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“La mia? Una famiglia Asperger. È stata mia figlia a dirmelo”
Il racconto di Francesca Mela, la donna che racconta la sindrome su Facebook
“Ho la sindrome di Asperger e questo vuol dire che qualche volta sono un po’ diversa dalla norma. E, date le circostanze, essere diversa è un super potere”. Lo ha detto Greta Thunberg, l’attivista sedicenne svedese che ha mobilitato il mondo contro la crisi climatica e che vive sin da bambina con la sindrome di Asperger. Sono 300 mila i casi diagnosticati di Asperger e Adhd in Italia, ma il problema riguarda almeno 1,5 milioni di adulti. Tra loro c’è Francesca Mela, 46 anni, mediatore familiare ed esperta in terapia cognitivo affettiva, che su Facebook, dove compare con lo pseudonimo Ty Lancieri, ha dato vita a una comunità di uomini e donne accomunati dalla stessa sindrome che cresce a vista d’occhio. “Non sono affetta da sindrome di Asperger – specifica all’inizio della nostra chiacchierata la dottoressa Mela – io sono Asperger”. Uno status? Una condizione? Uno stile di vita? “Di fatto – spiega – è un modo diverso di esperire la vita e la realtà attraverso un diverso sensoriale e un pensiero divergente dalla norma, ma non è una patologia”.
Quando ha scoperto di essere Asperger?
All’incirca quattro anni fa, dopo che mia figlia, allora dodicenne, che guardava la serie Tv The Big Bang Theory, mi ha detto “mamma, sembri proprio Sheldon, studia la sindrome di Asperger perché secondo me lo sei”. Ho seguito il suo consiglio, ho partecipato a corsi e ho seguito convegni e conferenze. In un secondo momento ho avviato l’iter diagnostico con il dottor Davide Moscone. Subito dopo entrambi i miei figli (oggi 17 e 11 anni) sono stati diagnosticati Asperger. Siamo, quindi, una famiglia di Asperger e loro sono cresciuti in un ambiente naturalmente Aspie-friendly, perché siamo molto simili e quindi non mi ero accorta che sono neurodiversi. A me sembrava normale vivere così.
Come ha spiegato ai suoi figli questa “scoperta”?
Ho subito detto loro che stavamo andando in un centro per iniziare un iter diagnostico, hanno sempre saputo tutto e l’abbiamo sempre gestito insieme. In seguito alle prime diagnosi abbiamo dato avvio a un lavoro in team, che coinvolge anche le psicologhe cognitivo-comportamentali e la scuola.
C’è differenza tra “Asperger bambini” e “Asperger adulti”?
In generale, il primo aspetto ha a che vedere con il livello di funzionamento. Poiché l’Asperger è una diagnosi recente e molti adulti sono diagnosticati dopo i 30 anni, quando si osservano i bambini si trovano mediamente persone più compromesse, ma questa potrebbe essere un’illusione derivante dal fatto che gli adulti con maggiori difficoltà si trovano all’interno dei servizi con altre diagnosi. Un altro aspetto è che molti adulti imparano a compensare crescendo e quindi le caratteristiche risultano meno marcate. La maggioranza degli adulti soffre delle comorbidità più che dell’Asperger in sé, mentre nei bambini l’Asperger, anche da solo, può provocare difficoltà consistenti. Poi ci sono dei fenomeni che si evidenziano crescendo. Ad esempio, buona parte dei bambini Asperger sono ingenui, ma molti adulti diventano sospettosi crescendo, perché dopo aver avuto molte esperienze negative, se non hanno acquisito sufficienti capacità di comprendere il prossimo, avviene un passaggio di stato da “ingenuo” a “sospettoso” finalizzato a proteggersi. Gli aspetti sensoriali tendono a ridursi con la crescita, anche se più spesso negli uomini, mentre nelle donne possono iniziare ad oscillare con le variazioni ormonali.
A livello sociale invece?
Da un lato il mondo degli adulti è meno dinamico, quindi c’è modo di “imparare” alcune competenze e farne tesoro per anni, d’altra parte è anche più complesso. Viceversa, però un adulto spesso non è obbligato a socializzare all’interno di una scuola, ma può scegliere la sua “nicchia ecologica” in cui fiorire, ovviamente se è riuscito a superare infanzia e adolescenza senza aver accumulato troppi traumi.
Gli adulti Asperger possono manifestare anche una difficoltà, più o meno marcata, nel regolare le emozioni, in particolare ansia e rabbia. Si ritrova?
Gli Asperger possono avere un modo diverso di percepire le proprie emozioni, spesso più intenso e possono avere un modo diverso di esprimerle. Circa la metà degli Asperger hanno anche l’alessitimia, ovvero la difficoltà a riconoscere e dare un nome alle proprie emozioni o a quelle altrui. Questa per me è una grande difficoltà perché è come se mi mancasse un alfabeto (le emozioni) e quindi non riuscissi a comunicare con quella lingua, che va appresa. Nominare è dominare. Prima lo si fa con una educazione cognitivo affettiva e meglio è, per questo sono fondamentali le diagnosi precoci. Ma quello che viene visto come crisi di rabbia (il meltdown autistico) ha spesso origine da una difficile regolazione sensoriale oltre che emotiva. Possiamo non riuscire a gestire gli stimoli sensoriali perché il nostro cervello non riesce a processarli e allora possiamo andare in sovraccarico e reagire o con il meltdown che si esplicita in una esplosione, o in uno shutdown, che è come uno spegnimento del sistema, il suo opposto. Personalmente sono più incline agli shutdown e anche i miei figli.
