Uno su due per raggiungere questo obiettivo guardava all’estero e preferibilmente ai settori Tech (30%), Finance (18%), Legal (14%) e Sanità (10%).
Nonostante questo, però, solo il 37% degli intervistati riteneva di possedere le competenze professionali adatte per “fare il grande salto”, con il 54% dei lavoratori che ammetteva di averne solo qualcuna, e di doversi assolutamente preparare in maniera diversa per poter affrontare nuove sfide professionali. Solo il 54% degli italiani, inoltre, pensa che il proprio lavoro esisterà ancora tra 20 anni, mentre il 29% crede che il proprio profilo professionale rimarrà solo in parte simile nelle caratteristiche a quello attuale.
L’unico elemento in comune tra le due ricerche è che di fatto gli italiani sono poco soddisfatti del proprio impiego.
Da una parte una carriera poco soddisfacente per le proprie ambizioni, dall’altra un mondo del lavoro con scarsi input.
Dove sarà la verità?