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La chirurgia robotica per il cancro alla prostata. Il nuovo centro multi-specialistico di alta tecnologia della Clinica Paideia
Il cancro della prostata è il tumore maligno più frequente del sesso maschile. Rispetto al tumore del polmone, le cui nuove diagnosi sono 26.000 all’anno, il cancro della prostata ha un’incidenza di 45.000 nuovi casi all’anno. Per tali motivi è considerato una malattia dal forte impatto sociale, gravata da notevoli costi per la collettività, a fronte di ottimi tassi di guarigione.
Stando ai dati, oggi i tassi di guarigione sono infatti molto elevati (circa 85 % a 10 anni), sempre che la malattia venga diagnosticata nelle sue fasi iniziali. La diagnosi del cancro della prostata in stadio precoce è più che triplicata negli ultimi 15 anni, grazie a metodiche che permettono di diagnosticare questo tumore in fase iniziale, quando è ancora possibile attuare una terapia con intento curativo.
Negli anni c’è stata un’evoluzione della chirurgia robotica in urologia ed in particolare, nella terapia del cancro della prostata.
In Italia, la prostatectomia radicale robotica si sta quindi progressivamente diffondendo, in quanto rispetto alla chirurgia tradizionale è molto meno invasiva, molto meno traumatica e più delicata.
Ed è così che alla Clinica Paideia si sta lavorando per un miglioramento rispetto agli standard già raggiunti con la prostatectomia radicale tradizionale e laparoscopica, grazie al neonato centro multi specialistico di alta tecnologia in chirurgia robotica.
In cosa consiste l’intervento chirurgico alla prostata con la tecnologia robotica? Quali sono i vantaggi rispetto ai metodi tradizionali? L’abbiamo chiesto al Prof. Gianluca D’Elia, Direttore Urologia Ospedale San Giovanni di Roma e Direttore Scientifico Fondazione per la Ricerca in Urologia.
“La prostatectomia radicale robotica – ha spiegato il professor D’Elia- è una tecnica chirurgica innovativa ed al tempo stesso standardizzata che presenta, a parità di radicalità oncologica, numerosi potenziali vantaggi per i malati di cancro della prostata. Nella tecnica chirurgica tradizionale si asporta la prostata tramite un’incisione chirurgica. La tecnica robotica consente invece l’accesso al campo operatorio attraverso piccoli fori, come nella laparoscopia classica”.
Rispetto alla classica laparoscopia quali sono i principali vantaggi?
“Innanzitutto i movimenti delle mani del chirurgo, seduto ad una console, vengono pesati, filtrati e tradotti in modo fluido, ‘senza scatti’, in precisi movimenti degli strumenti chirurgici, sostenuti dalle braccia del robot. Inoltre, la visione delle strutture anatomiche è tridimensionale ad alta definizione e permette al chirurgo una vera e propria ‘immersione’ nel campo operatorio. E un chirurgo che vede meglio opera, naturalmente, meglio”.
È quindi oggi lo strumento più avanzato che ha a disposizione il chirurgo per potenziare le sue capacità operative e rendere l’intervento molto più efficace, diretto e preciso?
“Non vi è alcun dubbio che, allo stato attuale, l’intervento robotico per il cancro della prostata rappresenti lo standard di riferimento chirurgico. Negli Stati Uniti, ormai, il 98 % degli interventi chirurgici per la cura del cancro della prostata vengono effettuati in robotica”.
È possibile trattare con questo strumento il tumore alla prostata in stato avanzato?
“La chirurgia robotica permette, al pari della chirurgia tradizionale ‘a cielo aperto’ e della chirurgia laparoscopica di trattare tumori della prostata anche in stadio avanzato, ottenendo gli stessi risultati in termini di radicalità oncologica”.
Sotto l’aspetto funzionale e della qualità di vita, rispetto al metodo tradizionale, quali sono i tempi di recupero per il paziente?