A tal proposito, gestisci un gruppo Facebook “Asperger Adulti Italia” che cresce sempre di più. Quanto è importante creare una rete in questo senso e quanto aiuta la presenza dei social?
Il gruppo ha scaldato i motori per la prima volta due anni fa in 20 e a oggi siamo 781, tutti Asperger adulti diagnosticati o in attesa di diagnosi. Una rete è fondamentale perché ci scambiamo informazioni (con basi scientifiche dimostrate), parliamo di noi e di ciò che viviamo e sentiamo, delle nostre esperienze, delle difficoltà e dei successi. Spesso gli Asperger sviluppano ansia sociale e poterci conoscere sul gruppo per tanti di noi è stato solo il primo passo per poi vederci di persona. Sono nate amicizie, collaborazioni e amori. Ovviamente non siamo tutti uguali, anzi, abbiamo una sintomatologia comune ma fra noi siamo più diversi che non i neurotipici fra loro, che invece tendono ad aver bisogno di uniformarsi. Per questo, nel gruppo è essenziale il rispetto reciproco, esprimersi in modo assertivo, imparare mettersi nei panni degli altri e devo dire che siamo un gruppo molto rispettoso di tutti, parliamo di ogni argomento in modo estremamente schietto e diretto, le discussioni sono interessanti e utili.
L’Asperger è comunicabile su una piattaforma social?
Il problema di rivelare pubblicamente una diagnosi di Asperger è lo stigma sociale che ne può derivare, per ignoranza o anche il non essere creduti. Ancora oggi ci sentiamo dire cose come: “non puoi essere Asperger perché parli, guardi negli occhi, provi emozioni, sei sposata, hai figli, lavori, socializzi”. Sui social va per la maggiore “non puoi essere Asperger perché se tu lo fossi non riusciresti a scrivere al computer”. Ne sentiamo dire talmente tante che, fa un po’ paura dirlo, significa lottare ogni volta contro gli stereotipi e comunque rischiare spesso di non essere creduti.
Con la Sindrome di Asperger si vive o si sopravvive? Una domanda questa che scaturisce dalla testimonianza diretta di alcuni adulti che hanno confessato di “sopravvivere”. È ancora così oggi, rispetto al passato?
Il problema non è la Sindrome di Asperger in sé, ma il mondo neurotipico in cui viviamo. Siamo diversi e già uscire di casa può crearci grossi problemi per via degli stimoli sensoriali. Ogni giorno dobbiamo mettere in atto una socializzazione che abbiamo appreso negli anni ma che non ci viene naturale. È come parlare un’altra lingua, molti di noi si sentono alieni. Ma capita che quando siamo fra noi non abbiamo nessun problema, abbiamo rispetto delle reciproche possibili difficoltà e soprattutto diversità, perché quando hai conosciuto un autistico ne hai conosciuto uno, siamo davvero tutti diversi e quindi comunichiamo moltissimo i nostri bisogni e chiediamo quelli altrui, con profondo rispetto.
Per esempio, ai convegni abbiamo dei badge dove viene specificato “no contatto fisico” ed è normale per noi avere stereotipi pubblicamente, perché ci rilassano e ci rendono felici, poterci isolare un po’ per recuperare energie senza che nessuno si senta offeso. Sono le problematiche che si aggiungono all’Asperger che fanno “sopravvivere”.
Greta Thunberg, l’attivista che si batte contro i cambiamenti climatici, compirà 18 anni il prossimo anno e diventerà anche lei un’adulta con sindrome di Asperger. Cosa significa per lei vedere un’adolescente con la sua stessa Sindrome salire all’onore delle cronache con tutti che ascoltano le sue tesi ambientalistiche?
Intanto è dura far capire che Greta è felice, perché sta seguendo il suo interesse. Per un Asperger è la via per la realizzazione personale. Abbiamo passioni intense, se ci viene permesso di seguirle possiamo raggiungere l’eccellenza e un adolescente può poi farne il lavoro di una vita. Molti credono anche che sia manipolata perché è Asperger e pensano che per questo non sia in grado di intendere e volere. Per me quindi veder parlare di Asperger in positivo tramite Greta è importante, far capire alle persone che siamo in grado di pensare, parlare, viaggiare, lavorare e avere amici è fondamentale. Certo, tutto ha un prezzo. Spesso fra noi ci chiediamo quanto possa essere distrutta Greta dopo un bagno di folla, o dopo uno dei suoi viaggi. Per me uscire dalla mia comfort zone, parlare in pubblico, stare in posti ampi e affollati è devastante e riesco a farlo perché seguo i miei interessi, ma dopo devo stare ore in solitudine, al buio, a recuperare. Per i miei figli è stato ancora più importante. Mia figlia aveva sedici anni quando ha fatto coming out a scuola come Asperger e poco dopo si è iniziato a sentir parlare di Greta: questo lo ha sicuramente aiutata.