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Jonathan Galindo, l’ultima challenge pericolosa del web
Gli esperti “occorre parlare quotidianamente con i giovani e dare loro una maggiore consapevolezza dei rischi ”
Ha un nome e un volto apparentemente simpatico perché ricorda il personaggio Pippo della Disney. Non è una persona reale, ma un profilo social che invia richieste di amicizia su Facebook, Instagram o TikTok con scopi tutt’altro che innocenti e di svago. Si tratta di Jonathan Galindo, l’ultima challenge web che coinvolge bambini in una gara a step, molto simile a fenomeni precedenti come Blue Whale, con finali tragici come l’autolesionismo e addirittura il suicidio.
Sembrerebbe infatti che la morte di un bambino di 11 anni a Napoli sia riconducibile alla partecipazione a questo gioco in quanto il piccolo, prima di gettarsi dal decimo piano di un palazzo, ha lasciato ai genitori un biglietto di addio in cui si scusava dicendo loro che doveva andare a prendere l’uomo con il cappuccio. L’episodio ha riacceso i riflettori sui pericoli del web. Stando alle ultime informazioni pare che ad essere coinvolti in questo ennesimo macabro gioco online, anche altri compagni di scuola del bambino, come ha dichiarato una mamma sulle pagine del quotidiano Il Messaggero “Il primo episodio che mi è stato riferito risalirebbe al periodo del lockdown: una ragazzina, 14 anni da compiere, è stata contattata su Instagram”, e poi il secondo più recente “A riferirlo un altro 14enne che ha un fratello minore, coetaneo del bambino che è morto. Il più piccolo gli ha detto di essere stato contattato da Jonathan Galindo”.
Jonathan Galindo, il gioco pericoloso dei social venuto alla ribalta in questi giorni in Italia, non è un fenomeno dell’ultimo anno, ma ha origine in Messico nel 2017, periodo in cui è comparso sui giornali. Dal Messico, all’India, al Vietnam, al Brasile. Pare che proprio dal Brasile sia partita la prima denuncia da parte di una mamma nello stato del Paranà. Secondo il sito debunker Bufale.net “Non esiste nessun Jonathan Galindo, ma esistono persone molto nefaste e nocive pronte a cavalcare la bufala di Jonathan Galindo per seminare panico e terrore. E da cui guardarsi si deve”. E per Guido Orsi, criminologo e psicologo dell’Ordine Psicologi del Lazio “I siti esca giocano sulla componente emozionale dei bambini”.
Bufala o no, Galindo è un fenomeno che ha acceso ancora una volta i riflettori sui pericoli del web, mettendo in discussione i rischi e le cause, prima tra tutte il tempo che i giovani trascorrono in rete. Prevenzione e informazione sono le azioni principali da intraprendere per evitare gravi conseguenze dall’uso (abuso) della rete. In questo contesto un ruolo fondamentale è svolto dalle famiglie e dalla scuola che hanno il compito di informare costantemente i ragazzi sui rischi legati al web e non solo dopo un fatto di cronaca. Per Vera Cuzzocrea, psicologa giuridica e psicoterapeuta Consigliera dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, intervenuta sulla pagine di Vanity Fair sul caso di cronaca, “Il web aggrega gli amici, ma può essere anche un contenitore di adescamento. Serve controllo costante e monitoraggio dei genitori e prevenzione a tappeto nelle scuole a partire dalla primaria. Bisogna dare loro una maggiore consapevolezza dei rischi perché non esiste una vulnerabilità intrinseca non per forza una situazione di disagio può portare a un maggior rischio”. “In questo caso, per quello che sappiamo – ha spiegato – non siamo davanti a uno svantaggio sociale o relazionale o emotivo. Possiamo invece parlare di una suscettibilità alla suggestionabilità che per quel range di età è un fattore di rischio. Fino ai 12 anni i ragazzi sono molto suscettibili alla suggestione. Possono essere più facilmente adescati e possono non avere un’alfabetizzazione informatica tale da riconoscere subito un profilo falso. Anche nella rete bisogna cercare rapporti autentici, persone che si conoscono davvero”.
Galindo è solo l’ultimo “non gioco” della rete, che va ad aggiungersi ad altri fenomeni pericolosi che si celano dietro immagini innocenti e amichevoli. Ma dietro ogni maschera c’è una persona. Chi è Galindo? Lo ha scoperto lo youtuber Gianmarco Zagato che si è interessato a “smascherare” la versione cattiva di Pippo. Si chiama Samuel Canini, di professione fa il produttore di effetti speciali cinematografici, che nel lontano 2012 ha creato questa maschera per puro divertimento. Un divertimento virale diventato pericoloso. “Sono al corrente di tutto ciò che sta succedendo con questa storia di Jonathan Galindo. Le foto e i video sono miei. Sono stati scattati nel 2012 e nel 2013. È stato uno dei miei primi tentativi di effetti speciali con il make-up. Non dirò bugie: l’ho fatto per prendere in giro le persone. Era per mio gusto personale e non avevo l’intenzione di spaventare qualcuno. Se qualcuno riceve un messaggio per cominciare un gioco del genere, non rispondete. Questo mondo ha già abbastanza problemi e non abbiamo bisogno anche di questo. L’account Jonathan Galindo è stato creato nel 2017. Era un account finto che qualcuno aveva fatto usando le mie immagini. Non so chi sia, ma sicuramente hanno avuto un sacco di notizie online grazie alle mie foto”, ha raccontato il videomaker.
Immagini, notizie, video, dati, un contenuto infinito di informazioni facilmente reperibile in rete con un semplice clic e manipolabile da menti esperte, “geni dei cambiamenti comportamentali”. “Siamo una cavia”, dietro al web, ai social network, c’è un “grande fratello” pronto ad applicare alla tecnologia tutto ciò che si sa della psicologia della persuasione. Questo in sintesi il concetto base di “The Social Dilemma”, il documentario di Neflix con interviste ad ex dipendenti delle più famose aziende della Silicon Valley, che sta facendo discutere (e riflettere?) in questo periodo.