“L’aspetto funzionale nella chirurgia del cancro della prostata si riflette nella conservazione della continenza urinaria e della funzione erettile. Tutte le casistiche internazionali e nazionali – compresa la mia, consistente in 1.250 casi – dimostrano che la chirurgia robotica permette la preservazione della continenza urinaria nella quasi totalità dei casi e la preservazione della funzione erettile quasi nell’ 80 % dei casi. E questo rappresenta un grosso vantaggio rispetto ai risultati ottenuti dalla chirurgia ‘a cielo aperto’ e laparoscopica. Per quanto riguarda i tempi di recupero, nella mia personale casistica il paziente può essere dimesso dalla struttura sanitaria già due giorni dopo l’intervento, con un ritorno alle normali attività sociali e lavorative entro 15 giorni”.
Perché negli anni c’è stata l’evoluzione della chirurgia mini invasiva robotica soprattutto per la neoplasia alla prostata?
“L’intervento chirurgico per cancro della prostata presenta delle peculiarità che lo rendono diverso da tutti gli altri tipi di intervento per tumore. Bisogna potenzialmente ottenere la radicalità oncologica e nel contempo mantenere sessualmente potente e continente il paziente. La prostata è a stretto contatto sia con i fasci nervosi, che assicurano la componente neurogena della funzione erettile, sia con lo sfintere urinario, che assicura un gran parte della continenza urinaria. L’intervento laparoscopico ed ancor di più quello tradizionale ‘a cielo aperto’ spesso non permettevano di trovare il giusto piano di dissezione anatomico per conservare queste strutture. La chirurgia robotica, grazie alla visione tridimensionale ad alta definizione ed alla precisione nei movimenti dei delicati strumenti chirurgici, consente di visualizzare meglio il campo operatorio ed è molto più precisa e delicata sui tessuti, permettendo una miglior conservazione di queste importanti strutture anatomiche. In altri termini è una chirurgia più ‘gentile’”.
Sotto il profilo oncologico la robotica è quindi una chirurgia sicura?
“Proprio grazie alla migliore visibilità, la chirurgia robotica permette di ottenere ottimi risultati in termini di radicalità oncologica”.
Alla Paideia è nato di recente il centro multi specialistico di alta tecnologia in chirurgia robotica.
Quali possono essere i vantaggi della multidisciplinarietà?
“È sottinteso che bisogna cercare di sfruttare al meglio l’opportunità che ci offre la Paideia nel poter utilizzare una tecnologia di alta complessità come il Robot ‘Da Vinci’. Tutti i pazienti – non solo in ambito urologico – possono beneficiare dei notevoli vantaggi ottenuti dalla chirurgia robotica. E questo vale sia per gli interventi di chirurgia generale, sia per gli interventi ginecologici.”
Quanto è importante affidarsi a mani esperte per un intervento di chirurgia robotica?
“Stiamo cercando di standardizzare la formazione in chirurgia robotica con dei simulatori, per garantire anche ai chirurghi che hanno meno esperienza di ottenere risultati oncologici e funzionali ottimali. Ma come in tutti i tipi di chirurgia è l’esperienza che conta. È ovvio che un chirurgo che ha effettuato mille interventi robotici ha più esperienza e più competenza di un chirurgo che ne ha effettuati cento. In ogni caso, la formazione in chirurgia robotica è ben diversa rispetto agli altri tipi di chirurgia. Non basta solo conoscere l’anatomia e la tecnica chirurgica, è necessario anche conoscere il ‘robot’. Se mi permette un paragone, tutti sappiamo più o meno guidare un’automobile ma se vuoi guidare un’auto di Formula 1 devi conoscere a menadito il suo funzionamento”.
Guardando al futuro, è possibile ipotizzare che la chirurgia robotica possa entrare anche in quelle patologie urologiche benigne e malformazioni dell’apparato urologico?
“La chirurgia robotica del cancro della prostata non è l’unica indicazione in urologia. In ambito uro-oncologico operiamo molto di frequente anche tumori del rene e tumori della vescica, che necessitano complesse ricostruzioni delle vie urinarie. Nell’ambito delle patologie urologiche benigne una consolidata indicazione all’intervento chirurgico in robotica è rappresentata dalla malformazione denominata ‘stenosi del giunto pielo-ureterale’, la cui correzione chirurgica in robotica ha risultati funzionali ben superiori rispetto alla chirurgia laparoscopica o tradizionale”.